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Aperitivi Culturali: Sabbatucci indaga complotti, congiure, cospirazioni

di | in: Cultura e Spettacoli, Primo Piano

Giovanni Sabbatucci

Dal melodramma alla storia, un viaggio nel mondo oscuro dell’intrigo


MACERATA, 2011-07-27 – “Complotti, congiure, cospirazioni”. Con questo titolo questa mattina presso gli Antichi Forni di Macerata, Giovanni Sabbatucci ha concluso un primo ciclo di conferenze promosse dall’associazione Sferisterio Cultura nell’ambito degli Aperitivi Culturali.

Accanto al celebre storico appassionato di melodramma che ha insegnato per lungo tempo nell’ateneo maceratese, la docente di Storia Contemporanea Paola Magnarelli e la Presidente dell’Associazione, l’avvocato Cinzia Maroni.

Un tema trasversale e che ben si applica ora alla celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia e ora alle tre opere della 47 stagione lirica.

Come fa notare Sabbatucci infatti, Rigoletto, Ballo in maschera e Così fan tutte sono accomunati dal tema della maschera, travestimento volto all’inganno, capace di “auscultare” la verità o sovvertire lo status quo attraverso la falsificazione e la macchinazione. In Rigoletto il perfido Duca di Mantova si finge un povero studente per approfittare di Gilda; nel Ballo in maschera il travestimento è quello che permette la conclusione tragica della vicenda; in Così fan tutte, Guglielmo e Ferrando assumono le sembianze di due nobili albanesi per provare la fedeltà delle loro dame. Ed è proprio dietro a questo strumento di negazione e dissimulazione che si nasconde il complotto, la congiura, la cospirazione.

Buona parte della lezione di Sabbatucci è incentrata sulla teoria del complotto, parola di dubbia provenienza che assume sempre una connotazione negativa. Si tratta della convinzione secondo cui, dietro gli avvenimenti umani, c’è l’operato di una grande congiura da parte di un gruppo ristretto e potentissimo che agisce, all’insaputa di tutti.

La storia di questa forma di intrigo ha radici profonde che affondano nella Francia pre-rivoluzionaria nella forma di quel complotto aristocratico ordito dalla monarchia col fine di sedare le correnti giacobine che iniziavano ad impazzare. Poco più tardi il complotto diviene proprio giacobino quando serve per motivare il periodo del terrore indetto da Robespierre. Tuttavia al termine in questione si assegna un significato iperbolico fino al 1797, data in cui con il “Mémoíres pour servir à l’histoire du Jacobinisme” , l’abate francese Augustin Barruel svela l’intero losco piano massonico alla base della Rivoluzione Francese. La stessa trama viene poi ripresa in forma romanzata dal Cagliostro di Dumas.

Accanto a questi due tipi di complotto se ne possono poi teorizzare altri due. Il gesuitico che trae origine dall’opera di fantasia “L’ebreo errante” di Eugène Sue. Lo scrittore francese ambienta la sua storia in una modesta casa nella Parigi del 1831 allorché un gesuita ordisce un piano segreto per appropriarsi di una grossa eredità. E poi c’è il complotto giudaico che, sebbene nasca dal pamphlet Il cimitero ebraico di Praga e il Consiglio dei rappresentanti delle Dodici Tribù di Israele, nel 1881 troverà spazio sulle riviste francesi nella forma di pura e vera cronaca. Circola così fino ad originare, non a caso made in Russia, il falso più famoso della storia, I protocolli dei savi anziani di Sion.

Dunque una letteratura vasta quella che si lega al complotto. Una produzione che si ramifica seguendo due strade: la teorizzazione e il puro diletto narrativo.

La valenza negativa riservata al termine, Sabbatucci la lega alla storia del pensiero mazziniano nell’Italia risorgimentale. Si rifiuta infatti la logica iniziatica da setta segreta in favore della lotta a viso aperto: si può cospirare contro il nemico ma non si può complottare.

Per quanto concerne i termini congiura e cospirazione che Sabbatucci considera sinonimi, essi hanno natura ambivalente. A ben vedere proprio l’etimologia del termine cospirare, respirare assieme, denota l’unione nella volontà e nell’opera secondo un proposito comune. Appare dunque una valenza anche positiva in questa unione d’intenti. Il riferimento immediato è alla figura di Bruto, il congiurato più famoso che ad esempio in Dante trova somma condanna nella collocazione nella bocca di Lucifero mentre in Shakespeare e in Leopardi vi è una sorta di assoluzione. È sì un peccatore ma al contempo è un tirannicida dunque una figura non totalmente negativa.

In conclusione il confine tra cospiratore-eroe e cospiratore-impostore è molto labile e ciò che Sabbatucci fa abilmente emergere è che a fare la differenza nel giudizio dei posteri è la bontà della causa per la quale si combatte.




27 Luglio 2011 alle 20:01 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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