Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 01:36 di Mar 30 Apr 2024

Volevo essere Agatha Christie: intervista a Francesco Bianconi

di | in: in Vetrina

Francesco Bianconi, voce e chitarra dei Baustelle. E’ nato a Montepulciano il 25 maggio 1973.


Ad un anno dal bestseller “I mistici dell’Occidente”, quinto album dei suoi Baustelle, Francesco Bianconi esordisce in libreria con un romanzo che offre una scintillante combinazione tra autobiografismo, fantasia e il tipico immaginario della band fatto di romanticismo, trasgressione e rimembranza. Annunciato da un po’ di tempo, il romanzo doveva intitolarsi “Un romantico a Milano”: Mondadori invece lo pubblica ora, nella sua collana Strade Blu, col titolo “Il regno animale”, che forse avrà meno appeal sui fan dei Baustelle ma che rende bene la dimensione animale con cui Francesco intende metaforizzare la deriva in senso primitivo della nostra civiltà.


Quali sono le ragioni del ricorso al bestiario per il tuo primo romanzo?
Direi che ho scritto un romanzo-bestiario perché i tempi in cui viviamo sono tempi-bestiario secondo me, e uso la parola bestiario non necessariamente in un’accezione negativa. Per la prima volta dopo decenni di post-illuminismo, l’uomo sta tornando ad una dimensione più istintiva dell’esistenza. Questo è innegabile, lo si vede ovunque. Parlo di istinto di sopravvivenza, parlo di cibo, accoppiamento… siamo tornati al recupero di questi valori presi in prestito dalle bestie. Facciamo sesso senza riprodurci, mangiamo senza soddisfarci, utilizziamo droghe… tutto questo è un regno neo-animale.


Si tratta di un romanzo con tanti personaggi, uno dei quali, Alberto, sembra un tuo alter-ego. Ad un certo, però, compare anche Francesco Bianconi.
In realtà sono troppo codardo per creare un personaggio che sia totalmente me. Io sono al 50% Alberto, così come sono al 50% il Francesco Bianconi che compare ad un certo punto. Sono il 50% anche di altri personaggi che ci sono nel romanzo. L’idea iniziale era di scrivere un romanzo di formazione, la storia di Alberto. Poi mi sono ritrovato in corsa a cambiare punti di vista, anche a costo di creare una certa schizofrenia in chi legge e il risultato è “Il regno animale”.


Si tratta anche di un romanzo di luoghi: c’è Milano ma c’è anche la campagna Toscana. Montepulciano, Abbadia. Come mai questa contrapposizione?
La mia intenzione era proprio quella di contrapporre due contesti molto diversi tra loro: la città e la campagna. Avevo bisogno di questa contrapposizione per far capire il percorso del personaggio e il suo desiderio di crescita. Alberto si trasferisce dalla provincia di Siena a Milano, che è stata scelta perché è la città in cui vivo e anche perché l’Italia intera si sta milanesizzando, nel senso più animale del termine. Attraverso dei flashback poi volevo far capire il posto da cui il personaggio viene, il posto da cui scappa.


E’ molto presente la stazione di Milano.
Sono molto attratto dalle stazioni, così come sono attratto dagli aeroporti e dai non-luoghi in generale. Solo che gli aeroporti sono dei luoghi asettici, dove tutto tende alla sicurezza. La stazione invece è un luogo di incontri e scontri ed anche il posto dove in un certo senso si deposita la monnezza, in senso lato. La stazione mi ha sempre affascinato, non a caso c’è anche una canzone dei Baustelle, Antropophagus, che parla della stazione.

"Il regno animale" (Mondadori, 2011)

Hai dei riferimenti letterari? Per esempio Bianciardi? O Bret Easton Ellis?
Sì, assolutamente sì. Credo sia innegabile che tutta l’assimilazione che fai da lettore finisca per influenzarti. Le cose che ti piacciono, in particolare, finisci facilmente per farle tue. Bianciardi, Bret Easton Ellis, certo. Magari sotto sotto vorrei assomigliare anche a tanti altri, pur dicendomi di non voler assomigliare a nessuno.


Cosa puoi dire a chi storce il naso di fronte all’ennesimo musicista che decide di mettersi a scrivere libri?
Che sono d’accordo con tale diffidenza. Bisogna essere diffidente dei cantanti che scrivono romanzi. Anzi, io credo che bisogna essere diffidenti in generale. Per quanto mi riguarda, posso dire di aver scritto il libro per motivi del tutto indipendenti dal fatto di essere un cantante. Io un romanzo sognavo di scriverlo dai tempi delle medie. Volevo scrivere un romanzo di Agatha Christie. Non so. Ora l’ho fatto. Sono a posto con la mia coscienza e non posso farci niente se qualcuno non leggerà il mio libro pensando che sia l’ennesimo libro inutile di un cantante.


Hai apprezzato la prosa di qualche rockstar?
Effettivamente ci sono dei casi interessanti. Nick Cave, per esempio, scrive bene sia canzonette che prosa. Poi… non me ne vengono in mente altri (ride, ndr).


Nessun altro?
Ecco, in Italia Emidio Clementi. Facilitato forse dal fatto di non aver mai cantato e dal fatto che le canzoni dei Massimo Volume fossero già dei racconti, è diventato uno scrittore di grande stoffa. Magari sì, a volte può anche capitare che qualcuno si emozioni di più a leggere Nick Cave o Emidio Clementi piuttosto che romanzieri veri e propri.




14 Maggio 2011 alle 15:14 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

Ricerca personalizzata