Alcune domande al direttore Maurizio Boldrini. Qual è l’elemento che più caratterizza la Scuola del Minimo?
La costante progressione sullo studio del linguaggio espressivo, al Minimo non ci sono repliche didattiche e spettacolari, bensì una continua evoluzione, gli allievi d’un tempo che tornano a farci visita spesso mi dicono che non riconoscono più quello che si fa tanto è per loro nuovo.
Capi di Stato e Papi le hanno scritto per ringraziarla delle sue ricerche e spettacoli, sarà per lei una grande soddisfazione!
Mi fa certo piacere, a tutti fa piacere il riconoscimento del proprio valore, ma non riesco ancora ad abituarmi a spiegare, dopo tanti anni, cos’è il Minimo a certi amministratori che ignorano del tutto la nostra vicenda. E’ tutto così paradossale, magari a Cuba o a Barcellona o a Milano, Bologna, Torino, Roma studiano recitazione su miei studi elaborati con gli allievi e però a Macerata magari ancora mi tocca spiegare cos’è il Minimo Teatro.
Si narra che lei sappia far recitare anche le pietre.
E che ci vuole far recitare le pietre, basta illuminarle con un buon taglio di luce, fare poi una dissolvenza manuale calibrata e il giochetto e fatto. Altra cosa è mettere in grado una persona di saper esprimere il proprio essere, facendo affiorare delicatamente inaspettate risorse intime, in questo senso non si tratta certo di un giochetto, bensì di un gioco serio e affascinante.
Che arriva fino all’Ingegneria Umanistica.
La classe di ingegneria Umanistica è composta da allievi e allieve che già hanno frequentato in anni passati il corso base, però anche i nuovi allievi possono parteciparvi come uditori, è il vertice delle nostre ricerche, quest’anno abbiamo iniziato a studiare l’anima dell’artista: cos’è e dove, quando, come perché muove.