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Leopolda Marche, Renzi: “l’Italia cambia verso”

di | in: Cronaca e Attualità, Oblò: Spunti, Appunti e Contrappunti

Matteo Renzi

AL LEOPOLDA MARCHE. UNO SPACCATO DI COMUNITÀ CHE CREDE IN RENZI.

OLTRE 60 INTERVENTI PER L’EVENTO IN ONORE AL SINDACO DI FIRENZE

Sabato scorso ho partecipato al “Leopolda Marche” e mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, dove, le assemblee erano partecipate da interventi veri, appassionati, fatte di vite vissute. Insomma assemblee non fasulle come spesso oggi siamo chiamate a vedere, nelle quali, assistiamo a lotte indestini per qualsiasi poltrona.  

Quello che è andato in scena sabato 11 ottobre a partire dalle 9.30 al Palacongressi di Loreto, è stato un laboratorio innovativo di politica e comunicazione. Oltre 60 gli interventi in programma, ognuno della durata di quattro minuti, focalizzati per aree tematiche. Molti gli amministratori presenti, dai più piccoli comuni fino a quelli che saranno decisivi nella prossima tornata delle amministrative.

C’erano industriali, artigiani, lavoratori, rappresentanti del mondo sindacale, studenti universitari, fino al “sogno” di un ragazzo. Ma di casa al “Leopolda Marche”, l’evento organizzato dal movimento Adesso Marche, che sostiene la candidatura di Matteo Renzi alla segreteria nazionale del Partito democratico, è stata la “società civile”. La quale ha rappresentato uno spaccato della comunità marchigiana, quella che crede nel progetto di cambiamento di Matteo Renzi e che vuole vivere l’impegno civile in prima persona.

Nella manifestazione, abbiamo applaudito il magistrale intervento di buon taglio politico della coordinatrice Eliana Maiolini.

Oltre alla partecipazione di alcuni politici, la giornata clou e stata interpretata da Eugenio Giani, Presidente del Consiglio Comunale di Firenze uno dei più stretti collaboratori di Matteo Renzi (credo ambasciatore nella Regione Marche) il quale a dato valore al pensiero di Renzi e ci ha spiegato in sintesi gli otto punti scelti per la sua campagna delle primarie, “L’ITALIA CAMBIA VERSO”.

Ora, dagli otto punti presentati da Giani e della manifestazione di Bari (vedi sotto), mi piace ragionare.  I cartelli, colorati (vedi a seguire), riportano tutti una serie di concetti e quello che è per Renzi il loro contrario, il modo nel quale devono “cambiare verso”. E ce n’è anche per Berlusconi e per chi non vuole più ‘perdere bene’.

Si parte da ‘Lamentarsi’ vs ‘Cambiare‘: “Non passeremo il tempo – si sottolinea nel manifesto – a recriminare su come potrebbero andare meglio le cose. Le cambieremo”.

C’è poi ‘Paura’ contro ‘Coraggio‘: “Paura degli extracomunitari, paura della recessione, paura di cambiare. Da oggi ci riprendiamo la fiducia, la voglia di fare, il futuro”.

E ancora ‘Il Cavaliere-gli italiani’: “Da vent’anni la politica si occupa di una persona sola, noi ci occuperemo di tutti gli altri”.

‘Perdere bene’ contro ‘vincere’: “L’importante, si sa, è partecipare. Ma per cambiare l’Italia bisogna fare qualcosa di più: vincere”.

‘Il Palazzo-la strada’: “Conoscere il prezzo di un litro di latte, usare i mezzi pubblici, fare la fila alla posta. Tre ottimi modi per costruire un programma di governo”.

Tra gli altri ‘opposti‘ scelti da Renzi per la sua campagna c’è ‘Futuro’ contro ‘Conservazione’: “Se pensiamo solo a conservare quello che abbiamo, presto non avremo più nemmeno quello. Crescere vuol dire creare, innovare, cambiare”.

E ancora: ‘Semplicità’ contro ‘burocrazia‘: “Il rispetto delle regole non ha niente a che vedere con la tortura cui sono sottoposti cittadini e aziende per ottenere un banale permesso. Spenderemo quel tempo ritrovato per far crescere l’Italia”.

E infine ‘Raccomandati’ contro ‘bravi’: “La meritocrazia è l’unica medicina per la politica, per l’impresa, per la ricerca, per la pubblica amministrazione. Gli amici degli amici se ne faranno una ragione”.


Dopo aver visto la cassetta della presentazione a Bari, penso che Matteo Renzi abbia spiegato bene il senso del “cambia verso”. Che è uguale a rottamare e magari, se gli toccasse fare il candidato premier alle prossime elezioni, asfaltare. Sì perché il “verso” in questione non sta per cambio registro. No, sta per cambio l’Italia, o meglio la politica italiana. Cambiano i nomi ed è passata qualche stagione ma l’arma più convincente del sindaco resta sempre la stessa: i politici, quelli che c’erano prima e ci sono oggi, devono fare un passo indietro. Il perché sta nei risultati, quelli che non ci sono e che Renzi cavalca come cavallo di Troia.

Fece così un anno fa, durante le primarie contro Bersani. Allora però si trattava della premiership e aveva tutto il partito contro. “Non sarò mai come voi”, tuonò a pochi giorni dal voto, quando la fenomenologia del fate largo si era trasformata in una lotta quotidiana senza quartiere. Da qui ai prossimi 56 giorni, farà lo stesso. Ma un po’ più soft. Ed è logico: la partita per la segreteria del Pd è altra roba rispetto alla guida del Paese. Senza dimenticare che stiamo parlando di un partito con 19 anime-correnti. Da rifondare, nonostante Letta sia premier. Per i più smemorati il consiglio è di andarsi a riguardare e ripassare quel che successe per l’elezione del Presidente della Repubblica, giusto la scorsa primavera. Con una parte dei parlamentari dem che nel segreto dell’urna pugnalarono Romano Prodi, uno che ha fondato l’Ulivo.

Un Pd un po’ da rottamare, un po’ da ristrutturare, un po’ da rinsaldare. Con un di più di peso: Renzi non è più solo contro tutti. Anzi il grosso del partito gli si si è riequilibrato attorno (anche senza entrare a far parte del “cerchio magico”). C’è Franceschini e AreaDem, c’è Veltroni e un pezzo consistente degli ex Ds. E poi c’è la gente, i bagni di folla che hanno accompagnato il sindaco nella stagione delle Feste dell’Unità. Per ultima, la ciliegina sulla torta: le primarie non aperte ma spalancate. Questa volta l’unico requisito per presentarsi ai gazebi o ai circoli saranno i due euro da consegnare all’organizzazione. Uno, due, tre motivi per essere ottimisti (è il favorito assoluto) e più dialoganti. Cominciando dai comandamenti della sinistra: “Compagno – ha scherzato con Sergio Staino a Firenze alla presentazione del nuovo libro di Fabrizio Barca – viene da cum più panis: è quasi cattolico, colui che divide il pane”.

C’è l’ottimismo, il classico “sorriso”, c’è Crozza che lo prende in giro con i “Renzini, le praline dell’ovvio”. C’è anche il simbolo della nuova campagna. Il detto è quello dell’attacco: “l’Italia cambia verso”. Sfondo arancione, un po’ di blu, scritte bianche. Con “l’Italia” scritta al contrario e la R di Renzi disegnata da una freccia. Il messaggio, ideato da Proforma, non è d’impatto immediato. “Adesso”, con i colori dei democratici di Obama, era tutta un’altra storia.

Ora c’è da prendersi il partito e fare di quel “canone inverso”, la rottamazione, il tagliando. A bassi giri, per ora. Certo se poi nel Pd i tagli rimarranno solo annunciati (“con me i più bravi, non i più fedeli), qualcuno potrebbe rimanerci male. Problemi di domani. Ora si punta sull’entusiasmo: a Bari voglio parlare della politica “come di una cosa bella”, che dia “entusiasmo” e “speranza”, ha detto al Tg3. Vuol fare il segretario – sabato ha presentato la candidatura ufficiale e il documento del suo mandato – e “l’interrogazione” di Bianca Berlinguer spazia a tutto campo dentro alle pieghe del dibattito in corso. E allora con ordine: si parla di Lampedusa, la “Bossi-Fini ha fallito, va cambiata”. Di amnistia e di indulto: “Prima la riforma della giustizia poi indulto e amnistia”.

Gli chiedono anche sul suo futuro a Firenze. Correrà per l’elezione a sindaco? “Credo proprio di sì!”. E ancora: “Credo sia assolutamente normale che il segretario di un partito possa fare il parlamentare, il parlamentare europeo e anche il sindaco, l’importante è che faccia bene il suo lavoro”. Segretario e sindaco. Questo è il piano. Possibile? È da vedere; da valutare quanto realisticamente sia credibile intersecare due agende molto complicate. E dispendiose: Firenze ha bisogno di un sindaco vero, che si faccia carico di questioni come la tramvia, per esempio. Il Pd di un segretario non di un traghettatore. Vista così il doppio impegno appare complicato.

E tuttavia, nonostante i consigli da buon padre di famiglia che gli ha mandato giusto ieri sera da Otto e Mezzo su La7 l’attuale segretario del Pd, Guglielmo Epifani (“Segretario e sindaco? È un po’ difficile, perché guidare il più grande partito italiano non è assolutamente semplice. Credo tocchi a lui riflettere bene su questa scelta e mi auguro che più in là possa ripensarci”), Renzi va avanti. Il perché sta in una posizione politica che è anche uno slogan: si tratta dell’uomo del fare. Fare il segretario da sindaco è un biglietto da vista pesante.

Un conto è fare il segretario da Roma, seguire e spezzare le logiche delle correnti, farsi logorare da questa continua dialettica. Un altro è farlo dopo una giunta comunale, dopo aver inaugurato un cantiere stradale, dopo aver acceso un nuovo fontanello. La differenza sta nel fare il politico da dentro caminetti e dinamiche del politichese o farlo con la fascia tricolore indosso. Che oltretutto è anche il Pd che vorrebbe, il suo: un partito che si servirà della stretta collaborazione dei sindaci, di chi sta in prima linea (a dispetto, dice Renzi, di un partito chiuso, lontano dalla gente, in perenne liturgia assembleare).

Ma c’è di più: Renzi non vuol perdere il passo con Letta che farà il premier almeno fino al 2015. Almeno fin dopo il semestre europeo. E poi l’Italia dovrà affrontare l’Expo di Milano, la più grande vetrina internazionale da quando siamo approdati nel terzo millennio. La cosa, in sostanza, si potrebbe allungare. Dipenderà dal premier Letta, da Alfano e Berlusconi (da chi farà il capo e chi detterà la linea). E nel lungo periodo aggiustare il Pd per aggiustare l’Italia. Farlo da sindaco, aumenterebbe il carico, tanto da riequilibrare la bilancia elettorale. tonino armata

 

 




17 Ottobre 2013 alle 9:38 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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