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Scott Matthew @ Open Sea Festival, Teatro Concordia, San Benedetto del Tronto – 09.08.2011

di | in: Primo Piano, Recensioni

Scott Matthew e Sam Taylor al Concordia (foto © www.ilmascalzone.it)


La definitiva consacrazione di Scott Matthew a classico dei nostri giorni, dopo il progetto Elva Snow e dopo tre straordinari album solisti, non può che passare per la prova live e quella al Teatro Concordia è un’esibizione che toglie ogni dubbio. Iniziata con qualche problema di troppo nell’amplificazione della chitarra acustica, la serata sambenedettese palesa sin da subito come il cantautore australiano non abbia bisogno di effetti speciali ma, per arrivare al cuore di chi ascolta, possa permettersi di non affidarsi a nient’altro che alla magia della sua voce. Si inizia con i brani che aprono il recente “Gallantry’s Favourite Son”, Black Bird e True Sting. La formazione a due, con Sam Taylor che accompagna con la chitarra e più spesso con il violoncello e offre anche un contributo vocale che in alcune circostanze – l’episodio da ricordare è una versione da brividi di Duet – valorizza in modo insospettabile le qualità di Scott, non potrebbe funzionare meglio. Con una sentita Community il concerto entra nel vivo; The Wonder Of Falling In Love e No Place Called Hell, benché vestite di soli ukulele e chitarra, dimostrano come un autore di torch songs possa sentirsi perfettamente a suo agio con il lato pop della sua anima musicale se è il puro talento a sostenerlo; Upside Down va nella medesima direzione e il pubblico, addirittura, inizia a battere il piedino.
White Horse, gioiello del secondo album “There Is An Ocean That Divides…”, senza la grandeur degli arrangiamenti d’archi della versione in studio, non perde un pizzico del suo potere ipnotico e riesce ad inchiodare alla sedia con un’intensità fuori dal normale. La conclusione è affidata a In The End, toccante ballad che, ormai un lustro fa, fece da colonna sonora al finale di “Shortbus”, film-scandalo di John Cameron che regalò a Scott una notevole visibilità. Ma non è la vera fine. Per il commiato vero e proprio il nostro si affida a due superbe cover che vanno a recuperare le paure, le debolezze e le affinità elettive di due voci in cui il mal di vivere si è sposato con la forza del canto, quelle di Ian Curtis e Thom Yorke: Love Will Tear Us Apart e No Surprises suggellano un’ora e un quarto di pura e semplice bellezza.




11 Agosto 2011 alle 15:08 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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