Pier Paolo Ruffinengo: “… a l’università di Tinella”
di Redazione | in: Primo Pianodi Massimo Consorti
Eppure doveva essere solo la presentazione di un libro
Non ci sentiamo vittime della secolarizzazione, piuttosto esseri pensanti ai quali è difficile parlare per assiomi, per assoluti. Siamo figli del dubbio e come tali tendiamo a relativizzare tutto, sentimenti compresi. Ma poi ci capita di vedere un frate domenicano che si toglie i sandali e tocca l’acqua, si china fino a bagnarsi le mani, e quel rapporto così intimo che si sviluppa sotto i nostri occhi, ci dà anche il senso della dimensione della fede. Per chi l’ha avuta, persa e mai ritrovata, il discorso sulla fede, sul “credere”, è di una difficoltà insormontabile. A volte si pone di fronte ai fatti della vita con un cinismo quasi pari a quello dei segretari di stato vaticani, gente così, preti perché indossano una tonaca. Pier Paolo Ruffinengo invece, docente universitario, filosofo, studioso di metafisica e di Heidegger, tocca l’acqua per assaporarne la forza di elemento, di natura, di dimensione extracorporea. Poi, di fronte alla platea, Ruffinengo parla di Sein und Zeit ma anche del rapporto tenerissimo con la madre, con il padre, con una famiglia rispettosa della media dei figli vigente all’epoca. E l’università di Tinella non era altro che il luogo in cui un frate insegnava ai figli dei contadini a leggere, scrivere e far di conto. Un Piemontecontadino e vignaiolo, quello raccontato da Ruffinengo nel suo libro, ma anche una terra buona, da uva di pregio, che però non riusciva a fornire il necessario per guardare con occhi diversi a un futuro possibile, spesso, solo a Torino. Ecco, se il senso del rapporto diPier Paolo Ruffinengo con l’immanente può essere risolto con un clic, quello con le gioie e i dolori della vita quotidiana passa attraverso un viaggio iniziato, ma mai finito, nelle terre delle langhe e di Pavese.