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Troppa burocrazia fa male anche ai Comuni

di | in: Editoriali

Roberto De Angelis-un momento dell’intervista a Tg2 Dossier

di Roberto De Angelis*


Negli ultimi vent’anni la semplificazione amministrativa per superare la “burocrazia inutile e dannosa” è diventata una costante nella discussione parlamentare e altrettanto intensa è stata la produzione normativa. Tuttavia, ancora oggi siamo di fronte alla necessità di collocare il tema della semplificazione tra le priorità dell’agenda politico istituzionale del Paese, perché l’introduzione di strumenti e istituti amministrativi innovativi non sono stati ancora sufficienti a rendere le strutture pubbliche adeguate alle esigenze del sistema produttivo, alle aspettative dei cittadini, ai carichi di lavoro dei responsabili degli uffici.


Numerosi sono i vincoli che si inseriscono lungo il percorso che porta alla realizzazione di una completa semplificazione amministrativa, a partire dalla persistente frammentazione istituzionale e dalla scarsa interoperabilità telematica tra le diverse amministrazioni.


L’informatizzazione dei processi di lavoro quasi ovunque hanno permesso di migliorare le performance organizzative, ma alla prova dei fatti, questa leva, non si mostra sufficiente per il concreto e duraturo impianto di sistema di semplificazione. Quasi la totalità delle amministrazioni comunali ad esempio possiede una qualche forma di protocollo informatico (a fronte di importanti investimenti) ma spesso hanno un basso livello di automazione nella gestione dei flussi documentali e degli archivi. Questo significa, sul piano operativo, che anche le pratiche che vengono protocollate in ingresso per via telematica, proseguono il loro iter in forma cartaceo e terminato il percorso amministrativo vengono archiviate con relativo spreco di risorse e di tempo.


La dematerializzazione dei procedimenti amministrativi, l’interscambio dati e la realizzazione delle “grandi anagrafi” sono tra le linee di azione maggiormente significative ai fini della riduzione della spesa pubblica.

Tuttavia ancora oggi il canale di gran lunga più utilizzato per raccogliere le istanze dei cittadini è quello del contatto diretto agli sportelli, soprattutto di fronte ad utenti “non giovani”. Poca è la propensione all’utilizzo dell’email, della pec, della firma digitale. D’altro canto, ancora molti comuni d’Italia, specie dell’entroterra o comunque con una densità abitativa medio-bassa, non hanno ancora la possibilità di collegarsi ad Internet ad alta velocità di trasmissione (banda larga) mediante la tecnologia ADSL salvo l’eventuale ricorso alla rete alternativa Wi-Fi o Wi-Max. Il problema del divario digitale e dell’ammodernamento della rete di telecomunicazioni è altrettanto attualissimo. Pertanto anche l’accesso e l’uso della telematica avviene a macchie di leopardo, a seconda della copertura o meno dei territori comunali con le reti di telecomunicazione richiamate.


Chi nei Comuni si aspettava un processo di ammodernamento o di razionalizzazione burocratica non può che restare deluso. La giungla delle verifiche burocratiche cresce disordinata e a dismisura. Ogni giorno la fila degli adempimenti si infittisce di nuovi obblighi, neppure leggeri. Diverse le certificazioni da produrre per attestare le informazioni dei bilanci comunali, evidenti i doppioni che comportano invii telematici e cartacei a diversi organi di competenza; moltiplicate le duplicazioni delle fasi che prevedono la pubblicazione sul sito dell’ente, ma anche inviati (su carta) alla Corte dei Conti o alla Funzione pubblica. L’elenco delle verifiche, peraltro, non abbraccia la totalità degli obblighi che gravano sugli uffici amministrativi degli enti locali, appesantiti anche dal calendario delle certificazioni rivolte al collegio dei revisori o al nucleo di valutazione, numerose in materia di personale.


L’ingresso ad esempio nel Patto di stabilità dei Comuni con popolazione compresa fra mille e cinquemila abitanti a partire dal 1 gennaio 2013, non accenderà solo il semaforo rosso nella spesa per investimenti, ma scaturirà altri fenomeni patologici sul piano della burocrazia che il meccanismo del patto si porta con sé, in particolare nei contesti poveri di risorse umane: monitoraggi, certificazioni, controlli dei revisori dei conti, controlli della Corte dei conti e di altri soggetti esterni, prospetti da allegare ai bilanci preventivi e alle variazioni, programmazione dei pagamenti in conto capitale, visti di compatibilità monetaria eccetera eccetera gravando ulteriormente sul carico di lavori degli uffici di ragioneria dei comuni.


L’ampliamento delle competenze locali sull’organizzazione amministrativa dei comuni medesimi continua inesorabilmente malgrado il carico burocratico gravanti sui responsabili degli uffici comunali, negli ultimi anni, è aumentato a dismisura. Crescono i sportelli unici. Il lavoro di back office degli uffici con i controlli ex post sono stati fortemente appesantiti. I controlli sono stati scaricati quasi tutti sui Comuni senza assegnare loro risorse finanziarie e umane. Il cittadino autocertifica e dichiara mentre il responsabile dell’Ufficio del Comune deve fare le verifiche delle autocertificazioni: per i procedimenti di propria competenza, anche presso altre P.A.; deve inoltre fornire informazioni e certificazioni a tutte le altre P.A. (Tribunali, Questure, A.S.U.R. ecc.) che effettuano verifiche sui loro procedimenti. Dalla legge 241/90 a tutta la più recente normativa, i tempi che scandiscono un procedimento sono sempre più ristretti. E’ previsto l’obbligo di una serie di comunicazioni al cittadino, inerenti la sua partecipazione al procedimento, richiami normativi, tempistica, individuazione dei soggetti interessati, conclusioni dei procedimenti e cosi via. E non c’è bidirezionalità ed interscambiabilità delle informazioni fra il Comune e gli altri numerosi Enti.


Purtroppo nel nostro ordinamento i procedimenti amministrativi sono numerosissimi, frammentati in tantissime fasi, prevedono un numero molto elevato di adempimenti e sono spesso regolati da una pluralità di norme. Il rapporto tra Stato e Regioni in materia di qualità della normazione, soprattutto dopo la riforma del titolo V della Costituzione, non ha conseguito un soddisfacente stato di equilibrio. In altre parole, la qualità della normazione e delle regolamentazioni è pessima. Si dovrebbe in primis cambiare il modo di normare.


In secondo luogo la semplificazione burocratica è un pezzo di un più generale programma di riorganizzazione che dovrebbe comportare interventi di formazione del personale e l’introduzione di tecnologie informatiche. Occorre modificare le competenze e il modo di agire (e la cultura) di quelle esistenti, sia dei funzionari che dei cittadini.


La semplificazione non si può perseguire pertanto con decreti legge e la logica degli annunci senza investimenti. Non esiste innovazione a costo zero.


Occorre una visione strategica complessiva e di periodo lungo che ne garantisce la riuscita. Le spinte più importanti dovrebbero venire dal Governo centrale e dal Governo regionale, sotto forma di concessioni di finanziamenti, di fornitura di infrastrutture tecnologiche, di realizzazione di interventi di formazione.


Alle carenze della legislazione di sistema si sovrappone ora la legislazione emergenziale di restrizione finanziaria (attesa, enfatizzata, ma nient’affatto certa) ed a causa del magmatico sovrapporsi di interventi normativi, sta derivando solo lo scompaginamento di un complesso e sedimentato sistema di relazioni istituzionali, che impoverisce il sistema autonomistico senza effetti virtuosi neppure sul piano della finanza pubblica. Infatti gli interventi proposti ad esempio per il riordino delle province e l’associazionismo obbligatorio dei piccoli comuni non sono inseriti in quadro di una complessiva riorganizzazione del sistema della autonomie. Si pensi ad esempio come è avvenuta la ridefinizione delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province che non è certo rivolta a obiettivi di maggiore razionalità sistemica, per il migliore esercizio delle funzioni medesime, cioè per garantire l’efficienza complessiva del sistema locale.


Si segnala che opportunamente l’articolo 19 della cosiddetta spending review è intervenuto per garantire che le attività riconducibili alla ICT vengano comunque gestite in forma associata. Testualmente il comma 1, lettera b) dispone che “se l’esercizio delle funzioni fondamentali è legato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal presente articolo, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l’approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell’informatica”.

In altri termini il legislatore ha stabilito che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione non costituiscono una funzione amministrativa fondamentale, ma sono delle attività che risultano necessarie per la gestione delle funzioni e che debbano essere necessariamente gestire in forma associata, rispettando gli stessi vincoli di risparmio e le stesse indicazioni dettate per la gestione associata delle funzioni fondamentali.


Ovviamente tutto facile a dirsi, come sempre. Rimane, purtroppo, il grosso problema di fondo: chi pagherà gli investimenti tecnologici? Non si fanno le nozze con i fichi secchi!


*Sindaco di Cossignano 

 


 

Roberto De Angelis-un momento dell'intervista a Tg2 Dossier

“Labirinti di carta” è il titolo della puntata di Tg2 Dossier, andato in onda sabato 27 ottobre 2012 alle 23.45 su Rai 2. 

Sul tema il Sindaco di Cossignano Roberto De Angelis è stato intervistato dal giornalista Marco Bezmalinovich nel settembre scorso, e parte dell’intervista è andata in onda nel servizio

http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/RUBRICHE/PublishingBlock-8f49a286-7527-4264-9979-72b4aca618d8.html


Tema della puntata “la burocrazia”, che dove funziona garantisce efficienza ed universalità, omogeneità e coerenza delle decisioni, rispetto delle regole e certezza del diritto, nel nostro paese è percepita come un meccanismo farraginoso e incomprensibile, sinonimo di lentezza e spesso di corruzione. Non passa giorno che sui giornali non esca un articolo, un rapporto, una denuncia. Storie di ordinarie difficoltà nel rapporto tra cittadini e amministrazioni pubbliche e di inestricabili “labirinti di carta”.




6 Novembre 2012 alle 17:38 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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