Benvenuto e Buona Navigazione, sono le ore 19:24 di Sab 27 Apr 2024

BACI

di | in: Primo Piano

23 NOV 2009 – Parlando di sesso sfrenato (con l’avanzare dell’età mi accorgo di ricorrere a tale succedaneo sempre più spesso), nella mia vita sono due gli atti di alto contenuto erotico che ricordo mi abbiano coinvolto totalmente.  Uno di tendenza gay (ebbene sì!) e uno etero, tutti però di uguale tipologia espressiva: baci. Sulla bocca.

Parlo subito, velocemente e con imbarazzo estremo, di quello gay.

Quando la Sinistra vinse le elezioni, son molti anni ormai, ero presente fin dal primo pomeriggio  con mia moglie nella piazza S.S. Apostoli a Roma, in mezzo ad una grande folla plaudente verso il palco dei VIP politici sinistrorsi ed in febbrile attesa dei risultati. Noi due, mia moglie ed io, siamo di Destra, l’ho scritto più volte, ma per l’occasione ci eravamo travestiti ad arte indossando dei gran fazzoletti rossi rispettivamente al collo, io, e sulla testa tipo mondina, mia moglie. In occasioni similari, ed in quella non ci fu eccezione, mia moglie fissandomi negli occhi e poi facendo scorrere lo sguardo sulla barba che mi incornicia la faccia, dice sempre una frase che mi prostra e mi fa sentire in colpa: “ Almeno tu fossi stato il Che, che altra vita avrei vissuto!”.

Non so quanti salti avevamo già eseguito partecipando al volere della folla quando gridava “chi non salta Berlusconi è!”;  invece,  partecipammo solo parzialmente alle grida di popolo perché, non avendo saputo ben modulare il volume delle nostre, eravamo già afoni dopo un paio d’ore di piazza.

Si fece buio e col buio venne la fame ma noi, come tutti gli altri, ci astenemmo dal disertare la riunione oceanica e ci sentimmo uniti dall’ideale fraterno che in ognuno allocava: sacrificio, sacrificio per la vittoria! Nessuno andava a mangiare.  Davanti a me, un antico romano, sicuramente pensando al leader politico nemico, esclamò con voce baritonale  che avrebbe voluto “ Aliquem fame necare!”. Dalle vicinanze, un romano moderno subito gli rispose nel volgare locale “ Parla come mangi e siccome non si mangia, stai zitto!”.

Le ore passavano, gli astanti si sostenevano politicamente, vieppiù in gergo, con frasi accorate del tipo: “ Se vinciamo, gli facciamo un ano così!”; “Dio! Fammi vincere che a casa ho pronta la pajada!”.

Successe, a notte avanzata.

Un fremito percorse la folla. Sul palco dei VIP in fondo alla piazza salì Fassino, prese il microfono e disse ansimando :

“Compagni…. “ scese un silenzio assoluto, sembrava avesse corso dalle Termopili “….Vittoria!”.

Lì, in quel momento, successe. Infatti gioia e sesso sono un tutt’uno. Nel caso specifico, come detto, sesso gay. Mi abbracciai col vicino, uno sconosciuto, anche lui dotato di folta barba: e, non mi nascondo, fu d’amore, l’abbraccio. Dall’abbraccio, giudicato da entrambi insufficiente, passammo al bacio. L’ardore ci portò ad inclinare le teste dallo stesso lato e ad unire, anzicchè le barbe laterali, i rispettivi folti baffi frontali!  Fu un attimo, perdio! I baffi non divisero ciò che la politica univa: il bacio fu sulla bocca.

Da quel dì continuo a dirmi che fu un bacio di gioia ma oggi mi voglio liberare: non fu di gioia, fu sfrenato sesso di libidine politica fra sconosciuti, peccaminoso e sinistrorso e non andrò mai a confessarmelo nemmeno da un amico prete che ho a Venezia, voglio tenere tutto per me il peccato cattolico di fornicazione contronatura. Ah!


L’altro bacio fu diverso. Lo scambiai molti anni prima di quello sopradescritto, molti. Ero giovane e non avevo ancora lasciato andare la barba. Quel giorno ero vestito benissimo, di scuro antracite, camicia bianca, gemelli: ci aveva pensato, dall’intimo all’abito da cerimonia, un mio amico di Santomartire titolare di una boutique storica che, se necessario, fornisce  dal pre-natale al tombale. L’altro mio amico parrucchiere, attivo sempre in Santomartire ma Perlaceo d’origini e di residenza, mi aveva stirato i riccioli con l’acido (si usavano liscissimi i capelli in quell’epoca) e mi aveva tolto i primi peli che comparivano dalle narici. Ero perfetto. Non solo, ma adesso che era finita, anche rilassatissimo, seduto e rilassatissimo.

Non crediate fu una cosa lunga, assolutamente no, si svolse tutto in cinque minuti non di più.

Lei si alzò da dietro la lunga scrivania di legno lucido oltre cui restavano seduti anche gli altri dieci, metà da una parte e metà dall’altra rispetto a lei. Spostò la testa velocemente verso gli uni e gli altri, sentii che diceva loro:

“ Colleghi, per questo qui, usciamo ad indossare. Andiamo, facciamo presto!”

Aveva un modo di parlare calmo ma deciso, il tono era basso ma autoritario.

Ottenne immediatamente quello che voleva, i dieci si alzarono e, lei in testa, si infilarono nell’apertura sulla parete alle loro spalle , l’ultimo chiuse la porta.

Io restai seduto nella prima fila di scranni dell’aula, giusto di fronte la grande scrivania che era posta su un soppalco coperto di parquet  tirato a cera: ero solo là davanti , ero stato lasciato per ultimo, gli altri avevano già raggiunto i parenti che sedevano nell’emiciclo ad anfiteatro alle mie spalle. C’era un brusio sostenuto, qualche risata argentina, ancora qualche cenno di applauso. Nell’emiciclo c’era anche la donna di cui sarei divenuto, a causa di uno strattagemma contrattuale orchestrato fra lei e la Chiesa cattolica, il compagno perenne; c’era anche il di lei fratello minore la cui peculiarità caratteriale era quella che parlava pochissimo (tale difetto poi è scomparso: da oltre dieci anni, lui tace completamente).

Quando gli undici rientrarono da dove erano usciti e si ridisposero seduti  nell’ordine che tenevano prima, si fece immediatamente silenzio nell’aula perché avevano tutti indossato una toga nera bordata d’oro e tutti avevano in testa la berretta dottorale.

Mi ritrovai in piedi ancor prima che lei, dal centro dello schieramento,  mi dicesse di farmi avanti . Feci un paio di passi verso il soppalco.

“ Più avanti” mi disse “ ancora due passi”. Li feci, aggiustandomi la giacca, i polsini, la cravatta. Mi misi sull’attenti, una posizione che tenevo perfettamente da quando avevo fatto il militare…

Lei si alzò in piedi e, con una mossa quasi ecclesiale, sollevando le braccia ai lati del busto con le palme delle mani all’insù disse agli altri:

“ Colleghi, in piedi prego”

Mentre si alzavano dalle sedie, il silenzio in aula era divenuto assoluto e un piccolo rivolo di sudore  si stava intrufolando fra il mio  e il collo  della camicia. Sentivo un caldo anomalo, mi girava la testa, mi sentivo tutto “ovattato” (della frase detta , avevo sentito “Coll…in…edi..rego”)

Lei prese un foglio dal tavolo e lesse:

“ FDA, in nome della…pubblica….taliana e…per le…acoltà…cesseci dal Magniifico Rettore, noi Maddale… Castropinto, ….ofessore Ordinario e presid…. di…mmissione, le conferiamo la laure… di …ottore in …..ia  con la …otazione  di  …todieci su …todieci”.

Lei si fermò un attimo. Cercai di scuotermi, dovevo avere un sorriso ebete sulle labbra.

Dopo essersi schiarita la voce con un colpetto di tosse, lei continuò:

“ Inoltre, questa Commissione, all’unanimità, ha deciso di assegnarle anche la lode”.

Qualcuno applaudì piano dall’emiciclo e  si accodarono in molti.

La presidente, scuotendo una campanella presa dal tavolo, richiamò il pubblico “ Silenzio, silenzio, prego! Non ho finito!”

Adesso mi sentivo scorrere cento rivoli di sudore sul collo, la camicia, sotto la giacca, mi si appiccicava sul petto.

“ Dottore” disse la Presidente. Si era rivolta a me ma io non avevo capito, era la prima volta che mi chiamavano così. Mi dissero poi che anche da dietro mi si vedeva la bocca aperta.

“ Dottore” disse la Presidente “ sempre d’accordo con la Commissione, ho deciso di insignirla del Bacio Accademico. Faccia un ultimo passo avanti, prego, si avvicini a me”.

Lo feci,  in tranche totale. Mi portai sotto il soppalco, avevo la testa all’altezza dei suoi seni. Alzai il viso verso di lei mentre lei si chinava verso me. Non so chi stesse suonando la marcia dell’Aida (nessuno, mi dissero dopo).

“Bacio accademico” disse e poggiò le sue labbra sulle mie.

Quello di prima, ripropose l’applauso cadenzato solitario e immediatamente scoppiò l’applauso multiplo fragoroso accompagnato da fischi da stadio e da forti Ooohhh!

Se lei non mi avesse detto “adesso può andare” sarei ancora là con il viso alzato e sarei scappato con lei, anche se aveva una trentacinquina d’anni più di me, lasciando la mia futura moglie nell’emiciclo con il mazzo di fiori in mano e suo fratello a continuare l’applauso solitario (era lui, quello là).

Qualche attimo dopo, la mia fidanzata mi consegnò il mazzo di fiori. In realtà me li sbattè sulle braccia.Era seria e guardandomi in tralice chiese:

“ Cosa voleva quella là? Perché ti ha baciato sulla bocca?”

Avrei dovuto capirlo subito di che pasta era fatta la mia donna e cosa mi avrebbe riservato il futuro.

“ Il bacio accademico “ mormorai quasi spaventato.

“ Il bacio accademico un corno!” rispose lei (non disse corno) “ avevi la stessa espressione di quando voi uomini concupite la donna!”

Non le risposi ma pensai che il sesso è  sesso, perdio!

Sorrisi, l’abbracciai :

“ Chiamami dottore, cara” le dissi.


FDA




28 Dicembre 2009 alle 3:17 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |
Tags: , , ,

Ricerca personalizzata