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dall’OdG Marche

di | in: Cronaca e Attualità

Ordine dei Giornalisti delle Marche

Addio ai giornali no-profit


La manovra del Governo conferma il taglio selvaggio all’editoria. Cento testate verso la chiusura. A rischio 4.000 posti di lavoro. Devastante l’impatto sugli Enti previdenziali.

di Betta Salandra
per Terra news


Tira una brutta aria per i giornali no-profit e di partito. Il consueto assalto ai fondi per l’editoria (che in 3 anni sono passati da 650 circa a 194 milioni) quest’anno sta per riuscire nel suo affondo finale. Nella riunione che si è svolta nel quartier generale della Fnsi è stato fatto il punto della situazione in maniera lucida e spietata.




Lelio Grassucci, storico presidente di Mediacoop, racconta desolato: “Ormai mi evitano quando vado alla Camera. È assurdo, noi non chiediamo soldi in più, il fondo basterebbe nella sua consistenza attuale, seppur esigua, se non dovesse pagare quasi cento milioni tra convenzione Rai e debiti con le poste. Spese che non dovrebbero essere caricate sul fondo per l’editoria”. A tradurre in cifre il disastro imminente è stato Mario Salani, Mediacoop: “Circa 4 mila persone perderanno il lavoro. L’impatto sugli enti previdenziali sarà devastante. Per risparmiare 80 milioni di euro ne spenderanno 100 di ammortizzatori sociali e perderemo circa 500 milioni di Pil. Per non parlare del mezzo milione di copie “bruciate”, in un Paese che legge già pochissimo”.




Il dibattito ormai è a questo, alla conta dei morti. Con l’abolizione del diritto soggettivo e la decurtazione violenta dei fondi il settore è sull’orlo del fallimento. Difficile anche solo provare a spostare l’obiettivo sul tema “culturale”: “Pluralismo dell’informazione? Frega a qualcuno? – si commenta – “. E il contesto è certo difficile: crisi economica, tagli generalizzati, ostilità nei confronti della politica. E, dulcis in fundo, la vicenda Lavitola con l’Avanti, simbolo eclatante delle storture e degli abusi della legge sull’editoria.




 “Ma su casi come quello di Lavitola noi non giochiamo mica in difesa ha dichiarato il segretario dell’Fnsi Roberto Natale –. Siamo noi che chiediamo da anni una riforma che non permetta certi abusi. Solo che le proposte arrivano nel Palazzo e si arenano, puntualmente. È la categoria che chiede pulizia, non possono mica addebitarci vicende come quelle dell’Avanti”.




Che il settore tenta di autoriformarsi lo sa bene il senatore Pd Vincenzo Vita, punto di riferimento per tutte le testate nelle battaglie anti-tagli. “Questa era una battaglia multi-partisan – racconta Vita – ma la Lega ha mollato la Padania e il Pdl sembra detestare Libero ormai, perciò siamo rimasti da soli e quest’anno, per ora, abbiamo perso. Cosa fare? Continuare a combattere per una riforma elimina-abusi. Ma il contesto è terribile”. Non rimane molto tempo, anche perché intanto, grazie all’abolizione del diritto soggettivo voluta da Tremonti, le banche si sono premurate di chiudere i rubinetti e anche giornali in pareggio (come Terra) rischiano la vita per mancanza di liquidità.




Quello che sembra un tecnicismo infatti (diritto soggettivo sì o no) è l’arma che sta devastando le aziende. Riduzioni “certe” dei fondi, per quanto profonde, possono essere affrontate dalle aziende. Ma l’incertezza sulla consistenza dei contributi, di fatto, azzera completamente il credito. Giornalisti e poligrafici comunque ad arrendersi non ci pensano neanche. Per fine mese si prepara una iniziativa massiccia alla Camera. L’obiettivo è rientrare nella legge di stabilità. Persa quella ci sarà solo il milleproroghe per reintegrare il fondo. Ma allora sarà, probabilmente, troppo tardi. Per questo tutti gli sforzi ora si concentreranno sull’iniziativa del 28 settembre, che punta su una partecipazione importante di giornalisti, e personaggi della cultura. (testo in http://www.terranews.it/news/2011/09/addio-giornali-di-idee-rischio-4mila-posti)




Addio informazione locale!


I giornalisti associati in Cooperativa chiedono certezze e trasparenza. Duro colpo alle piccole realtà e a chi investe nei nuovi media. Il 28 settembre manifestazione a Roma.

di Tarcisio Tarquini
per www.rassegna.it  


I giornali editi dalle Cooperative chiedono al Governo certezze e trasparenza. Non nuovi fondi, ma criteri rigorosi di attribuzione che, cancellando abusi, ambiguità, illeciti, permettano alle testate dell’editoria di idee e a gran parte di quelle locali (in prevalenza gestite dalle cooperative di giornalisti) di superare la crisi che, chiusura dopo chiusura, le sta decimando.




Più volte abbiamo ricordato i numeri drammatici di questo ciclone che sta devastando il panorama della stampa italiana, compromettendo le basi stesse di quel pluralismo dell’informazione che è sale e alimento della nostra democrazia. I finanziamenti diretti sono stati già da quest’anno pressoché dimezzati e per il futuro nessuno si azzarda a fare previsioni; l’unico dato certo è che questa vera e propria emergenza democratica rischia di scomparire dall’agenda della politica, dall’attenzione dei partiti e dei gruppi parlamentari che, anche in questo settore, sembrano aver rinunciato all’ambizione di dare una risposta all’altezza della drammaticità della situazione e a varare una riforma che i diretti interessati invocano inutilmente da anni.




Lo vediamo e lo sentiamo; sta passando l’idea che il fondo dell’editoria sia il lascito discutibile di uno stato spendaccione e assistenziale che non ci possiamo più permettere. Le indagini che hanno messo sotto accusa per truffa i giornali del gruppo Ciarrapico, le vicende dell’editore e direttore dell’Avanti, che lasciano intuire un “core business” tutt’altro che giornalistico e usi quanto meno impropri del finanziamento pubblico, sicuramente offrono argomenti a chi contesta la legittimità dell’intervento dello Stato. Ma sono, invece, proprio questi fatti (e altri che prima o poi verranno alla luce) a dimostrare che il vero problema non è l’esistenza del fondo per l’editoria che da noi, come in altri paesi, sostiene i giornali penalizzati dalle logiche del mercato e dalla squilibrata distribuzione degli investimenti pubblicitari.




Il vero problema è dato dall’opacità dei criteri di concessione del finanziamento pubblico; il vero problema è rappresentato dalla tollerata e superficiale approssimazione dei controlli amministrativi sulla sussistenza dei requisiti dei soggetti beneficiari dell’erogazione; il vero problema è aver fatto rientrare nell’ambito dell’editoria cooperativa realtà imprenditoriali (vere e finte) che non hanno nulla da spartire con le Cooperative di giornalisti, ma si coprono dietro di esse appropriandosi di agevolazioni con cui remunerano società di capitali e non il lavoro solidale delle persone.




Questa è la realtà; da qui nasce la proposta per la riformulazione rigorosa dei criteri di assegnazione del fondo e delle caratteristiche necessarie di chi voglia beneficiarne, che verrà presentata in una grande manifestazione pubblica, indetta dal Comitato per la libertà e il diritto all’informazione (cui aderisce Mediacoop), che si terrà a Roma il prossimo 28 settembre.




Non si chiedono nuovi finanziamenti, si propone di avere il coraggio di scegliere: escludendo chi non ha diritto e aprendo le porte alle realtà giornalistiche più giovani e ai nuovi media. È l’ultima occasione. Se Governo e Parlamento non la colgono non solo avremo la fine di tanta parte dell’informazione libera del nostro paese e l’impoverimento del variegato, e tutto indispensabile, mondo della stampa locale; ma sarà negata una prospettiva di futuro a chi voglia scommettere su un nuovo sistema di media all’interno del quale ci sia spazio non solo per i grandi gruppi, ma anche per le voci delle tante realtà indipendenti che raccontano ai cittadini, da un punto di vista diverso, il nostro paese e il mondo di questi anni difficili.




Altra tegola sulle Tv locali


Nessuna frequenza certa a disposizione della nostra regione. Il Sigim chiede l’intervento del Presidente Spacca e del ministro Romani.




Un’altra tegola sulle Tv marchigiane in vista del passaggio al digitale terrestre. Il Sindacato giornalisti marchigiani (Sigim) è intervenuto sull’argomento con il seguente comunicato:



Come non fossero sufficienti, la crisi del mercato pubblicitario e gli altri problemi di natura economico-congiunturale che attanagliano le imprese italiane (quelle televisive comprese naturalmente) a rendere durissimo questo periodo, arriva per l’emittenza locale marchigiana la tegola dell’assegnazione di frequenze, già previste per Paesi esteri. Tutto ciò in virtù di un accordo internazionale, afferente l’area Adriatica (Slovenia, Croazia, Bosnia, Albania e Montenegro), in vista del passaggio al digitale terrestre della nostra regione, previsto dal Ministero dello Sviluppo Economico e Agcom dal 5 al 21 dicembre prossimi.


Insomma non viene messa a disposizione della nostra regione nessuna frequenza “certa” per le emittenti locali, originando una situazione di assoluta gravità per le sicure interferenze e quindi per le difficoltà di effettivo utilizzo delle stesse.
 
“Il Sigim, da sempre al fianco dei colleghi delle redazioni interessate a questa rivoluzione tecnologica, denuncia questo inaccettabile e gravissimo stato di cose e metterà in atto tutte le iniziative possibili affinché la porzione di etere riservato alla diffusione del quotidiano lavoro dei colleghi sia in grado di mantenere competitive le emittenti marchigiane anche nell’immediato futuro. Saremo al fianco delle Istituzioni che stanno prendendo iniziative in difesa di questo patrimonio culturale e professionale di assoluta importanza e sin d’ora chiediamo incontri ai Presidenti della Giunta regionale Spacca e del Corecom Moruzzi e al Ministro competente Romani per rimediare questo gravissimo problema ed ottenere frequenze pulite al servizio delle nostre emittenti”.














































15 Settembre 2011 alle 13:22 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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