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Samuele Bersani “Manifesto abusivo”

di | in: Primo Piano, Recensioni


Etichetta: RCA
Brani: Un periodo pieno di sorprese / Pesce d’aprile / Lato proibito / A Bologna / Anche Robinson Crusoe / Ferragosto / Manifesto abusivo / Valzer nello spazio / Ragno / Fuori dal tuo riparo / 16:9


Rispettando l’intervallo ormai standardizzato dei tre anni che Bersani lascia passare tra un album e l’altro da “Freak” in poi, ecco il nuovo “Manifesto abusivo”, un lavoro che è un monumento all’intelligenza, un sillabario del paroliere nuovo, pura testimonianza del cantautorato che cambia davvero, dopo Bersani. Perché di codesta generazione di cantautori più (Silvestri, Fabi) o meno (Britti, Zampaglione) illuminati, e più che altro romani, Samuele da Cattolica ha rappresentato sin da subito un’eccezione e, dopo due album politici (“Caramella Smog” del 2003 e “L’aldiquà” del 2006), torna alla melodia e alla – sua, tutta sua – via introspettiva alla canzone. Fosse anche solo per questo, ci sarebbe da esultare, se non si può negare che quando Bersani si introspettisce tiri fuori dal cilindro canzoni d’amore superlative. E il nuovo album ne regala almeno tre da affiancare a Giudizi universali, a Replay e a Il pescatore di asterischi. Intanto l’open-track Un periodo pieno di sorprese, che suona come una porta che si chiude o una macchina che si allontana, come un vaso che si rompe o come bracciate nell’acqua che portano via il rancore («ho cambiato la scheda al telefono/ho lavato nel lago lo spirito/e nel farlo il tuo corpo ha finito per essermi estraneo»). Bersani canta la fine dell’amore privata della componente rancorosa, una fine piena di immagini, di calore e di metrica sopraffina («alla parte non mi presto/del povero cristo/…/alla parte non mi presto/di chi è crocifisso»). Un po’ quello che fa in Valzer nello spazio e Fuori dal tuo riparo, le altre due canzoni più smaccatamente amorose del lotto.
Una quarta canzone d’amore potrebbe essere considerata A Bologna, e qui sta forse il capolavoro dell’album, ritratto amaro («sembra Varsavia a due ore dal colpo di stato/…/sembra Marsiglia, soltanto che qui non c’è il porto») ma pieno di affetto («Bologna adesso voltati/mi fai commuovere») della nuova Bologna: semplicemente nessun cantautore saprebbe oggi raccontare meglio di così la propria città d’adozione.
Ma non di solo amore canta Bersani in “Manifesto abusivo”, usa anzi il piglio introspettivo per diverse esperienze di osservazione su un’attualità mai priva di contraddizioni. Così ritrae il naufragio dell’uomo contemporaneo in Anche Robinson Crusoe, una giovane donna che si mette a riparare unghie per campare in 16:9, o le assurdità alle quali si finirà per assistere se il mondo continua a tenere questo folle passo in Pesce d’aprileoggi un albergo ad Alcatraz/domani un ostello a Guantanamo/…/oggi in campeggio a Neanderthal/domani le terme a Chernobyl»).  
E poi sale «sul pulmino dei miei vecchi ricordi» e racconta un’estate di fantasia in Ferragosto, scritta a quattro mani con Sergio Cammariere, e un’infanzia in cui di colpo fanno capolino i turbamenti della pubertà («in gran segreto tenevo un porno sopra all’armadio/perché in fondo cominciavo ad avere un lato proibito») in Lato proibito, in cui il surrealismo di tante liriche bersaniane lascia spazio ad un realismo così ben cesellato che sembra quasi di vederli il sangue sul ginocchio e la voce adulta che gli fa eco («bicicletta sull’erba/una ciabatta l’ho persa/per tirare a un pallone che veniva giù/mercurocromo sopra un ginocchio/e una voce che dice “occhio che cola/e se cola non se ne andrà via”»).
“Manifesto abusivo” è un grande ritorno, tanto atteso e più bello delle attese, e la dichiarazione firmata in cui Bersani conferma di essere una splendida eccezione. E sfido chiunque ascolti il disco a non riconoscere il nostro come miglior cantautore della sua generazione.





14 Ottobre 2009 alle 21:19 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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