Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 00:03 di Dom 19 Mag 2024

Crisi umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo

di | in: Sociale

Da quasi un anno gli abitanti del distretto di Haut-Uélè, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), vivono nel terrore e nel mezzo di una grave crisi umanitaria. Sono intrappolati in una regione distrutta da ondate di violenza.



(da medicisenzafrontiere.it) Si stima che il conflitto tra le forze armate congolesi e i ribelli ugandesi dell’LRA (Lord’s Resistance Army) abbia causato circa 250mila sfollati.
Migliaia di persone vivono nella foresta, con cibo insufficiente e poca assistenza medica e nella maggior parte dei casi le organizzazioni umanitarie non riescono a raggiungerli. Anche per gli sfollati che sono riusciti a insediarsi in zone più sicure, gli aiuti sono stati finora comunque insufficienti. Il sistema sanitario è stato distrutto e la maggior parte delle attività mediche sospesa per mancanza di sicurezza. Nella regione operano numerose equipe di Medici Senza Frontiere (MSF) che forniscono assistenza d’urgenza e servizi medici gratuiti, compreso un progetto nella città di Dungu. Le attività svolte sono: chirurgia, assistenza nutrizionale, interventi di salute mentale, supporto alle vittime di violenza sessuale e assistenza medica di base in due centri di salute. Dei 45mila abitanti di Dungu, circa la metà è sfollata a causa della violenza.

Alcuni giorni fa il team di MSF presente a Dungu è intervenuto per soccorrere tre sopravvissuti ad un terribile attacco sferrato cinque giorni prima in un villaggio vicino Bangadi, 100 km a nord-ovest di Dungu. Il numero delle vittime di questo attacco non è ancora noto.

Riportiamo la testimonianza di Claire Debard, coordinatrice del progetto di MSF, che ha gestito l’intervento di assistenza e ha incontrato i tre sopravvissuti.
“Il team di MSF ha soccorso tre feriti, sopravvissuti ad un feroce attacco da parte di un gruppo di persone armate vicino a Bangadi. Il ponte aereo per soccorrerli era stato pianificato per il giorno prima, ma a causa delle cattive condizioni meteorologiche l’aereo non è potuto decollare. Solamente oggi pomeriggio (lunedì 17 agosto, n.d.r.) alle 15 il nostro medico è riuscito a soccorrerli. È rientrato alle 17 con due uomini e una donna, tutti attorno ai 60 anni di età. Avevano visibili ferite alle ginocchia ed erano molto deboli. Li abbiamo trasferiti all’ospedale generale di Dungu dove li attendeva un team di medici. I pazienti presentavano ferite molto gravi, incluse due fratture aperte e una interna alle gambe, che necessitavano di interventi chirurgici. Dopo le cure sono riuscita a parlare con loro”.



La testimonianza di un sopravvissuto

“Vivo in un villaggio a circa 4 km da Bangadi insieme a mia moglie, mia figlia di 5 anni e il mio fratello più grande. Il nostro capo villaggio ci ha detto di trasferirci all’inizio di agosto a Bangadi, perché stavano arrivando gruppi di persone armate e la nostra sicurezza era in pericolo.

Purtroppo, dopo pochi giorni a Bangadi, non avevamo più scorte di cibo e la situazione stava diventando difficile. Per questo motivo, mercoledì 12 agosto abbiamo deciso di ritornare nel nostro villaggio per prendere un po’ di cibo. Quando siamo arrivati, cinque uomini armati ci hanno preso all’improvviso. Avevano con loro tre ostaggi, compresa una donna che traduceva quello che dicevano. Ci hanno legati e ci hanno portato nella foresta. Il giorno seguente, hanno portato la mia figlia piccola al villaggio perché volevano recuperare una gallina e delle arachidi. Sono ritornati senza di lei, avevano riportato solamente la corda con cui l’avevano legata. Era morta.

Ci hanno detto che non volevano ucciderci, ma dovevamo tornare con loro al villaggio; una volta arrivati avrebbero preso il nostro cibo e ci avrebbero picchiati. E questo è quello che hanno fatto: ci hanno colpito alle gambe, alle ginocchia e poi sono scappati nella foresta, lasciandoci là. Abbiamo passato la notte sdraiati a terra. Lunedì mattina ho deciso che dovevo fare qualcosa e sono riuscito a trascinarmi fino al villaggio vicino, Yamba, a circa 2 km. Gli abitanti sono andati a chiedere aiuto a Bangadi. Io e mia moglie siamo stati trasportati in bicicletta, è stato davvero doloroso. Mio fratello è stato trasportato su una barella perché non riusciva a stare sulla bicicletta”.





2 Settembre 2009 alle 14:40 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

Ricerca personalizzata