* STEFANO BOLLANI “Piano solo” 14. 5. ’10 h 21.45 Palafolli Ascoli Piceno
Finalmente un “circo” senza elefanti leoni scimmie cavalli. E anche senza acrobati e pagliacci, senza trapezi, reti anticaduta, piste di segatura…Solo un tendone blu teso tra 6 tralicci, pizzicato da 6 gialle stelle uruguaiane; e sotto, qualche centinaio di sedie di legno rivolte allo speciale Yamaha sopraelevato (un pianoforte a coda lunga, nero). Bestiolone immobile e impossibile (un’ala alzata, 3 zampe, 88 denti) ma quieto, finchè Bollani-domatore-al-contrario non lo sveglia e non lo stuzzica.
Piove di brutto. Nuvole quadrate. Fuori (che non è Francia), giungla d’automobili che arrivano schizzando, occhi da belve nella notte. Dentro, dopo buffi scrollamenti d’acqua come ogni bestia fa, attesa quieta e allegra, tra amici e forestieri. Occhi che si cercano, labbra che si guardano. Bollani qua è di casa, otto volte che viene. Per me è la prima. Lo associo meglio alle atmosfere da dottor Djembè di Radio 3, ai Magazzini del Sale di Cervia ( pure lì pioveva), a “Cirko Guerrini”… anche se qua tutto pare abbastanza serio, specie all’inizio. Deve curarsi, lui, di quel caro bestiolone nero: l’addomestica cominciando a massaggiargli la “dentatura”, con dolcezza e velocità, tanto che non avverti stacchi tra le note, più leste di semibiscrome. Incantevole pioggia di note. E piove, piove, appunto.
Bollani-domatore s’adegua a ritmi e intensità degli scrosci, guarda ogni tanto in su, come un esploratore tra i baobàb. Da circense professionista. E quando, chissà come, sopra la platea a lui più vicina s’inclina pericolosamente un “ramo” di ferro carico di fari, lui tranquillizza tutti con due “battute”: parole in musica. Due scudisciate, zac-zac, e quel “ramo” ritorna in alto, al posto suo.
Il concerto fila che è un piacere. La mano sinistra (di dio) s’apre strade saltando pozzanghere, la destra sorpassa, frena, guizza, vola indipendente in giochi d’azzardo, ma sempre disciplinata. Hai l’impressione d’ascoltare due mani sinistre, e due mani destre. Ci sono due Bollani?
“ Le gocce cadono ma che fa ” ?, a Bollani non serve il tergicristallo. Gli stessi “ tre piccoli porcellin ” ? giocano rivalutati, scatenati, leggeri. Lunghissimo il secondo pezzo, dolce e ossessivo, alla Jarrett (ma tutti contrab-bassi!). Pure piano-Yamaha l’attendeva: solo dopo si scatena, infatti, arroventandosi infiammandosi imbizzarrendosi. Anche per le affettuose scapezzate che ogni tanto si becca direttamente sulle corde tra la 4° e la 5° ottava. Come usa al circo, sulla groppa, tra felini…
Quanto Jazz… Ligi recensori farebbero l’elenco dei pezzi. Noti, stranoti, non noti, nascosti, reinventati…
Seconda parte, e Bollani si porta – lo aggancia al piano – un ombrello giallo (!), non si sa mai. Piove ancora sul jazz, “ma il jazz non è mai troppo”. Continua a ballare sullo sgabello come in groppa a un cavallo lipizzano, suona in ginocchio, o seduto su una gamba, con l’altra batte forte il tempo, usa gli avambracci…Comicamente avviluppato al microfono nella gag di Paolo Conte, su un unico estenuante accordo. Zaz-za-raz-zaz. Poi l’omaggio a Serrat (“Bugiardo e incosciente”). Finisce cucendo al volo – con le sue “quattro mani”- più d’una decina di pezzi richiesti dal pubblico. Che dopo, se potesse arrampicarsi, l’abbraccerebbe sul palco: rischiando niente, il temibile bestiolone Yamaha domato sfinito inoffensivo… neanche la voglia di farsi un sandwich… Clap-Clap-Clap-Clap. Fine.
Tutti di nuovo fuori – allegri divertiti emozionati come bambini al circo – a tuffarci nel nostro monsone di maggio che non ci molla, altro che “fortunale,…oltre le lune e gli uragani”… Tutti verso casa, di nuovo con gli occhi accesi, anche quel gatto pezzato che schizza via nel buio da sotto il tendone e con lieve passo di giaguaro attraversa la strada, la sua giungla… Perfino i gatti, al Bollani Circus, pensa tu…!
Scherzavo: Bollani Circus è il Palafolli di Ascoli.
16. 5. ’10 PGC