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Cronache di un Erasmus al freddo

di | in: Primo Piano

Louvain-la-Neuve, 2010-09-26 – Ormai essere uno studente Erasmus non evoca più l’immagine di una ragazza o di un ragazzo che pioneristicamente si appresta a trascorrere un periodo di studio all’estero. È collegata il più delle volte se non sempre a un animale da festa, impegnato tra parties e viaggi. A prescindere dalle generalizzazioni, questo folto gruppo di guys and girlies, garcons et filles, ragazzi e ragazze, si mescola nell’Europa di oggi e al di fuori di essa, portando con se cultura, usanze, costumi e voglia di conoscere. Uscire dalle proprie realtà per affrontarne di nuove non è mai facile. Molte volte dipende dallo spirito con cui lo si fa o dalle aspettative createsi o dalle circostanze più contingenti.

Una volta uscito il bando nel proprio ateneo, bisogna fare la domanda mettendo al meta preferita. Dopo la graduatoria, ci sarà l’assegnazione della borsa con la conseguente attribuzione della meta, che si tratti della prescelta o di quelle rimaste, il tutto dipende dalla propria posizione tra tutti gli aspiranti Erasmus.La scelta del paese e della città è ampia, com’è ampia la gamma dei criteri per decidere. A nord come a sud, in ogni università ci sono personale e associazioni che organizzano eventi e forniscono aiuto agli studenti Erasmus. Alcuni atenei dispongono anche di alloggi, risparmiando la fatica della ricerca dello stesso, a volte impresa difficile che sconfina dell’arduo. La sottoscritta prima di scegliere,dopo ricerche internautiche ha optato per una cittadina belga, Louvain-la-Neuve, da non confondere con la fiamminga Leuven. Cinque mesi di borsa, tre esami da farsi riconoscere nella propria università, La Sapienza, e 30 kg di bagagli al seguito. La partenza è prevista nella seconda metà settembre.

Dopo un’ora e mezza di volo circa si arriva sotto un cielo plumbeo, quasi mai tendente al blu, che fa rimpiangere amaramente i 27° lasciati all’aeroporto di Ancona. Dopo un bus, e due treni, finalmente giungo a destinazione. La mia fortuna è nella stanza riservatami dall’università le cui chiavi mi sono subito consegnate. Già negli uffici per sbrigare le faccende burocratiche, durante le file chilometriche, si respira un’aria piena di curiosità, di internazionalità, dove si riesce a comunicare con una parola in Francese, una in Inglese e la restante in Spagnolo, Italiano, Tedesco. Pochi hanno già dimestichezza con il Francese, ma ci si comprende lo stesso. Si è tutti nella stessa barca, tecnicamente soli ma con un’indescrivibile voglia di socializzare per non rimanerlo. Le istituzioni universitarie sono impeccabili nel dare informazioni e l’aiuto necessario per espletare tutte le procedure del caso. Già ci hanno comunicato i vari incontri programmati per accoglierci calorosamente.

Detto ciò, le premesse per i prossimi cinque mesi non sembrano male. Ancora non so se rientrerò nello stereotipo classico dell’Erasmus student ma se nella sua descrizione oltre alla voglia di divertirsi si aggiunge la voglia di crescere, confrontarsi e arricchire il proprio bagaglio culturale e umano, già ci sono vicina! (continua)




18 Settembre 2010 alle 23:03 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |
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