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Adriano Olivetti, “In me non c’è che futuro”

di | in: Cultura e Spettacoli

Adriano Olivetti

IL RITRATTO DI ADRIANO OLIVETTI in onda martedì 1° maggio su Rai 5


Realizzato con il sostegno di Marche Film Commission racconta la figura dello storico imprenditore piemontese anche attraverso la testimonianza di Enrico Loccioni. Marcolini: “Olivetti aveva capito che Economia e Cultura vanno di pari passo. Un esempio da cui trarre valori ancora più attuali nella dimensione di crisi che stiamo vivendo”.


Andrà in onda martedì 1 maggio su Rai5 in prima serata (replica domenica) il documentario diretto da Michele Fasano “IN ME NON C’E’ CHE FUTURO…”- sostenuto e promosso da Marche Film Commission Fondazione Marche Cinema Multimedia. E’ il ritratto di Adriano Olivetti, scritto da Francesco Novare, Michele Menna e dallo stesso regista in 144 minuti, raccontato anche attraverso alcune testimonianze e rileggendo l’originale filosofia d’approccio ai processi di industrializzazione, messa in atto dai primi anni del dopoguerra.

Questo prodotto cinematografico –commenta l’assessore alla Cultura Pietro Marcolini che ha seguito il progetto fin dall’inizio– riveste in un momento come questo non solo un forte valore culturale, ma anche sociale. Mettere in luce la visione di Adriano Olivetti sul ruolo dell’impresa è oggi un’operazione che va al di là del racconto e del ricordo in sé. La poliedrica personalità di Olivetti, che lo porta ad occuparsi in modo fortemente innovativo anche di problemi sociali e politici, di urbanistica, architettura, cultura ed editoria, deve essere ricordata dalla classe imprenditoriale, politica e ancor più conosciuta dai giovani. Fondatore di riviste, uomo di cultura, innovatore, valorizzatore del territorio, la sua figura eclettica non può che rimandare al concetto di Cultura in senso ampio. Ci rende, quindi, orgogliosi – prosegue Marcolini – che un documentario sulla sua vita e sulla sua concezione di impresa sia stato realizzato con il sostegno della Regione Marche e girato anche in un territorio, il nostro, ricco di un tessuto produttivo che è stato un modello, che ha avuto e ha ancora come riferimenti i valori dell’umanesimo economico. Olivetti è l’esempio di un italiano a cui ancora ispirarsi, anzi a maggior ragione nella dimensione congiunturale che stiamo vivendo. Egli aveva capito come l’Economia e la Cultura viaggiassero con lo stesso passo e con gli stessi obiettivi di accrescimento della qualità di vita. Aveva capito come la Cultura riassuma la sostanza di un’economia della qualità, in grado di coniugare competitività e valorizzazione del capitale umano, crescita economica, rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, produttività e coesione sociale.”

Il documentario –spiega il regista Fasano– dedica particolare attenzione alla responsabilità sociale dell’impresa, il suo rapporto virtuoso col territorio, la qualità della gestione delle risorse umane e la promozione della persona”. Tale approccio imprenditoriale viene attualizzato nel contesto della realtà della nostra regione, attraverso l’intervista all’imprenditore marchigiano Enrico Loccioni, che ha ricevuto recentemente il premio Ivrea come imprenditore Olivettiano. Il racconto viene reso, dal punto di vista cinematografico, evitando “santificazioni” e celebrazioni nostalgiche, che finirebbero solo per relegare l’esperienza olivettiana in un contesto economico e socio-politico legato ad un periodo storico oramai concluso. Ciò consente di allargare all’intero territorio della regione Marche la scoperta della presenza di un modo virtuoso e diffuso di pensare e fare impresa.

La forza del racconto di “In me non c’è che futuro”, girato in parte a Serra San Quirico, risiede dunque nella sua capacità di rendere per immagini, attraverso il sapiente mix di materiali d’archivio e testimonianze dei giorni nostri, il lungo percorso, iniziato quasi un secolo fa, dell’utopistico progetto di Camillo e Adriano Olivetti. Prodotto da Sattva Films production and school, il documentario contiene le testimonianze anche di Alfredo Galasso, Francesco Novara, Guido Sarchielli, Giuseppe Varchetta, Stefano Zamagni.




27 Aprile 2012 alle 20:48 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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