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SAN SEVERINO MARCHE TEATRO FERONIA | 2 DICEMBRE

PIERO CESANELLI

RICORDAR CANTANDO

Canzoni e canzonette

di Piero Cesanelli e Carlo Latini


Ricordar cantando canzoni e canzonette, un inconsueto cammino della società italiana attraverso la canzone, è una produzione musicale di Piero Cesanelli, che è anche autore dei testi insieme a Carlo Latini. Attraverso la musica, le parole e le immagini, lo spettacolo vuole veicolare analisi e riflessioni, suscitare emozioni e atmosfere, rivivere storie e vicende di un periodo importante e decisivo per la storia dell’Italia e del mondo. Gli anni ‘50 sono gli anni dei sacrifici e del lavoro tenace per la ricostruzione del paese, tra scontri politico-ideologici e volontà collettiva di riscatto sociale. Gli anni ’60 vedono l’acuirsi del contrasto tra conservatorismo e innovazione, un contrasto reso effervescente dal decollo della società industriale e da una ventata di creatività in svariati campi (il cinema, la letteratura, la musica) fino a produrre la rottura del ‘68. Ma questa è un’altra storia.


CHIARAVALLE TEATRO COMUNALE | 7 DICEMBRE

BEBO STORTI E FABRIZIO CONIGLIO

SUICIDI?

adattamento teatrale da Tre suicidi eccellenti di Mario Almerighi

scritto da Fabrizio Coniglio e Mario Almerighi

diretto da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio


Siamo in piena Tangentopoli e due comuni cittadini italiani, giocando a fare gli ispettori, indagano su tre suicidi avvenuti in quel periodo: Sergio Castellari, direttore generale degli affari economici del Ministero delle Partecipazioni Statali e consulente dell’Eni, Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni, e Raul Gardini, capo indiscusso della Montedison e maggior azionista dell’Eni. Perché le scene dei suicidi sono state alterate? Perché Castellari, Cagliari e Gardini si uccidono proprio il giorno in cui dovrebbero incontrare i magistrati? Hanno tutti e tre un forte legame con L’Eni. È solo una coincidenza? Il sistema uccide chi all’improvviso diventa inaffidabile? Lo spettacolo non dà presuntuosamente la soluzione a questi quesiti, ma insinua nello spettatore attraverso le testimonianze e i documenti tratti dal libro di Mario Almerighi, che li ha raccolti con minuziosa scrupolosità, il dubbio che questi suicidi possano forse essere anche degli omicidi, senza cadere nella retorica, ma usando l’ironia e la forza teatrale della rappresentazione. [Bebo Storti e Fabrizio Coniglio ]


SAN BENEDETTO DEL TRONTO TEATRO CONCORDIA | 7 DICEMBRE

MONTEMARCIANO TEATRO V. ALFIERI | 8 DICEMBRE 2010

ENZO VETRANO, STEFANO RANDISI e MARGHERITA SMEDILE

FANTASMI

L’uomo dal fiore in bocca e Sgombero di Luigi Pirandello

e frammenti da Totò e Vicé di Franco Scaldati

testo e regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi


Per Vetrano e Randisi la realizzazione de I Giganti della Montagna ha rappresentato l’approdo di un viaggio nel mondo pirandelliano cominciato nel ‘99 con la messinscena de Il berretto a sonagli e proseguito con L’uomo, la bestia e la virtù e Pensaci, Giacomino!. Tra questi spettacoli uno studio sull’uomo Pirandello ha generato Per mosse d’anima, una lettura/spettacolo che evidenzia le affinità e analogie tra la biografia del drammaturgo e le vicende narrate in molti suoi testi – novelle o drammi – sovrapponendo le parole scelte da Pirandello per raccontare la sua vita a battute di personaggi da lui creati. Con la riscrittura di Sgombero e de L’uomo dal fiore in bocca gli attori e registi siciliani, affiancati sul palco da Margherita Smedile, raccolgono i fili di questo lungo percorso pirandelliano e li intrecciano – in un gioco di contaminazioni e di sovrapposizioni – a  dialoghi surreali e citazioni fulminee attinte dal repertorio di Totò e Vicé, personaggi fantastico/poetici del teatro di Franco Scaldati, per comporre una riflessione umoristica e struggente sull’attesa, il rifiuto e l’accettazione della fine. Mettendo insieme questi due atti unici si ha la percezione del senso di grande vitalità e disprezzo del comune pensare che si respira in tutta la drammaturgia di Pirandello, della capacità di irridere e far ridere con amarezza dei vizi e dei paradossi della società. Il luogo delle azioni – una stazione ferroviaria in cui sembra si sia fermato il tempo, per un bombardamento o una calamità naturale – diventa la “stanza della tortura” che Giovanni Macchia individua come topos costante nei lavori pirandelliani. E il fiore in bocca diventa malattia di una intera società.


CAMERINO TEATRO F. MARCHETTI | 8 DICEMBRE

SANT’ELPIDIO A MARE TEATRO E. CICCONI | 9 DICEMBRE

LORETO PALACONGRESSI | 10 DICEMBRE

MAIOLATI SPONTINI TEATRO G. SPONTINI | 11 DICEMBRE 2010

AMANDA SANDRELLI E BLAS ROCA REY

COL PIEDE GIUSTO

una commedia scritta e diretta da Angelo Longoni


Una notte di pioggia, un temporale. Una strada provinciale, buia, poco battuta. Un uomo al volante della sua auto. Un altro uomo a piedi che attraversa la strada. Un incidente. Il guidatore dell’auto è terrorizzato e fugge. Non è ubriaco. Non è drogato. Non è delinquente. È una perona per bene… molto per bene.

Un gesto incivile, sempre più frequente nel nostro paese fino a diventare, negli ultimi anni, l’emblema della disumanizzazione dei tempi che viviamo è al centro della narrazione di questo spettacolo. Col piede giusto fa del cinismo il suo campo d’indagine principale con i toni della commedia all’italiana più graffiante, quella che è sempre riuscita a cogliere i vizi e i difetti del nostro paese sottolineandoli con una risata. Col piede giusto racconta la storia di alcuni personaggi che ruotano attorno alla vicenda inizialmente tragica di un incidente stradale causato da una persona insospettabile, da un esponente dell’èlite sociale del paese, un uomo che ha tutto dalla vita. Da un incipit drammatico prende il via una commedia borghese che unisce i toni comici alla riflessione intorno ad una classe dirigente che non si ferma di fronte a nulla pur di salvaguardare se stessa, neanche l’omissione di soccorso. Tutto è calpestabile e allo stesso tempo negoziabile. I sentimenti stessi sono elementi di trattativa. Un’azione imperdonabile per la maggior parte delle persone, per la “razza padrona” si trasforma in un elemento da rimuovere, un fastidioso intralcio sul cammino che porta al raggiungimento dei propri obiettivi. In una serie di capovolgimenti di fronti, di imbrogli e di finzioni, i protagonisti della storia mettono in scena una versione della propria vita che assomiglia in modo impressionante a ciò che ormai siamo abituati a vedere quotidianamente nella nostra società. Tutti, nessuno escluso, allestiranno un gioco cinico di strategie e alleanze che metterà in evidenza il fatto che, alla fine, a vincere in questo sistema sociale, è sempre chi appartiene al gruppo più forte e strutturato, chi ha gli appoggi migliori e chi ha i mezzi per resistere agli urti della vita.


PORTO SAN GIORGIO TEATRO COMUNALE | 8 DICEMBRE

TEATRO DEL CARRETTO

AMLETO

da William Shakespeare

adattamento e regia Maria Grazia Cipriani

scene e costumi Graziano Gregori

suono Hubert Westkemper


Riscrittura di un sanguinoso melò sulla vendetta, della tragedia della vendetta l’Amleto conserva l’apparenza. Sollevato il velo dell’apparenza, quello che viene alla luce è il dramma dell’uomo che, non potendo più ridurre l’universo a semplici formule, lotta per trovare una ragione d’essere. Sembra infatti che Amleto faccia della vendetta solo o soprattutto l’argomento della sua rappresentazione. Ed è illuminante che uno spettacolino di una scalcagnata compagnia di guitti, La trappola per topi, possa permettere di svelare la verità. Il teatro sembra farsi il luogo dove si può liberamente «essere». E Amleto, nella sua nostalgia dell’«essere», par davvero «sia» soltanto quando indossa la maschera della finzione, come l’attore che la recita nel corso del dramma.

Questo Amleto è un fool: che a tratti dispiega un cinismo irrefrenabile, a tratti, con una grazia quasi femminile che porta con sé la nostalgia dell’infanzia, sembra l’incarnazione di un sogno romantico: crudele sempre, nel gioco dei diversi ruoli, e lucidamente fedele al metodo della sua follia. Proveremo a leggere il testo nella prospettiva del protagonista, con le altre figure, fantasmatiche o reali, filtrate dalla sua sensibilità o dalla sua immaginazione; proiettando il dramma come in un sogno… in una riscrittura del dramma  che attraverso spostamenti, tagli, montaggi… caratterizzi una struttura che pur dal taglio quasi cinematografico, metta in evidenza o infranga ogni convenzione teatrale, sempre sovrapponendo moto tragico a moto comico e che lasci l’interpretazione psicanalitica come quella politica visibili in trasparenza, per mettere in luce il dramma dell’uomo oppresso da pensieri sul senso dell’esistenza: solo con i fantasmi, il dubbio, l’essere o non essere… accompagnati dalla suggestione dei versi di Boris Pasternak:


MORROVALLE TEATRO MUNICIPALE | 10 DICEMBRE

LEONARDO MANERA E WALTER MAFFEI

ITALIAN BEAUTY

Viaggio in un paese di mostri

di Leonardo Manera

illusionista Walter Maffei

regia Marco Rampoldi


Un viaggio. L’ultima tappa di un viaggio e il racconto di quel viaggio, seduto al tavolo di un ristorante posto proprio alle spalle di un porto, di un aeroporto, forse di una stazione. Insomma, un luogo (o un non luogo) ideale per partire, forse per sempre, comunque in ritardo. Niente di strano, se non perché la cena arriva al termine di un viaggio non attraverso l’Italia, ma attraverso le meravigliose mostruosità d’Italia. Le portate della cena, poi, descritte magicamente da un cameriere vagamente inquietante, non sono manicaretti preparati in cucina ma personaggi che di quell’Italia mostruosa fanno parte, anzi, ne sono la compiuta espressione: un politico presuntuoso e arrogante, un improvvisato promotore finanziario, un professore corroso dall’ignoranza degli alunni (e propria), un presentatore di quiz cannibale. Così il protagonista si ritrova a raccontare la sua decisione di partire, di abbandonare con grottesca amarezza il noto dell’Italia per l’ignoto di qualcos’altro, spinto anche dalle parole di un ex amore ormai giunto al capolinea. Un amore che finisce e un’Italia che continua sempre uguale, dominata da bipedi con fattezze umane, ma bestiali e tragicamente invidiati. Quindi la partenza definitiva, verso un mondo nuovo che lascia finalmente spazio alle emozioni e non agli stereotipi delle emozioni, allo stupore della vita e non all’imitazione della vita. Senza rimpiangere nulla, nemmeno il posticipo della domenica sera in tv.


URBINO TEATRO SANZIO | 10 DICEMBRE

TOLENTINO CINE TEATRO DON BOSCO | 11 DICEMBRE

ARCA AZZURRA TEATRO

DECAMERONE

Amori e sghignazzi

adattamento drammaturgico e regia di Ugo Chiti

da Decameron di Giovanni Boccaccio


Gli sghignazzi delle beffe, i travestimenti, le doppiezze divertite al limite dell’iconoclastia, gli amori assoluti, i sacrifici estremi, la tragicità solenne degli innamoramenti contrastati o negati diventano materia drammaturgica e gioco squisitamente teatrale. Tutti, uomini e donne, in quella grandiosa commedia umana che è il Decamerone, si muovono passando dal comico al tragico con lussureggiante invettiva. Uomini e donne colti in un perenne movimento che è equilibrio e balletto, rappresentazione reale e metaforica della vita osservata con occhio sarcastico e dolente assieme. Prosegue il viaggio di Ugo Chiti nelle novelle di Giovanni Boccaccio: dopo Decameron-Variazioni, Amori e sghignazzi percorre con maggiore leggerezza le pagine del grande autore, celebrandone i repentini passaggi dal comico al tragico, dal satirico al filosofico. Nella grande commedia umana, tre grandi forze si confrontano, governando le sorti del mondo: Fortuna, Ingegno, Amore. Quattro i protagonisti delle novelle che compongono l’ossatura di questo lavoro: Masetto, che “si fa mutolo e diviene ortolano in un monastero di donne”; Alatiel, oggetto sessuale che rielabora l’esperienza per sopravvivere in un mondo dominato da uomini; Alibech, proiezione onirica di Masetto al femminile; Isabetta, vittima innocente di un ordine sociale spietato che le nega l’amore.


 

MATELICA TEATRO PIERMARINI | 11 DICEMBRE 2010

MARCO PAOLINI

T4

Vite indegne di essere vissute

di e con Marco Paolini

da un’idea di Giovanni De Martis e Mario Paolini


Tra il ’39 e il ’41 nella Germania Nazista, prima di altri, vennero uccise decine di migliaia di tedeschi: erano bambini e persone adulte disabili o malati di mente, vite considerate “indegne di essere vissute”. Aktion T4, il nome più noto per una vicenda poco conosciuta e letteralmente insabbiata per decenni dopo la guerra, è la realizzazione, drammaticamente efficiente, di un progetto di eliminazione del “diverso” e dell’”inutile”.

Progetto segreto e ideato da pochi, ma nei fatti realizzato sotto gli occhi di tutti, con una regia attenta a cogliere il consenso della classe medica e della popolazione, indotta a credere che fosse la cosa giusta.

Nel ’41, anche a seguito delle proteste della popolazione che si interroga sul crescente numero di decessi negli istituti e della Chiesa Cattolica che denuncia lo sterminio, Aktion T4 cessa ufficialmente, ma le uccisioni proseguono fino a dopo la fine della guerra: furono oltre trecentomila le persone che sparirono in questo modo, non solo in Germania e Austria. Gli esiti di questa operazione vedono coinvolti anche Ospedali Psichatrici italiani (Trieste, Venezia, Treviso, Pergine Valsugana TN).

Raccontare cosa accadde serve a comprendere come lo sterminio delle persone disabili e malate di mente non sia semplicemente derubricabile a nefandezza commessa da un regime, bensì il frutto di un processo che ancora oggi imbarazza e coinvolge tutti noi, perché fondato su uno strisciante silenzio. Ciò che lì accadde in modo così estremo iniziò prima, altrove, e continuò poi.

Questa storia per molto tempo non ha trovato spazio, è stata taciuta, considerata minore, come tutto ciò che ha ruotato attorno ad essa, come minori furono le pene inflitte ai responsabili dal processo di Norimberga.


MOGLIANO TEATRO APOLLO | 11 DICEMBRE

CORRADO TEDESCHI, DEBORA CAPRIOGLIO E MARIOLETTA BIDERI

SPIRITO ALLEGRO

di Noel Coward

regia Patrick Rossi Gastaldi


La commedia, messa in scena per la prima volta nel 1941 in piena Seconda Guerra Mondiale, fu duramente criticata per come rappresentava con poco rispetto un argomento serio come la morte. Il pubblico si curò poco di queste critiche e ne decretò il successo. La commedia rimase in scena per ben 1997 repliche.

Nino Marino adattandone il soggetto con grande abilità ha portato la commedia in Italia ai giorni d’oggi pur mantenendo uno stile umoristico molto vicino a Coward.

Il linguaggio è diverso: le provenienze dei personaggi sono italiane, anzi spesso regionali, dando così un carattere mediterraneo con una comicità  riconoscibile. Ma la scansione delle battute, delle pause, dei ritmi aiuta a ricordare il distacco ben noto dell’umorismo inglese.

Per questo mi è venuta l’idea di tenere un piede nel passato. La scena è una casa elegante piena di riferimenti anni ’40 ovviamente moderna e anche i costumi avranno stralci d’epoca. Corrado Tedeschi è lo scrittore e sceneggiatore cinematografico importante ma pieno di dubbi nascosti, Debora Caprioglio è il fantasma della prima moglie frivola e petulante, Antonella Piccolo è la seconda moglie poco convinta dell’amore di suo marito, e la medium cialtrona è affidata a Marioletta Bideri con grande sapore Partenopeo.

Ma gli italiani sanno giocare con la morte? Vedremo! Patrick Rossi Gastaldi


URBINO TEATRO SANZIO | 12 DICEMBRE

IL BAULE VOLANTE

IL SOGNO DI TARTARUGA

una fiaba africana


Tartaruga fece un sogno. Sognò un albero che si trovava in un luogo segreto. Sui rami dell’albero crescevano tutti i frutti della terra: banane, datteri, noci di cocco, meloni, miglio, patate dolci, manioca e tanti altri. Tartaruga raccontò il suo sogno agli altri animali, ma tutti risero. “È solo un sogno”, dicevano. “No”, replicò Tartaruga,” sono sicura che esiste davvero. Andrò da Nonna Koko e lei saprà dirmi dove cresce”. “Aspetta! andrò io, tu sei troppo lenta!”, disse la scimmia. E si mise in viaggio. Ma ai sogni occorre credere fino in fondo perché si avverino. E soprattutto non bisogna avere fretta! Tartaruga tutto questo lo sa molto bene. E Tartaruga aspettò con la sua nota pazienza, così alla fine… Il racconto di questo albero meraviglioso viene dall’Africa, un continente che tutti sogniamo, una terra che immaginiamo piena di colori, di suoni e ritmi, di una natura esuberante e vitale. Ed è così che vogliamo raccontare la storia, con vivacità e tanta musica, come in un sogno. I protagonisti sono gli animali della savana, rappresentati da pupazzi animati a vista. Le musiche sono eseguite dal vivo su ritmi e strumenti africani, con tutta la loro carica di energia, capace di coinvolgere gli spettatori di tutte le età.


PORTO SANT’ELPIDIO TEATRO DELLE API | 13 DICEMBRE

MAURIZIO CROZZA

FENOMENI

testo di Maurizio Crozza, Vittorio Grattarola, Alessandro Robecchi

Andrea Zalone, Francesco Freyrie e Luca Bottura

collaborazione ai testi Federico Taddia


Maurizio Crozza ritorna in teatro con Fenomeni, spettacolo che ha al centro il nostro paese, i suoi protagonisti e le sue vittime. Una fenomenologia contemporanea graffiante e mutevole che segue, giorno per giorno, l’evolversi malinconico delle notizie. Monologhi, musiche, personaggi celebri e non, in un affollarsi di storie che raccontano un’Italia che non vedremo mai in televisione.


Siamo un paese di “fenomeni”. Riusciamo a fare solo le cose difficili… le cose facili ci annoiano…

Per esempio, prendi la Freccia Rossa: 3 ore e mezzo per andare da Milano a Roma. Grazie alle ferrovie italiane, sulla tratta Milano-Roma, il treno adesso vince sull’aereo. Purtroppo, invece, sulla tratta Milano-Voghera, il treno perde ancora sulla bicicletta… Siamo dei fenomeni… in Italia non riusciamo a far funzionare neanche il Catasto, figuratevi il nucleare… Perché in Italia dovremmo avere il nucleare, col rischio di distruggere il pianeta? Abbiamo già i grandi architetti… per esempio Massimiliano Fuffas… “Professor Fuffas, dove sta andando il design?” “Guardi, questa è una sedia si capisce?” “No”. “E se le giro il foglio si capisce?” “No”.

“Ecco questo è il design. Se si capisce è una sedia…” “E se non capisco…” “È design!”

“Ma, esiste un’etica in architettura?” “Che io sappia: no!”

Un paese di fenomeni, un paese dove c’è la Fiat che salva la Crysler! I fratelli Elkan a stelle e strisce: John penserà alle stelle, Lapo alle strisce.


RECANATI TEATRO PERSIANI | 13 E 14 DICEMBRE

ANTONIO ALBANESE

PERSONAGGI

testi di Michele Serra e Antonio Albanese

collaborazione ai testi Piero Guerrera, Enzo Santin, Giampiero Solari


Che cosa hanno in comune i mille volti con i quali Antonio Albanese racconta il presente? L’umanità.

La realtà diventa teatro attraverso Epifanio, L’Ottimista, il Sommelier, Cetto La Qualunque, Alex Drastico e Perego, maschere e insieme prototipi della nostra società, visi conosciuti che si ritrovano nel vicino di casa, nell’amico del cuore, in noi stessi.

Lo spettacolo Personaggi riunisce alcuni tra i volti creati da Antonio Albanese: dall’immigrato che non riesce a inserirsi al Nord all’imprenditore che lavora 16 ore al giorno, dal sommelier serafico nel decantare il vino al candidato politico poco onesto, dal visionario Ottimista “abitante di un mondo perfetto” al tenero Epifanio e i suoi sogni internazionali. Personaggi, appunto, che in questi anni abbiamo imparato a conoscere e ad amare, dove la nevrosi, l’alienazione, il soliloquio nei rapporti umani e lo scardinamento affettivo della famiglia, l’ottimismo insensato e il vuoto ideologico, contribuiscono a tessere la trama scritta da Michele Serra e Antonio Albanese. In scena uomini del Sud e del Nord, uomini alti e bassi, grassi e magri, ricchi e poveri, ottimisti e qualunquisti. Maschere irriverenti e grottesche, specchio di una realtà guardata con occhio attento a carpirne i difetti, le abitudini e i tic. Una galleria di anti-eroi che svelano un mondo fatto di ossessioni, paure, deliri di onnipotenza e scorciatoie, ma dove alla fine anche la poesia trova posto. Un recital che racconta, con corrosiva comicità e ritmo serrato, un mondo popolato da personaggi tipici del nostro tempo, dal pensiero contemporaneo interpretato con dirompente fisicità. Vorrei che dopo un mio spettacolo tutti si sentissero un po’ meno soli, un po’ più allegri, un po’ più forti, vorrei abbracciarli tutti. La risata è un abbraccio, un bisogno che ci sarà sempre. Antonio Albanese


FERMO TEATRO DELL’AQUILA | 17 DICEMBRE

SENIGALLIA TEATRO LA FENICE | 18 DICEMBRE

PUNTA CORSARA. FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL

IL SIGNOR DI POURCEAUGNAC

farsa minore da Molière

regia Emanuele Valenti


Quel che nel testo di Molière ci ha ispirato è il suo sguardo sul personaggio del signor di Pourceaugnac. Direttamente da due canovacci di commedia dell’arte – Pulcinella pazzo per forza e Pulcinella Burlato – Pourceaugnac è un erede della maschera campana di cui assume tutta l’umanità, tutte le funzioni dissacratorie, comiche e poetiche. È ridicolo, goffo antipatico a volte, ma lo diventa anche a causa dello sguardo che gli altri portano su di lui, con la forza prevaricatrice degli interessi personali, dalla ciarlataneria dei medici che lo dichiarano pazzo ai poliziotti corrotti che lo arrestano. Un Pourceaugnac pazzo per forza che si trova incastrato in una farsa, a tratti una messa nera di cui è vittima sacrificale. Viene segnato, quasi fecondato, come ha notato Michelet, con l’arma di un clistere gigantesco che lo satura di tutte le brutture del mondo. Come spesso succede a Pulcinella a causa della sua inadeguatezza, Pourceaugnac diventa il capro espiatorio di una società vorace e falsa, una galleria di personaggi neri che Molière dipinge con ritmo, ironia e crudeltà. Più si mette alla gogna lui, meglio stiamo noi. Antonio Calone


Il signor di Pourceaugnac è una comédie-ballet che si rifà in modo piuttosto fedele ai canovacci della commedia dell’arte. Molière si lasciò ispirare e influenzare dai comici italiani che recitavano a Parigi, in particolar modo dal grande Scaramouche, maschera del napoletano Tiberio Fiorilli. Sin dall’inizio, ci è sembrato che i personaggi potessero naturalmente ritrovarsi in una città come Napoli, a cui già Molière pensava ne Le furberie di Scapino. Da Molière a Napoli, dal furbo Sbrigani che è napoletano a Totò, e alla quotidianità poco eroica dei film della commedia all’italiana. Da qui siamo partiti, sulle tracce di quello sguardo comico che è nella nostra tradizione e che scegliamo per raccontare la realtà che conosciamo. Emanuele Valenti



CORINALDO TEATRO C. GOLDONI | 18 DICEMBRE

TEATRO SOVVERSIVO

INSIDE (MY THEATHRE) _ experiment#1.0

regia Lorenzo Bastianelli

interpreti Compagnia Teatro Sovversivo

coreografie Stefania Luchetti

video maker Stefano Caraceni

sound editor Claudio Zappi


[la compagnia Teatro Sovversivo fa parte della piattaforma “Matilde”. Progetto di Regione Marche e Amat]


Esistono luoghi sconosciuti, oscuri e affascinanti che vivono tra l’ombra del palcoscenico e i labirinti della mente. Il pubblico entrerà nelle intime relazioni uomo-donna/corpo-corpo, si sposterà, salirà scale, si siederà, prenderà posto, osserverà ma senza sapere che visceralmente in questo “imperfetto e meraviglioso meccanismo” esistono altri piccoli territori dove si raccontano storie, fermentano visioni, si avverano incubi. Le luci illuminano solo le cose che nascono sul palco, solo le cose che spesso desideriamo, le luci illuminano solo la cipria più coprente. Inside (My Theatre) svela tutti i luoghi possibili di questo labirinto, tutte le strade di un piccolo mondo parallelo dove le visioni prendono vita per permettere al pubblico di spiarle e di giudicarle fino alla resa: non saperne cogliere appieno il senso. Tutto inizierà a nascere, morire e moltiplicarsi in traumatiche e pure  percezioni rubate da quotidiani automatismi. Usando tutto il teatro accompagneremo il pubblico in questa visione personale. Con Inside (My Theatre) Teatro Sovversivo cerca di dare una risposta ad una presenza scenica che parte da ogni impulso sonoro percepito e si distribuisce nella forma di corpi in azione/relazione/reazione ma che non pone il nostro lavoro al confronto col mondo, perché ciò avviene automaticamente fintantoché esiste anche il pubblico.

“noi forniamo solo una visione dell’inevitabile guerra quotidiana tra amanti o presunti tali dove alcune ossessioni  prenderanno una forma di vita instabile”.


SAN SEVERINO MARCHE TEATRO FERONIA | 18 DICEMBRE

MARIO PERROTTA

IL MISANTROPO

di Molière


È nello scontro tra Alceste (il misantropo) e Oronte (l’uomo di potere) che ravviso una possibile chiave di lettura del testo. E’ lì che esplode il massimo abuso, dando segno di una società talmente malata di potere e di rapporti di interesse, da giustificare, al limite, la misantropia del protagonista, liberandolo dall’etichetta classica di “caso clinico”. Ma non solo Alceste e Oronte: tutti i rapporti tra i personaggi di questa farsa tragica sono schiacciati verso il basso dagli obblighi sociali e da un aleggiante timore della ritorsione (la denuncia, il processo, l’esclusione dalla “corte”), salvo poi deflagrare violentemente nel finale. Alceste diviene così un militante dell’etica, un “resistente” in un mondo talmente lontano dalle sue istanze da condannarlo irrimediabilmente alla sconfitta. Rapporti di potere e col potere: niente di più vicino a noi. Sembra paradossale, ma la società del Re Sole, asfittica e autoreferenziale, riguarda strettamente la nostra società globalizzata. Un’indagine sul potere, sulle sue malattie. Un’indagine sull’amore: amore che diviene impossibile quando assume, anch’esso, la smorfia terribile di un esercizio di potere. Il Misantropo è la prima parte della Trilogia sull’individuo sociale. “Individuo sociale” è una contraddizione in termini: un’utopia, una condizione limite a cui tendere. E’ sufficiente l’incontro/scontro con l’altro per mettere in crisi i confini della nostra individualità – e questo lo sappiamo bene tutti. Ed è questa lacerazione tra le proprie istanze e quelle dell’altro che ci governa continuamente, nel nostro agire quotidiano e nella nostra evoluzione di razza umana. Eppure tutti vorremmo essere animali sociali, tutti vorremmo vedere il trionfo definitivo della giustizia, dell’equità e della solidarietà. Il vero guaio è che ognuno – ogni individuo – ha un concetto tutto suo di giustizia, di equità e di solidarietà. E siamo di nuovo al muro contro muro: individuo contro individuo. La trilogia verterà su tre testi: Il misantropo di Molière, I cavalieri di Aristofane, Bouvard e Pécuchet di Flaubert, tre farse violente – o comiche tragedie – per rispondere ad un interrogativo: siamo per natura individualisti o animali sociali? Mario Perrotta


CAMERINO TEATRO F. MARCHETTI | 20 DICEMBRE

MAURIZIO MICHELI E TULLIO SOLENGHI

ITALIANI SI NASCE E NOI LO NACQUIMO

di Maurizio Micheli e Tullio Solenghi,

collaborazione ai testi di Marco Presta

consulenza artistica di Michele Mirabella

regia Marcello Cotugno


L’Italia sta per festeggiare i 150 anni della sua Unità. Quale migliore occasione per riflettere sugli aspetti del nostro costume e del nostro carattere nazionale che, malgrado il passare dei secoli, non sembrano cambiati e puntualmente si ripropongono. E, dato che l’ironia è di tutte le riflessioni la più acuta ed efficace e il teatro il luogo perfetto per significare la propria identità, qualcuno, Micheli e Solenghi, con la complicità di due amici, di buone riletture e di sfiziose canzoni, ripropongono Italiani si nasce. E postillano “e noi lo nacquimo”, implicito omaggio al genere del varietà teatrale che, stagionato almeno quanto “l’Unità Nazionale”, rimane a tutt’oggi una ispirazione irrestistibile. L’azzardo non è quello della rievocazione nostalgica, bensì del raccontare con l’occhio critico di oggi il carattere degli italiani nel tempo. E così, in una piazza italiana, ai piedi dei due monumenti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II°, una compagnia teatrale comincia a raccontare una storia d’Italia che si dipana a partire da Adamo, con la creazione, per poi passare ad alcuni protagonisti altolocati della storia ma anche alle più umili comparse. Scopriremo così che tutti sono accomunati dello stesso irresistibile denominatore comune: l’Italianità. Esiste ancora? E come si manifesta oggi? Forse lo si può meglio scoprire e raccontare scandagliando la storia patria proprio con il teatro. E di quel teatro speciale, così tipicamente italiano, che è il varietà di sangue nobile con musiche, lepidezze, umorismo, prose, versi e canzoni. I due protagonisti, coadiuvati da una compagnia di altri sei attori, si caleranno nel funambolismo dei personaggi, per ripercorrere attraverso caratterizzazioni, trucchi, dialetti e travestimenti, le mille identitià necessarie a raccontare i loro ITALIANI. Del resto loro, Italiani lo “nacquettero”…


FABRIANO TEATRO GENTILE | 21 E 22 DICEMBRE

MANUEL FRATTINI

ALADIN

il musical

di Stefano D’Orazio

con Manuel Frattini

musiche dei Pooh

Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian

con la partecipazione straordinaria di Roberto Ciufoli


Sulle ali di un vero tappeto volante lasciatevi trasportare nella favola di Aladin. Il musical, nel mondo di Stefano D’Orazio e dei Pooh. Lo “scugnizzo” coraggioso e scapestrato Aladin è Manuel Frattini che ritorna in questa nuova avventura al fianco di Roberto Ciufoli nel ruolo del magico e mirabolante Genio della Lampada.

Entreremo nell’incanto delle notti arabe, percorreremo le strade della fatata Baghdad e ci immergeremo nei tesori della Caverna delle Meraviglie per poter esprimere ogni giorno tre nuovi desideri che faranno sì che l’amore trionfi e che le avventure dei nostri eroi finiscano volando verso nuove storie e nuovi incontri.

Una bella favola per grandi e piccini all’insegna dell’evasione e del divertimento intelligente perché noi produciamo quella cultura chiamata teatro, mettiamo un tetto sopra la realtà quotidiana, cercando di creare quella magia propria dell’oscurità in cui ogni spettatore possa, con il nostro aiuto, costruire una nuova relazione con essa.

Simone Martini


FERMO TEATRO DELL’AQUILA | 21 E 22 DICEMBRE 2010

ISABELLA FERRARI E ENNIO FANTASTICHINI

IL CATALOGO

di Jean Claude Carrière

regia Valerio Binasco


Il Catalogo è una commedia delicata e divertente. Il suo titolo (almeno in Italiano) si ispira al Don Giovanni di Mozart, e la ragione è tematica e musicale insieme: il dialogo scorre leggero e brioso come le ‘note bambine’ delle partiture settecentesche e il personaggio maschile si ispira – o almeno vorrebbe – al celebre seduttore. Questa commedia gioca con l’impossibile e con l’assurdo, e l’autore sembra divertirsi molto a mandare a gambe all’aria le nostre pretese di vivere in una realtà ‘normale’. Il tema narrativo è di quelli molto cari al teatro e al romanzo tardo novecentesco: l’impossibile incontro e il dialogo tra un solo uomo e una sola donna (potremmo anche, forse, posporre l’aggettivo e sono sicuro che non sbaglieremmo). Tanto più fatale, quanto più imprevedibile. Per salvarsi dall’impossibile amore, i personaggi si aggrappano in modo quasi ossessivo alla verosimiglianza dei dialoghi e delle situazioni, ma solo per approdare a un’atmosfera di intimità senza scampo, e tuttavia leggera e primordiale, dove la realtà si rivela per quella che è: una specie di prigione dell’anima. Da quel momento in poi sembra un sogno, Il Catalogo. Sembra uno di quei film meravigliosi di certa Nouvelle Vague, che si accanivano a scoprire l’assurdo delle storie d’amore, e di quell’assurdo finivano per innamorarsi e farci innamorare. C’è un mondo segreto, meraviglioso e senza colpe, dentro di noi, e solo l’amore e il coraggio che l’amore sa donare possono liberarlo. Sembra solo un gioco crudele, ma è un gioco divino. Perché l’amore è un Dio. Un Dio che si nutre delle nostre storie, dei nostri giochi, delle nostre fughe inutili, e ci da in cambio l’unica vera bellezza della vita. Il terribile dio-bambino dell’amore si è certo molto divertito leggendo Il Catalogo. Valerio Binasco


OSIMO TEATRO LA NUOVA FENICE | 21 DICEMBRE

GIAMPIERO INGRASSIA, CESARE BOCCI E GIOVANNI VETTORAZZO

TESTIMONI

scritto e diretto da Angelo Longoni


Due amici, testimoni casuali di un omicidio consumatosi all’interno della malavita organizzata, decidono di riconoscere e denunciare gli assassini e di testimoniare al processo contro di loro. I due protagonisti, in continuo pericolo di vita, vivono nascosti in un luogo segreto, isolati e sotto la protezione fornita dallo Stato in attesa di deporre. Il futuro che li attende é sconcertante: dopo aver compiuto il loro “dovere”, saranno costretti a sparire, cambiare città, nome, lavoro e identità, nonché abbandonare i loro affetti e distaccarsi dalle loro famiglie per preservarsi da eventuali ritorsioni o vendette e non mettere a repentaglio anche altre vite. In questa situazione da reclusi i due protagonisti si pongono una serie di interrogativi inquietanti e, allo stesso tempo, comici e paradossali, dal momento che la realtà muta di continuo: chi era veramente la persona che hanno visto uccidere? Un innocente? Sono attendibili le notizie che diffondono i giornali? I due amici devono fare i conti anche con il loro passato che sta per essere spazzato via in nome di una giustizia che appare loro sempre più manipolata e distorta.

Testimoni é una commedia paradossale che nel finale scivola in una irrealtà da incubo molto vicina però alla confusione e all’inquietudine con la quale viene percepita quotidianamente da tutti la giustizia reale.


SAN BENEDETTO DEL TRONTO TEATRO CONCORDIA | 23 DICEMBRE

CATERINA MURINO, PAOLO CALABRESI E MAX MALATESTA

DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI

liberamente tratto dal romanzo di Jorge Amado

adattamento teatrale e regia Emanuela Giordano


Dona Flor è una dolce e pudica creatura sposata im prime nozze con un adorabile mascalzone, giocatore e sciupafemmine. Alla cui morte si risposa con un affettuoso, devoto e morigerato farmacista. Ma presto  scopre che il suo appetito d’amore non si può saziare con un solo marito. Ce ne vogliono due e per un idillio perfetto occorre mettere insieme il meglio di entrambi: onestà e premure da una parte, fantasia ed erotismo dall’altra.

Lo spiritello vivace del primo amore si intrufola nel letto del secondo legittimo marito regalando a Dona Flor l’illusione di una pienezza altrimenti irraggiungibile. E la sua sprovveduta predisposizione all’amore senza calcolo le fa accettare uno spregiudicato e imprevedibile ménage à trois.

Il capolavoro di Amado è un affresco corale: tanti sono i personaggi che si affollano per i vicoli poveri del Pelorinho, quartiere popolare di Bahia dove la vita si consuma tra la gente.

Questa trasposizione teatrale affida a Dona Rosilda, madre di Dona Flor il ruolo della regina della notte, provocatrice sfacciata e comica, archetipo della scalatrice sociale, e alle tre amiche di Dona Flor  il compito di coro “narrante”.




10 Novembre 2010 alle 20:19 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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