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Aperitivi Culturali: Rigoletto diviene Opera a colori

di | in: Cultura e Spettacoli, Primo Piano

un momento dell’evento

Carlo Scheggia trasforma il melodramma verdiano in un albo illustrato per bambini


MACERATA, 2011-07-29 – Chi ha detto che la lirica è cosa da grandi? Che quella sua serietà e ricchezza non possa parlare anche alla semplicità di un bambino? L’elitarismo attraverso il quale la lirica è spesso filtrata fa sì che sia spesso indirizzata a sfere culturalmente e socialmente alte nonché ad un target già maturo anagraficamente e in termini di formazione. Eppure la conferenza che si è tenuta oggi agli Antichi Forni di Macerata nell’ambito degli Aperitivi Culturali, rassegna promossa dall’Associazione Sferisterio Cultura, sembra sancire il percorso contrario.

Rigoletto, un’opera a colori è il titolo dell’albo illustrato scritto e curato dal giornalista Carlo Scheggia che riconverte nella forma più consona alla narrazione infantile, l’opera lirica omonima in programma quest’anno allo Sferisterio di Macerata. Accanto a lui, nella presentazione del libro, la psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione Paola Nicolini, il presidente dell’associazione Fabbrica delle Favole Eleonora Sarti e la curatrice della rassegna, l’avvocato Cinzia Maroni.

La contaminazione della riflessione sulla lirica approda alla letteratura e lo fa con questo singolare albo indirizzato a bambini tra gli 8 e gli 11 anni. L’obiettivo è subito evidente: far conoscere ai più piccoli l’opera lirica attraverso un linguaggio alleggerito ma non superficiale che si affida a quell’ampliamento semantico che solo l’illustrazione sa restituire. “È più complicato scrivere libri per bambini che testi per adulti” confessa Scheggia e non si fa fatica a crederlo dal momento che si ha a che fare con un lettore meno formato ma proprio per questo più libero di immaginare, questionare, ragionare seguendo percorsi ancora non tracciati. Un’opera questa cui ne seguiranno delle altre con il fine ultimo di creare una collana sulla quale possano lavorare concettualmente anche le scuole. La professoressa Nicolini, entusiasta dell’inizio di quella che si prospetta come una collaborazione duratura, torna subito a focalizzare la discussione sul tema della concezione comune del bambino. “Si è soliti considerarlo come un adulto non completo quando invece i bambini in molti casi manifestano una capacità di apprendimento molto superiore a quella di un adulto”.

La libertà di cui gode un soggetto in formazione è ovviamente superiore a quella di un individuo già formato e questo perché non è ancora incatenato a schemi di pensiero nei quali e attraverso i quali leggere il mondo. Accostare il bambino alla lirica non significa solo avvicinarlo a ciò che è tradizionalmente italiano ma anche fornirgli una chiave di lettura fiabesca per interpretare temi più complessi. L’opera utilizza più linguaggi, (il canto, la musica, il testo, la recitazione, l’actio) che garantiscono una varietà di accessi ai contenuti celati.

Allo stesso modo il libro, attraverso il connubio tra parola scritta e immagine è in grado di raccontare la complessità contenutistica dell’opera. La duplicità di Rigoletto è la duplicità che un po’ tutti indossiamo e che si esplicita nel passaggio continuo da un ruolo sociale ad una altro: uno stesso soggetto è ora madre, ora figlia, ora moglie, ora lavoratrice. Con Rigoletto si apre la tematica dell’ambiguità della vita, l’impossibilità in molti casi di distinguere tra bene e male, tra buono e cattivo. Rendere questo conflitto complesso intellegibile per un bambino è possibile attraverso la trama fiabesca.

Rigoletto è sì un giullare di corte perfido e irriverente, ma è anche padre premuroso e protettivo. Figurativamente, come nel caso emblematico del teatro antico, è la maschera a risolvere tale dicotomia.

“Le immagini non sono un semplice contrappunto alle parole – spiega la Sarti – esse sono in grado di raccontare il testo in maniera sorprendente ed autonoma”. E nel sostenere questa tesi ripercorre a larghe falcate un po’ della storia dell’illustrazione a cominciare dai graffiti rupestri capaci di comunicare messaggi in completa assenza testuale, fino alla magia illustrativa di Alice in Wonderland passando per i pionieri dell’illustrazione dal ‘200 al ‘400 tra i quali Giotto.

L’illustrazione non è trasposto didascalico del testo ma è esplorazione psicologica dei personaggi e indagine del campo semantico della parola; individuazione di quel centro che racchiude tutta la sua forza di significato allontanandoci dal quale perdiamo il senso. La difficoltà risiede nella resa di quelle parole che non hanno come referente un oggetto ma un concetto. Come si fa a rendere i termini giustizia, amore, amicizia? Il lavoro si fa più duro sino a che non si riesce, destrutturando e indagando il campo, a raggiungere l’immagine da evocare.

Alla super emozionata Cecilia Tamburrini, illustratrice dell’albo, va dedicata sicuramente qualche riga. In primis per l’abilità e la bravura dimostrata nel lavoro svolto e in secondo luogo per la professionalità che traspare dalle sue parole. L’indagine psicologica dei personaggi e quella descrittiva degli ambienti, la capacità di rendere la complessità del testo attraverso colori tenui acquerellati e punte di nero nelle scene salienti, il tutto a testimonianza della straordinaria autorevolezza con cui opera la macchina Ars in Fabula.

Foto di Angela Astrid Ciarambino




29 Luglio 2011 alle 17:47 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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