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25 aprile “Per un futuro di maggiore coesione, viva l’Italia, viva la Resistenza!”

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25 aprile: il discorso del Sindaco Giovanni Gaspari


SAN BENEDETTO DEL TRONTO, 2011-04-25 – Il discorso integrale pronunciato dal sindaco Gaspari durante la cerimonia per la festa della Liberazione, nella sala consiliare del Comune.

Buongiorno e benvenuti alla festa della Liberazione organizzata dal Comune di San Benedetto del Tronto. Rivolgo a tutte le autorità e alle scolaresche un particolare ringraziamento per essere intervenute. La presenza di ognuno di noi rafforza infatti, anche in maniera visiva, il sentimento della coesione della nostra comunità, intorno alle date simbolo della nostra storia. Quella del 25 aprile è certamente una delle ricorrenze più profondamente radicate e sentite in Italia, per la memoria custodita in tutte le famiglie, di episodi legati alla Resistenza, e per il valore dell’orgoglio nazionale da essa ripristinato, dopo anni di violenze e crimini, commessi dentro e fuori i confini nazionali.


La Resistenza è stata il riscatto reale e concreto dall’oppressione del fascismo e del nazismo. È stata la volontà di libertà di un popolo, che si è battuto per riconquistarla. Alcuni decenni prima avevamo avuto le lotte risorgimentali, di cui giustamente festeggiamo quest’anno i 150 anni. Un’unità giovane oggi e giovanissima allora, quando fu minacciata da una dittatura e da una guerra che ne è stata la diretta conseguenza.


Per quanti di noi non l’hanno vissuta, la Resistenza è anche il simbolo di questo riscatto, e dei valori democratici conquistati dopo il fascismo. Soprattutto, essa è un patrimonio comune, un vanto dell’intera nazione, che nessuno dovrebbe sentire distante da sé. Se ne abbiamo avuto grandi testimonianze da libri ormai classici come quello di Giorgio Bocca, egli stesso partigiano, o attraverso figure universalmente stimate come quelle dei presidenti Pertini e Ciampi, a loro volta impegnati nella lotta di Liberazione, oggi abbiamo di fronte il compito di non smarrire un sentimento come quello della giustizia sociale, ma soprattutto l’uso della ragione, per evitare di reagire in maniera scomposta di fronte alle sfide dell’attualità.


Con la lotta di Liberazione il popolo italiano ha pagato un tributo di sangue alla costruzione di uno stato moderno e democratico. L’Italia ebbe la forza di ripartire e di ricostruire dalla macerie, arrivando poi ad uno sviluppo economico memorabile. L’emigrazione italiana verso altri paesi si interruppe in quegli anni, mentre proseguirono gli spostamenti all’interno del territorio nazionale, dal sud al nord. E anche oggi siamo di fronte al problema dei flussi migratori, da altri paesi e altri continenti verso di noi, come nazione e come Unione Europea.

 

Il nostro stesso linguaggio ci suggerisce l’espressione “sentimento di accoglienza”, un atteggiamento tipico degli italiani (speriamo ancora oggi, non soltanto in passato), senza dover necessariamente ricorrere al sentimento “cristiano” dell’accoglienza, sul quale molti potrebbero riflettere, anche in politica, dal momento che dicono di praticare tale fede. Ma su questo tema ci sarebbe forse utile un supplemento di razionalità, per muovere i giusti passi sia all’interno del nostro paese, sia nell’ambito della stessa Unione Europea. Non dovremmo farci guidare da una incontrollata emotività. Dovrebbe invece guidarci un principio: che la solidarietà e l’accoglienza sono questioni di sopravvivenza per popoli non solo “svantaggiati”, ma in preda a guerre e miseria, in contesti che noi spesso non immaginiamo neppure. Non possiamo accettare un mondo nel quale le azioni non siano guidate da alcun principio, se non l’arroccamento e la difesa del piccolo benessere che ci è toccato in sorte. In un mondo in cui nessuno tende la mano in aiuto agli altri, prima o poi saranno costoro a prendersi ciò di cui hanno disperato bisogno. A “liberarsi”, appunto, dalla necessità e dall’indigenza.


Naturalmente non è questa l’occasione per fare un discorso di politica estera. È invece l’occasione giusta per chiedere sempre di nuovo uno spirito di coesione nazionale di cui troppo spesso si trascura l’importanza. Ho ricordato poco fa alcune figure straordinarie della Resistenza. Il prossimo anno ricorrono i vent’anni dalla morte dei giudici Falcone e Borsellino. In un paese come il nostro, con la storia che conosciamo o dovremmo conoscere, persone con incarichi di governo non possono venire a San Benedetto a parlare di stile mafioso, credendo con questo di rendere un servizio alla propria parte politica, peraltro sdoppiata in due diverse correnti. È anche questo il motivo per il quale chiedo maggiore spirito di coesione nazionale. I valori sono importanti, perché danno luogo all’ordinato vivere civile. Essi sono spesso fondati sulla storia, ovvero sul sacrificio di chi ha lottato per affermarli contro la tirannia e l’oppressione.

Falcone e Borsellino hanno pagato con la vita l’efficacia del loro lavoro, la lotta contro il crimine organizzato, forse la causa più importante che ancora oggi l’Italia si trovi di fronte. Quando si usano certe espressioni si dovrebbe sapere in quale contesto esse cadono. Non si può fingere di vivere in una nazione senza passato e senza presente, se non si vogliono rivivere le stesse drammatiche circostanze.


Anche di questo ci parla la Resistenza, che è stata lotta per l’affermazione della democrazia contro la violenza del totalitarismo. L’odierna manifestazione è centrata soprattutto sull’esperienza formativa fatta dai ragazzi delle nostre scuole superiori, che pochi giorni fa sono stati in visita nella città gemellata di Steyr, in Austria, e nel vicino campo di concentramento di Mauthausen. Si tratta di un’iniziativa che stiamo organizzando da alcuni anni, per rafforzare l’idea che dietro alle parole ci sono fatti ben precisi, di cui restano tracce chiare e nette. La storia non è un fiume di parole. Spesso è un luogo geografico, lontano o vicino che sia. Tra Marche e Abruzzo operarono per la Liberazione importanti brigate partigiane, guidate da valorosi personaggi come Spartaco Perini ad Ascoli o Armando Ammazalorso a Teramo, per non dire dei partigiani che lottarono sul territorio sambenedettese o nei dintorni, dai Carabinieri Dalla Chiesa, Nardone, Ceci e Fileni, a Giovanni Nebbia, Francesco Fiscaletti, i fratelli Gabrielli, Mario Mazzocchi, i due Spinozzi, ed altri ancora. Memorie meritoriamente conservate da un’associazione benemerita come l’ANPI, alla quale voglio rivolgere un plauso particolare e riconoscente.


Questa è la storia del nostro paese e della nostra città, non evocata da una parte politica, ma ricordata a livello nazionale nell’interesse dello spirito civico, quell’araba fenice che in Italia è piuttosto come una vela, mai davvero dispiegata al vento.


Oggi ascoltiamo dai nostri ragazzi come è stato il loro viaggio, e quali impressioni ne abbiano ricavato. Sempre più spesso, da molte città italiane, si organizzano iniziative simili, come abbiamo ricordato anche lo scorso 27 gennaio, nel “Giorno della Memoria”. Dopo aver visto certi luoghi e respirato l’atmosfera che ancora ne emana, ognuno di noi saprà dare il giusto peso alle parole lette o ascoltate, a proposito di storia. Non c’è alcuna divisione da perseguire. Proprio al contrario, l’obiettivo è l’unità di vedute, almeno sui fatti, prima ancora di ogni discussione su come risolvere i problemi che abbiamo.


Per un futuro di maggiore coesione, viva l’Italia, viva la Resistenza!


Allegate le foto, alcune delle quali con studenti del Liceo Scientifico “Rosetti” e dell’Istituto Alberghiero “Buscemi”, intervenuti nel corso dell’iniziativa istituzionale




25 Aprile 2011 alle 12:50 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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