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Cattivi pensieri di fine estate

di | in: Editoriali

Fonometro

di Renzo Vitellozzi


I lecci di viale Buozzi


Ad attraversare oggi la centralissima pineta di via Olindo Pasqualetti ci viene lo sconforto, con tutti quei poveri lecci agonizzanti che non si riescono neanche a contare per quanti sono. Li ricordo alti, rigogliosi, protettivi, e per tanti anni, con la loro discreta presenza, ci hanno tenuto compagnia. Quante volte ci siamo rifugiati sotto la loro grande chioma un po’ dorata e polverosa durante le afose giornate estive o per ripararci da violenti acquazzoni? Si, ci eravamo oramai affezionati ai maestosi lecci della pineta di viale Buozzi. Poi è arrivato il famoso intervento cosiddetto di “restyling” terminato ed inaugurato in pompa magna poco più di un anno fa con le conseguenze che ora sono sotto gli occhi di tutti. Chissà mai cosa avranno combinato alle loro radici durante la lunga fase dei lavori di sistemazione. Qualche giardiniere del luogo ipotizza che gli esemplari siano stati danneggiati dall’eccessiva irrigazione utilizzata per mantenere fresco e verde il nuovo prato. E se anche fosse vera questa tesi, non potevano pensarci prima? Dov’erano i responsabili dei lavori e i nostri esperti del settore parchi e giardini? Inoltre ho notato che hanno subìto anche una violenta e consistente potatura. Il leccio è un’essenza arborea alquanto longeva e resistente (ricordo che è un vicino parente della quercia) ma certo non è un pitosforo o un oleandro. Sappiamo bene che ultimamente nella nostra città con i tagli e le potature non si va tanto per il sottile. Episodi di alberi capitozzati e segati senza pietà come legna da ardere, purtroppo, sono sempre più frequenti.

Il valore di un albero maturo e sano è quasi incalcolabile e la sua perdita arreca un danno enorme all’ambiente ed alla collettività, sia in termini economici che di qualità della vita. Non mi stancherò mai di ripetere tale concetto.

Sulla morìa improvvisa degli splendidi lecci qualcuno ci dovrà spiegare. E poi, chi pagherà le conseguenze?




I trabucchi del molo sud ed il nuovo Prp


Saranno bensì tre e non più solo due i trabucchi del molo sud. Come dice un vecchio e famoso adagio? Non c’è due senza tre. La notizia l’abbiamo appresa recentemente dalla stampa locale. Il terzo sorgerà nei pressi del monumento al pescatore di C. Capponi, quasi davanti alla foce del torrente Albula. Trattasi in realtà di una grande terrazza sul mare (altro che trabucco o rete a bilancia o macchina da pesca!). Intanto durante l’ultimo consiglio comunale si è discusso sul Nuovo Piano Regolatore del Porto e si sono alzate parole tanto auliche quanto ambigue: «L’importanza di uno sviluppo dell’area portuale gestito senza snaturare le attività legate alla pesca e alla marineria, ma sostenendone la vitalità con servizi di tipo turistico – commerciali e ricettivi».

Le mani sul porto. Porto terra di conquista. Altro cemento sulla città. Nell’area nord hanno già iniziato tempo fa con la cassa di colmata che giace nascosta, silenziosa e minacciosa. Circa 50.000 metri cubi di sabbie e fanghi inquinati, una mega discarica ricoperta da un grande telone dove dimorano costantemente centinaia gabbiani. Per i lavori di realizzazione e di manutenzione della cassa di colmata hanno addirittura sfondato il muro di cinta del molo nord, un’operazione azzardata e rischiosa. Esteticamente indecifrabile. Diciamo un pugno in un occhio. Ebbene la cassa di colmata si trasformerà come per incanto in un immenso piazzale, futuro teatro della movida sambenedettese, con tanto di ormeggio per il diporto (il famoso terzo braccio). Hanno già pensato pure al problema della viabilità. Uno svincolo della futura bretella collinare congiungerà la collina al nuovo porto con un percorso ancora tutto da inventare e studiare. Per i parcheggi ci si arrangerà in qualche modo. E poi butteranno giù qualche capannone in disuso e ci sarà anche spazio per un hotel a cinque stelle, un polo logistico e fantomatiche strutture polifunzionali.




Bretella collinare


L’opera pubblica di cui si parla più spesso. Il nuovo asse viario dovrebbe congiungere il casello autostradale di Porto d’Ascoli con quello di Grottammare inglobando il tratto ancora incompiuto della zona di Santa Lucia. Un progetto che va avanti da diversi anni e che vede impegnati più soggetti, Comune, Provincia e Regione in primis. Un’ infrastruttura da molti considerata strategica per l’economia non solo della costa ma dell’intero Piceno e che dovrebbe definitivamente risolvere i problemi legati alla viabilità cittadina e quelli ormai cronici dell’inquinamento. Un preventivo di spesa che si aggira intorno ai 120 milioni di euro (un fiume di denaro). Una cordata di imprenditori sarebbe disposta ad accollarsi parte degli ingenti oneri. Un intervento questo non disinteressato naturalmente. La cordata infatti chiederebbe in cambio nuove volumetrie su terreni ancora verdi sia di Porto d’Ascoli che di S. Benedetto. Gli studi procedono a strappi, ci sono ancora problemi di lottizzazioni residenziali stoppate e poi spostate. Parte del tracciato lambirebbe poi l’Autostrada A14 quindi sarebbero indispensabili anche i pareri di Società Autostrade ed Anas per la realizzazione del megaprogetto. Coinvolto anche il sindaco della città di Grottammare dove teoricamente dovrebbe terminare la bretella dopo aver attraversato il monte della Croce (con precario rischio geologico, non dimentichiamolo) ed il quartiere Ponterotto. C’è poi la Vas (Valutazione Ambientale Strategica) e le incognite di dove far passare le due uscite principali, quella nei pressi di via Sicilia (dove già alcuni gruppi di cittadini hanno protestato, contrari al passaggio della bretella e di ipotetici svincoli vicino o addirittura sopra le proprie case) e quella verso il nuovo porto. Non sarebbero più previsti (bloccati a Roma) i fondi europei Fas per le aree sottosviluppate.

Troppi vedono in quest’opera la soluzione di tutti i mali esistenti. Una nuova strada, tra l’altro costosissima, non farebbe che spostare semplicemente il problema del traffico e dell’inquinamento se non aumentarlo addirittura. Abbiamo una statale sempre più urbanizzata, disseminata di edilizia residenziale, attività commerciali e servizi. Perché non trasferire gratuitamente (o suddividendo i costi) il traffico pesante sull’autostrada? Perché non incentivare il trasporto alternativo con mezzi pubblici efficienti ed ecologici? Perché non eliminare i semafori poco “intelligenti”?  (ndr klikkare il link)Perché non mettere in discussione il nostro utilizzo dell’auto, in particolare per gli spostamenti brevi se non brevissimi? Perché non sensibilizzare le scuole? E’ stato calcolato che ogni mattina in Italia si riversano sulle strade 5 milioni di auto per portare i bambini a scuola e nell’86% dei casi la distanza è percorribile con una passeggiata di 10 minuti. Uno studio americano piuttosto recente ha segnalato inoltre che convincendo i bimbi ad andare a piedi a scuola una settimana poi lo faranno da soli e saranno indotti a praticare più sport in futuro. Il comune di Senigallia è corso ai ripari istituendo le “isole pedonali a tempo”: il divieto di accesso scatta all’entrata ed all’uscita delle classi scolastiche.

Ancora una nuova strada? No, grazie. Basta con il consumo indiscriminato del territorio e con l’enorme sperpero di denaro pubblico.




Fracasso non stop


«Imbraccia mannaia contro locale fracassone, la polveriera è esplosa». «E’ rivolta contro i locali fracassoni, folla inferocita dal sindaco che prova a mettere pace». «I quartieri si mobilitano per proteggere il sistema nervoso degli abitanti dal frastuono della musica e dagli schiamazzi degli avventori che rimangono in strada fino all’alba». «Cittadini esasperati scesi in piazza con i coltelli per il frastuono causato dai giovani». «Lotta ai fracassoni, parchi invivibili, residenti sul piede di guerra». «Infuriano polemiche su musica alta fino a tarda notte».

Sono solo alcuni titoli dei numerosi articoli pubblicati sui vari quotidiani locali che mi sono divertito (con una certa insofferenza però) a raccogliere durante l’estate e che riguardano lo spinoso e mai risolto tema dei rumori. Problema che si trascina da vario tempo ma che quest’anno ha presentato aspetti di vera crociata anti-rumore ed una novità di non poco conto: per la prima volta ho sentito lamentarsi gli stessi commercianti, gli stessi creatori della nuova movida. Non era mai successo. Che abbiano creato un mostro? Segno che la misura era davvero colma. Ma una certa contraddizione si rileva anche nel comportamento ambiguo della nostra amministrazione con la politica del bastone e della carota: da un lato corre ai ripari proclamando “tolleranza zero”, mostrando il pugno di ferro, sguinzagliando le forze dell’ordine, aumentando controlli e comminando multe anche pesanti, dall’altro si “sfornano” e si autorizzano con tanto di osanna manifestazioni con impatto ambientale devastante. Praticamente durante i mesi di luglio ed agosto, tra festival, feste e ricorrenze varie ne ho contate ben sei, tra cui, alcune, della durata di più giorni. Le cito in ordine: Maremoto Festival, Festa della Madonna della Marina, Notte Bianca, Super Summer Festival, Festa della Birra e Red Blues Festival. Tralascio le minori. Giornate e notti di frastuono e fuochi, di sporcizia e di degrado generale che non qualificano certamente la città, con nefaste conseguenze per il decoro e la quiete pubblica, con danni rilevanti arrecati soprattutto ad anziani, malati e portatori di handicap, manifestazioni realizzate e sostenute (fatto non trascurabile) con il contributo e con la benedizione del comune. Vorrei anche ricordare ai nostri amministratori che i decibel sparati fino a tarda ora dai locali della riviera rimbalzano sulla nostra collina per “depositarsi”, solo leggermente attenuati, all’interno delle abitazioni prospicienti la stessa collina, compreso l’ospedale. Un vero e proprio tsunami di onde sonore.

Qualche amministratore ha dichiarato che è stata l’estate dei record. Si, ma a quale prezzo? E con quali conseguenze? Il sindaco ha fatto recentemente dei proclami piuttosto enfatici riguardo al futuro della città dichiarando che la nostra vocazione ultima sarà quella turistica. A quale turismo si riferisce? Vorrei ricordare al nostro sindaco che inseguire numeri e record non sempre paga, che non esiste solamente il turismo di massa che omologa ogni cosa, ma che esiste anche un turismo di qualità, alternativo, culturale, si chiama “turismo sostenibile”, più rispettoso nei confronti delle persone e dell’ambiente.





28 Settembre 2011 alle 21:29 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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