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Il taglio è servito!

di | in: Cronaca e Attualità, Oblò: Spunti, Appunti e Contrappunti

di Michele Maiani Presidente dell’UNCEM Marche


Adesso che i tagli indiscriminati alla spesa statale apportati dalle recenti manovre finanziarie mostrano chiaramente gli effetti, in termini di minori servizi ai cittadini e di mantenimento di alcune nicchie inossidabili di benessere, nel sistema Italia, è possibile ragionare in retrospettiva su quello che di negativo è accaduto ai cittadini dei territori montani dell’Appennino Marchigiano, e di quello che dovrebbe auspicabilmente avvenire.

Nel 2007 è uscito un libro, “La Casta”, che ha suscitato un’onda emotiva, fra l’altro, per il fenomeno delle Comunità montane esistenti in territori disagiati, ma altimetricamente bassi.

Gli altri casi trattati nel libro sembrano quasi passati al dimenticatoio, nel senso che non hanno lasciato tracce significative nelle riforme successive.

La finanziaria statale 2008 coglie al balzo l’onda emotiva e, sul presupposto che le Comunità montane siano la massima espressione dell’italico spreco, impone alle Regioni un taglio di un terzo al fondo ordinario destinato alle Comunità montane, e l’obbligo di introdurre con legge varie misure di risparmio, attraverso la revisione degli ambiti delle Comunità montane, e la riduzione delle spese di funzionamento.

La Regione Marche si è adeguata con la l.r. 18/08, ma subito dopo la scadenza del termine entro il quale le Regioni hanno ottemperato, è stato disposto dallo Stato per il 2009 un ulteriore drastico taglio del 90% del fondo, con l’art.76 del d.l. 112/08, fino ad arrivare all’azzeramento del fondo, disposto per il 2010.

In una prima fase, il concetto di montanità, ai fini dell’ottenimento di maggiori contributi statali, è stato individuato nella soglia dei 500 m slm, quindi in 750 metri, ed infine … nel cielo, perché il fondo ordinario per le Comunità montane è stato definitivamente annullato.

Sulla scorta dell’urgenza di rispondere alle speculazioni sul giudizio del debito sovrano di alcuni Stati europei, lo stesso meccanismo generalizzato di taglio lineare ed indiscriminato ai servizi delle Regioni e degli enti locali è stato recentemente disposto, con la manovra “Tremonti”, in settori importanti come quelli relativi alla previdenza, all’assistenza, al pubblico impiego, alla scuola ed ai trasporti.

I cittadini dell’entroterra hanno subito questo metodo, per due volte. Il taglio al fondo statale per le Comunità montane comporta adesso l’impossibilità o l’estrema difficoltà di continuare a mandare avanti, fra l’altro, alcuni servizi primari come i centri socio educativi per disabili, il trasporto pubblico sociale, gli interventi per la prevenzione incendi, per la forestazione, per la difesa del suolo, eccetera. I mutui accesi per fare investimenti garantiti con i fondi statali tagliati non saranno onorati, con la situazione attuale.

La stessa sorte attende in alcune realtà locali per il pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici frettolosamente battezzati come fannulloni, generalizzando, come al solito, da parte di qualche furbo che si finge buontempone.

Dopo i tagli ai fondi per la Montagna, adesso dobbiamo fare i conti anche con i tagli “alla Tremonti”. Stesso stile, lineare. Sarebbe stato meglio tagliare in attuazione di riforme, e non alle prese con l’emergenza del debito. Ecco perché siamo stati danneggiati, da questo modo di fare inerte fino alla soglia del default, che fa di tutta l’erba un fascio, e dimentica i principi contenuti nella Costituzione e nello Statuto regionale.

E’ venuto meno il riconoscimento dell’esigenza di promuovere, con un adeguato sostegno finanziario, il superamento del divario fra le condizioni di vita fra chi risiede nella costa rispetto a chi vive nell’entroterra, lontano dai centri erogatori dei servizi fondamentali.

Adesso è arrivato il momento di dare una svolta a queste “politiche”, perché i cittadini hanno capito che “il male” è il debito pubblico, e lo spreco non si trova nelle Comunità montane, che nelle Marche hanno tagliato tutte le spese tagliabili.

Adesso è il momento delle proposte, perché dopo ogni demolizione nasce spontanea l’esigenza di ricostruire. Di fronte alla prospettiva del dissesto del sistema, per mancanza di risorse economiche, l’unica soluzione percorribile è quella di una semplificazione istituzionale radicale, a tutti i livelli, da definire attraverso un percorso di confronto costruttivo.

Il sistema della P.A. Marchigiana, come quello di altre Regioni, non può più permettersi di mantenere i costi dei numerosi enti sovracomunali che spesso si sovrappongono alle Comunità montane, nell’esercizio di funzioni particolari, come quelle relative ai servizi sociali ed alla gestione di Parchi regionali ed aree protette, nei territori in cui operano le Comunità montane.

Pertanto, la Regione è chiamata a dotarsi di una politica per gli enti locali, in modo da reagire a questa politica di tagli indiscriminati, elaborando appropriate politiche di razionalizzazione della spesa, ed iniziando con l’accorpare nelle Comunità montane gli enti parco, gli ambiti sociali e le funzioni comunali che obbligatoriamente devono essere gestite in forma associata.

Occorre infine razionalizzare qualcosa anche all’interno della Regione; basti pensare che esistono uffici distinti, per ciascuna funzione, nell’Assemblea legislativa e nella Giunta regionale: due di tutto! Non sarebbe ora di iniziare a discutere insieme, possibilmente a 360 gradi, sugli sprechi e sulle opportunità da cogliere, lavorando insieme, senza cercare capri espiatori, e senza voler salvare a tutti i costi le residue nicchie di benessere?




26 Giugno 2010 alle 1:04 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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