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Lele Battista “Nuove esperienze sul vuoto”

di | in: Primo Piano, Recensioni


Etichetta: Mescal
Brani: Sull’inesprimibile / Blocco del traffico / Il mio punto debole / Il nido / L’arte di annoiarsi / L’arte di essere felici / Nutrire la mente / Profondamente dentro / In parte me / Le cose più grandi di me / Le mani / Attento
Produttori: Lele Battista & Giorgio Mastrocola


“Le ombre” è per chi scrive e per il suo impianto stereo uno dei dischi italiani più belli e longevi dell’ultimo lustro. Sinuoso e ricco di sfumature, “Le ombre”, a quattro anni dall’uscita, continua ancora a girare e farsi amare, regalando sempre piccole ma preziose sorprese dopo ogni nuovo ascolto. L’autore, il milanese Lele Battista, che con “Le ombre” aveva debuttato da solo dopo essere stato il frontman dei La Sintesi, torna ora con il difficile secondo album e, cosa tutt’altro che scontata, fa di nuovo centro. Le nuove composizioni, pur non scardinando l’incastro perfetto tra sensazioni e suoni, tra modernità e classicità, tra anni Ottanta e scuola genovese, tra synth e glockenspiel che caratterizzava l’esordio, sembrano sulle prime avere meno immediatezza, ma basta davvero una debole perseveranza nell’ascolto per lasciarsi vincere: Lele non tenta mai la via più semplice per arrivare al cuore, non usa ritornelli – non ritornelli convenzionali almeno, di quelli sloganistici – costruisce invece ogni canzone come un percorso tortuoso, sostenuto tutte le volte da un’idea illuminante. Così Il mio punto debole, con la sua spietata e allo stesso tempo ironica autoanalisi («il mio punto debole è avere un forte slancio vitale/e usarlo per consumare/è desiderare l’infinito/pur sentendomi finito/il mio punto debole è l’illusione/che tu non dica ciò che stai per dire/è avere inspiegabili certezze/e poi crollare sulle cose più banali») ci riporta al Morgan di “Canzoni dell’appartamento”; L’arte di annoiarsi propone un originale elogio del dolce far niente; In parte me, ispirata a un racconto di John Lennon, parla dell’alienazione e del distacco da sé; Le mani è un quadretto che punta tutto sulla dolcezza di suoni e versi («è con le mani che senti/che senti la leggerezza dell’amore/con le mani ti ripari le orecchie dal rumore»). Quanto a dolcezza è però Il nido, non a caso scelto come primo singolo, il punto più alto dell’intero album: canzone d’amore su cui non serve spendere troppe parole, è l’incantevole modo di Lele di fermare sul pentagramma l’inizio della convivenza con la sua compagna. Sull’ipotetico podio dei migliori pezzi di “Nuove esperienze sul vuoto” salgono anche due laghi di emozioni – mai ristagnanti, anzi feraci e fiere – come Le cose più grandi di me e Profondamente dentro, il pezzo più sorprendente del lotto, un mantra sensuale con un occhio strizzato al noir.
Chiude Attento, con il recitato di Mauro Ermanno Giovanardi, forse brano che non si amalgama del tutto ad un album, per il resto, che fa dell’unitarietà uno dei suoi numerosi punti di forza.




21 Settembre 2010 alle 12:37 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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