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Bosso e la Colours Jazz Orchestra, sold out per la chiusura del TLR Jazz

di | in: Cultura e Spettacoli

un momento del concerto, foto Andrea Feliziani

MACERATA – Pochi passi sul palco e già qualcuno lo accoglie con un “Grazie Fabrizio!” e il Lauro Rossi esplode in una bolgia di applausi. Acclamato come fosse una rockstar, Fabrizio Bosso torna a Macerata, (perché non si tratta di una prima volta), per la chiusura del TLR Jazz. Un nome, una garanzia di qualità.

I ragazzi di Musicamdo, sotto l’abile guida di “mister jazz” Paolo Piangiarelli hanno portato in scena quest’anno ben sette concerti di altissimo livello facendo spesso il pienone di presenze. E sabato sera, per il gran finale è stato un sold out.

Già, perché se a far da traino è stato il nome del trombettista Fabrizio Bosso, non si può negare che altro motivo di interesse e curiosità è stato rappresentato dalla copresenza sul palco della Colours Jazz Orchestra. Ben dieci gli anni di vita da festeggiare per questa orchestra nata nelle Marche dall’idea del trombonista, compositore nonché direttore Massimo Morganti.

“Anche noi siamo amici, – ironizza Morganti – ma grazie per averci preferiti stasera allo show della De Filippi!” e il pubblico gli fa eco con una benevola risata.

Ben 17 elementi sul palco, con una forte predominanza di fiati suddivisi in sassofoni, trombe e tromboni. Poi chitarra, pianoforte, contrabbasso e batteria.

L’atmosfera non tarda a scaldarsi: la Colours Jazz Orchestra propone due pezzi di Maria Schneide, e attacca subito con gran foga affidando alla potenza dei fiati la più imponente valenza suggestiva. La pecca di questa orchestrazione sta probabilmente nel fatto che chitarra, piano e contrabbasso faticano a far sentire la propria voce schiacciati, così come sono, dalla veemenza di trombe e sax. Come se avessero intuito la problematica, il secondo pezzo apre con un piano solo cui gradualmente si aggiungono i fiati che ricalcano il motivo del piano e lasciano che la melodia raggiunga la propria completezza con l’innesto della base ritmica della batteria di Massimo Manzi e l’arpeggio della chitarra di Luca Pecchia.

Con Fabrizio Bosso, presentato dal maestro Morganti, lo spettacolo tocca le corde di quella stessa perfezione che aveva contraddistinto nel 2006 il concerto al Lauro Rossi tenuto da Renato Sellani e dallo stesso Bosso. Il suono della tromba striscia come dita bagnate sullo specchio, corre in velocità, si fa sinuosa e traccia percorsi inediti nella melodia. L’esecuzione diviene riflessiva e coglie spunti geniali; poi vira energica verso l’articolazione di un suono sempre puro anche quando estremamente complesso. Bosso dimostra una capacità unica di controllo dello strumento, di conoscenza del suo linguaggio, riesce a sezionare la melodia creandone micronuclei tematici. Può sussurrare, e cantare a perdifiato, giocare con gli altri fiati e poi burlarsi di se stesso producendo un suono e facendone il verso. Ridere di sé e far ridere il pubblico.

L’architettura sonora si fa corpo solido dove l’orchestra stende un tappeto sonoro cui di volta in volta emerge uno spazio di assolo.

Con “Last school day”, brano scritto dal chitarrista Luca Pecchia, l’atmosfera si fa bonariamente nostalgica, romanticamente positiva. Sembrerebbe chiudersi qui il concerto ma il pubblico ne chiede ancora e, come in un’arena, richiama sul palco i musicisti. Tre pezzi da “Quando mi innamoro in jazz”, lavoro discografico della Colour Jazz Orchestra, energia, eleganza e atmosfere vintage, poi l’apice dell’intensità si raggiunge nel dialogo a tre tra Bosso, Samuele Garofoli (tromba) e Giacomo Uncini (tromba).

“La nostra musica sarebbe inutile senza di voi!”, grida Bosso e sigilla così un concerto eccezionale per intensità e suggestione.




24 Aprile 2012 alle 19:18 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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