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“Essere italiano”, il vecchio Stivale nella mostra partita da Palazzo Buonaccorsi

di | in: Primo Piano

Marzia Migliora

Nel progetto di Miliozzi e Pratesi, tredici videoartisti italiani raccontano l’italianità



MACERATA – In tempi in cui essere italiani richiede un’assunzione di responsabilità spesso molto più vasta di quella attribuibile al singolo individuo, in cui sempre più si suole sperticarsi in sorrisi forzosi per rispondere alle frecciatine irriverenti ma ahimè fondate che scoccano oltre confine, David Miliozzi e Ludovico Pratesi hanno l’incoscienza di presentare “Essere italiano”, un viaggio nell’identità del Bel Paese visto con gli occhi di tredici “giovani” artisti italiani. L’azzardo non sta solo nella sostanza, (la tematica è impegnativa di questi tempi), ma anche e soprattutto nella forma. Si tratta infatti di 13 opere di videoarte che sono state installate, dal 16 al 18 dicembre, in un contesto classico e italianissimo come quello del piano nobile di Palazzo Buonaccorsi a Macerata.

Mi è occorso del tempo, non lo nego, per raccogliere le idee su questo progetto coraggioso nato con la collaborazione di Coltorti e Macerata Musei, che dalla piccola provincia marchigiana si sposterà lungo lo Stivale. Il tempo è servito per macerare sensazioni, lasciar decantare bollori alcolici che ne avrebbero alterato il gusto.

David Miliozzi e Ludovico Pratesi istillano delle domande. Cos’è oggi l’identità? Chi è l’italiano oggi? Il discorso suggerito si struttura in immagine e parola, un tragitto all’interno di una italianità sfaccetta che coniuga in maniera sintetica in senso chimico, l’elemento visivo e quello verbale. Il tentativo quasi cinematografico è quello di fondere alla stregua di un film, i due codici narrativi in maniera che vi sia un inscindibile legame tra imago e verbum. Alle opere è infatti collegato il lavoro narrativo di nove scrittori. Una identità ultravisuale, come viene definita nel catalogo, descritta in racconti di 7000 battute. Oltre la lieve corporeità dello scritto cui si approda solo e quasi esclusivamente dopo aver dato un’occhiata al catalogo, ciò che coglie subito il visitatore è l’impatto visivo di un percorso per tappe, una interrogazione che si diparte da due concetti fondamentali: l’identità individuale e quella sociale. Il tratteggiare una medesimezza collettiva (trasposizione artigia di identitatem dal latino idem), sociale di crisi, a partire dall’individuazione delle problematiche dell’identità del singolo. La carne sul fuoco è molta a dire il vero. Oltre alle due categorie di riflessione, sottende l’intero percorso un iter cronologico che inizia negli anni ’90.

Il primo scenario che si apre al visitatore pone un parallelismo che mette a confronto in maniera quasi antitetica due concezioni del corpo. Vanessa Beecroft con i suoi nudi di donna statici esposti al Palazzo Ducale di Genova, statuari nella bellezza, nella postura, nell’illuminazione caravaggesca e Forever Overhead di Marzia Migliora in cui un nuotatore si prepara al tuffo, passaggio catartico tra passato e futuro, anafora visiva del nuotatore di Paestum che campeggia sul fondo. L’identità individuale evolve poi, nell’opera di Ra di Martino, in un french can can che stravolge la tradizione e la gioia del ballo e diviene squallido e faticoso esercizio di un transessuale, un precario ballo per restare verticali sul bordo dell’emarginazione.

Sul corpo interviene ancora Diego Perrone, che propone un Totò, ormai anziano che nella ricostruzione 3D, si denuda completamente sino a sdraiarsi per terra nel freddo di un bosco innevato. All’Italia così denudata segue la metafora esplicita della condizione contemporanea di un Paese immerso nella spazzatura, simbolicamente e realmente, con Dump Queen, l’opera di Goldi &Chiari, in cui una ballerina di samba danza con alle spalle una discarica. Ed ancora sulla aliena condizione del margine intervengono Botto&Bruno che descrivono la periferia fumosa della Torino operaia, nell’esemplificazione di un cantiere dove giocano i bambini.

Il corpo stanco di un anziano che faticosamente cena, simboleggia un Paese esausto che arranca tra la crisi demografica e lo sfinimento politico. Ieri come oggi esso è, come dimostra sia Patrizio di Massimo che i fratelli De Serio, una disastrosa cavalcata nella storia italiana: dalla terribile campagna in Libia, alle deplorevoli abitudini ideologiche dell’Italia democristiana degli anni ’50. Il tono politico pervade anche l’opera di Rossella Biscotti che denuncia la condizione di malessere degli immigrati in terra italiana. L’ironia solita dei lavori di una visionaria Lara Favaretto pone l’osservatore di fronte alla questione della condotta neofita di un gruppo di persone inesperte, che tentano di sollevare due asini con l’intento di creare una figura triangolare. Un aspetto ludico e surreale tipico italiano di dar vita a quel processo collettivo di finzione fiabesca e di scarto con la realtà. E della stessa eversiva ironia si tinge il lavoro di Elisabetta Benassi che ci costringe ad una rivoluzione copernicana di senso quando ci ritroviamo a soffrire di solitudine accanto alla celebre Monna Lisa di Leonardo, ammirata e sola mentre al suo cospetto si consumano le carezze e i dolci tocchi d’affetto dei visitatori.

“Essere italiano” ci costringe esattamente a tale cambiamento di prospettive. L’Italia bistrattata e l’italiano ridotto ad essere medio, vengono ripresi e criticati. E la critica qui recupera quella visione a tutto tondo che ha l’arte del kritikè, del distinguere. La dolcezza e il rammarico di fronte al corpo di un Paese ferito ed umiliato, diviene anche medicina in grado di curarlo e questo perchè lo sguardo indagatore è quello di artisti eccellenti ed essi stessi corpo italiano. L’identità, la capacità di rispondere al “chi sono?” abbandona finalmente il terreno della moda, quel conferimento di potere semantico al nulla, divenuto la ricetta povera dell’idem-medesimo e ritorna ad appropriarsi dello spazio critico riservato allo scarto, il solo in grado di cogliere le distinzioni e per questo le identità.




23 Dicembre 2011 alle 22:36 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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