Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 22:12 di Gio 2 Mag 2024

A Popsophia, Simone Regazzoni indaga la Pornosophia

di | in: Primo Piano

Popsophia

Il filosofo genovese racconta il libro che ha scatenato tante polemiche


CIVITANOVA MARCHE – Lo si aspettava da giorni. Tra polemiche e curiosità l’appuntamento sulla Pornosophia è stato forse uno dei più attesi di questo primo weekend.

Alle 21.30 il Chiostro di Sant’Agostino traboccava di gente: tutti lì per il pop filosofo ormai di casa Simone Regazzoni. La sua “filosofia geneticamente modificata”, come giustamente ricorda Lucrezia Ercoli, è quella che si rivolge alla contemporaneità senza chiudere gli occhi sui fenomeni scottanti che ci circondano. Ed infatti, Regazzoni pubblica per Ponte alle grazie, nel 2010, Pornosofia, lavoro che provocherà nella sua vita accademica non pochi grattacapi. In Italia questo accade; in Europa sarebbe stato l’ennesimo libro sul tema.

Eppure come ignorare un fenomeno che non accenna a crisi? Come essere ciechi di fronte alla “cosa pornografica”, colei che nel proprio statuto ha la caratteristica di essere estremamente comune eppure capace di subire il segreto pubblico? Il perturbante, lo spettro (da esorcizzare) che assilla lo spazio pubblico, il massimo degrado del soggetto, il pungolo della politica da Kennedy a Clinton, da Walter Acha a Silvio Berlusconi.

Regazzoni inizia subito con l’indagare i legami tra la pornografia e lo spazio democratico. “Oggi non esiste spazio democratico che neghi la pornografia”, asserisce il filosofo genovese, “una democrazia è tale solo quando permette alla gente di fruire di quello che provoca il proprio piacere personale”. Implicito nel discorso di Regazzoni il fatto che il limite da non travalicare rimane sempre non nuocere la libertà dell’altro. A ben vedere infatti, se una società tutela il diritto all’oggetto perturbante, di conseguenza sarà garante di tutti gli altri diritti meno “problematici”: come a dire, parafrasando la formula retorica, “se si può il più, si può il meno”. A supporto della sua tesi, fa notare come in tutte le società non democratiche manchi in assoluto il diritto a fruire dell’oggetto pornografico.

La riflessione sulla pornografia riguarda la stessa sua condizione ontologica: se è porno ciò che è osceno, come si definisce l’oscenità? Se una performance della famosa pornostar Cicciolina è da considerarsi oscena, ecco che trasportata al Moma di New York in un lavoro dell’artista Jeff Koons perde il suo statuto di porno e diviene arte. È dunque osceno, quello che in un certo contesto culturale alcuni soggetti di potere decidono che sia tale.

Regazzoni risponde anche alle critiche che riguardano la reificazione del corpo femminile e maschile: il corpo nel porno è solo strumento, e l’individuo è ridotto ad un oggetto. Il punto, fa notare il filosofo, è che il porno mette in scena, in una cornice di fiction, il soggetto in un corpo carnale, ossia un corpo non controllabile. Tutt’altro dunque che uno strumento. In realtà utilizziamo costantemente il corpo come strumento a noi asservito, controllato, ridotto ad oggetto, se non in due occasioni: quando proviamo dolore, e quando proviamo forte eccitazione. Cioè quando il corpo riprende il sopravvento sulla nostra mente. Il porno, essendo la punta estrema di eccitazione, l’eros pandemos per dirla con Platone, è l’unica esperienza che del due fa uno: nella perdita dell’ordine corporeo, la carne lega indissolubilmente la sfera alta di ricerca dell’altro e quella bassa, carnale. Come in un quadro di Bacon, è il corpo, la carne, nella non riconoscibilità del soggetto, a prendere il sopravvento. “Non c’è esperienza erotica, – conclude Regazzoni, – che non sia esperienza di profanazione, rottura della cornice che dà valore al soggetto”. E proprio come afferma Lévinas è la profanazione a svelare l’invisibile.


httpv://www.youtube.com/watch?v=vGIx1RxKXA8




15 Luglio 2012 alle 16:01 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

Ricerca personalizzata