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Forza Slovacchia

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Due parole che non ci saremmo mai sognati di pronunciare, ma che altro aggiungere dopo la disfatta di ieri? L’Italia di quest’anno non meritava niente, e anche l’amarezza (e la voglia di rivalsa) che ci porteremo dietro per quattro anni non potrà smentire la realtà dei fatti.


Erano esattamente 36 anni che non succedeva: l’Italia eliminata al primo turno, ultima del suo girone (e che girone…). Ringhio definisce i giocatori azzurri “i cavalieri della vergogna”, Buffon dice che ce la siamo meritata, Lippi fugge negli spogliatoi e in seguito ammette «è stata colpa mia, mi assumo tutte le responsabilità». E’ stata una disfatta, c’è poco da aggiungere. Ed era stato anche ampiamente preannunciato.

I grandi giocatori mancavano all’appello, causa infortuni, mentre gli elementi ribelli di cui l’Italia dispone non sono stati nemmeno convocati. L’Italia si è vista gli ultimi quindici minuti della terza, ed ultima partita, con un Quagliarella reattivo, creativo, propositivo, entrato, purtroppo, troppo tardi per risollevare le sorti del gioco. Non meritavamo di passare, questa è la verità.

Gli azzurri hanno avuto la fortuna di capitare nel girone più semplice, in cui l’unica squadra che poteva darci problemi era il Paraguay, soprattutto per la loro velocità e agilità. Invece, si è rivelata l’unica squadra che ci ha permesso di fare più azioni, di fare un bel gioco, di essere tatticamente equilibrati. E poi è stata la volta della Nuova Zelanda, bellamente derisa da noi italiani convinti che una Nazione famosa per gli All Blacks non potesse affatto competere con i Campioni del Mondo di calcio. E anche qui ci sbagliavamo. Infine, l’irrimediabile, la disfatta, la Waterloo azzurra. Nemmeno il più pessimista, antipatriottico e miscredente avrebbe mai pensato che la Slovacchia potesse batterci con 3 gol. Stiamo parlando di una squadra che non si era mai qualificata ad una finale di grande competizione calcistica, né europea, né mondiale, e ieri, per la prima volta nella storia, è successo il miracolo.

Ora “non ci resta che piangere”, perché c’è poco da dire, poco da contestare, poco da cambiare. C’è solo da ripartire da zero, da ricostruire una squadra e un morale ai minimi livelli storici. L’arduo compito spetterà a Prandelli, che già dal primo luglio sarà in panchina.

L’unica gioia della sconfitta italiana rimane la soddisfazione di poter smentire le dichiarazioni di Umberto Bossi, infime, ignoranti e inutili.




25 Giugno 2010 alle 13:31 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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