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“Gorbaciof” di Stefano Incerti

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Iniziamo col dire che non è film-documentario. Niente a che fare con vicende politiche del recente passato. Anche se il titolo, Gorbaciof, qualche reminescenza la lascia intravedere. Anche se il protagonista, un superbo Toni Servillo, a storie del genere ci aveva abituato. Anche se quella sua strana voglia di fragola sulla fronte facilmente fa scomodare illustri e sovietici paragoni. Gorbaciof, questa la versione napoletana dialettale dell’ex primo uomo di Russia Gorbaciov, è il ragioniere della prigione di Poggioreale. Passa le sue giornate nel retro di un ristorante cinese adibito a bisca dove scorrono soldi e malaffari. Ma lui è una tigre in mezzo alle scimmie. La sua perestroika la porta avanti col piglio di chi sa cavarsela sempre e comunque. Anche senza troppe parole. Quelle non servono, soprattutto se ti trovi a combattere nella giungla. A scendere a compromessi per salvare non la tasca, non la faccia, ma un’ideale, quello dell’ amore. Sì, perché il film di Incerti è soprattutto questo. La parabola di uomo che forse si trova a vivere in un’epoca sbagliata ed in un posto sbagliato. Un burbero all’apparenza, di poche parole. In ciò la capacità di Servillo di interpretare il ruolo è a dir poco superba.


Servillo, sicuramente uno di migliori talenti del cinema nostrano la cui cifra stilistica è in grado da sé di tener in piedi l’intera pellicola. Il film, infatti, presentato fuori concorso a Venezia, lascia una storia resa grande dal talento espressivo del protagonista. Per certi versi si può dire che è proprio Servillo a surclassare il lungometraggio. A rendere la storia interessante, con punte di ironia e sarcasmo pungenti e penetranti e che non ti fanno mai incrociare le braccia.
Su tutto si erge lui e solo poche volte la vicenda narrata che, tra l’altro, trova una conclusione abbastanza lineare e prevedibile. Ma tant’è. Gorbaciof ruggisce e si fa sentire, la sua vita l’ha passata tra quattro celle, proprio come una tigre nello zoo. E come tale non si tira indietro di fronte all’ultimo rischioso gesto prima di raggiungere la libertà. O di perdere definitivamente il volo.




24 Ottobre 2010 alle 11:46 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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