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Alban Lefranc “Il ring invisibile”

di | in: Primo Piano, Recensioni

“Il ring invisibile” (66th and 2nd, 2013 – pag. 152, euro 15)

 

Alban Lefranc, poeta e traduttore francese specializzato in biografie romanzate di personaggi come la rockeuse Nico, il regista Fassbinder e i terroristi della Raf Baader e Ensslin, si misura col mito di Cassius Clay/Muhammad Ali, “The Greatest of All Time”. Con “Il ring invisibile”, Lefranc si è aggiudicato il Grand Prix Sport et Littérature 2013.

 

Un giovane nero picchiato a morte da un gruppo di bianchi per aver osato alzare gli occhi su una delle loro donne, massacrato, maciullato, ingoiato dal Mississippi. Si chiamava Emmett Till e aveva soltanto quattordici anni quando nell’agosto 1955 fu sacrificato e gettato nel fiume per ricalcare il lurido confine della razza.

Il suo omicidio segna la giovinezza del coetaneo Cassius da Louisville, Kentucky, si cristallizza nella sua mente, brucia e morde. «Ascolta, Emmett», dice Cassius, «ascolta la mia promessa: a te che non hai più una faccia, io darò la mia. Andrai per il mondo con i miei occhi e la mia bocca, sotto la protezione dei miei pugni». Cassius tiene la guardia bassa, se lo può permettere perché schiva i colpi come nessun altro. Non schiva lateralmente, contro tutti i principi della boxe indietreggia frontalmente, sfida la gravità, fissato al proprio equilibrio mentale. «Non resisterai a lungo così», gli dicono, ma lui sa che nessuno riuscirà mai a sfiorare il suo volto. Indietreggia danzando, i suoi avversari si sfiancano nel vuoto, «dov’è il corpo di prima, il corpo dell’istante precedente, quello che ormai non c’è più», e sfiancandosi si espongono. Lì Cassius punge, come un’ape. Lì Cassius affonda, al fegato, al mento, alle tempie. Scolpisce colpi dal suo corpo scolpito, non lascia scampo, destinato com’è al regno del ring, senza disperdere nulla, continuando a ruminare il nome di Emmett Till senza riuscire a digerirlo, lasciandolo gridare dopo ogni KO. Fino al febbraio 1964, all’incontro per il titolo contro il mostruoso Sonny Liston. Fino a quei sei round di storia, perché da lì in poi Cassius non appartiene più a Cassius e nemmeno ad Ali, non appartiene più ai neri e nemmeno ai bianchi, da lì in poi il suo nome riempie i bar e i marciapiedi, si moltiplica tra le bocche, diventa l’amore magnifico, traboccherà di gloria e di inevitabile povera fine.




9 Dicembre 2013 alle 11:11 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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