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Ugo Mulas: “Dall’est all’ovest Russia 1960, America 1964”

di | in: Cultura e Spettacoli

Russia

Fino a domenica 21 agosto

ALTIDONA (FM)
PIAZZA DEL COMUNE
SALA DELLE MURA CASTELLANE
Mostra fotografica dedicata a UGO MULAS
Dall’est all’ovest Russia 1960, America 1964
ingresso gratuito – orari apertura: tutti i giorni dalle 18  alle 23
info
altidonabelvedere@aruba.it –  348 9135734
Con il patrocinio
Fondazione della Cassa di Risparmio di Fermo,
Comune di Altidona
Provincia di Fermo 

Oltre duecento persone hanno partecipato, ad Altidona, domenica 24 luglio, all’inaugurazione della mostra Dall’est all’ovest Russia 1960, America 1964 dedicata ad Ugo Mulas (scomparso a Milano nel 1973 a soli 45 anni) una delle figure più importanti della fotografia internazionale del secondo dopoguerra. Tra gli ospiti, da segnalare in particolare la presenza di Mario Dondero, dell’Assessore alla cultura della provincia di Fermo Giuseppe Buondonno e di Melina Mulas, figlia del grande fotografo e curatrice dell’archivio che ha sede a Milano, che ha molto apprezzato l’allestimento della mostra,  realizzato dall’Associazione Altidona Belvedere, che resterà aperta fino a domenica 21 agosto.Questa esposizione chiude il ciclo che in questi ultimi dieci anni l’Associazione Altidona Belvedere ha dedicato ai grandi fotoreporter (da Uliano Lucas a Letizia Battaglia, Tano D’Amico, Francesco Cito, Mario Dondero per citarne solo alcuni) per aprire, il prossimo anno, un percorso dedicato ai giovani fotografi.  La mostra Dall’est all’ovest Russia 1960, America 1964 allestita in un edificio nelle mura castellane di Altidona, in provincia di Fermo, propone una cinquantina di foto, tutte in bianco e nero, che seguono il percorso artistico di Mulas attraverso i suoi reportage in Russia, nel 1960 e in America nel 1964.

Warhol

Nella sezione dedicata alla Russia, dove Mulas  si reca in seguito alla collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, troviamo immagini che da un lato documentano la vita di regime e dall’altro svaghi popolari domenicali.Mulas “non fotografa soltanto la città, come nel caso di Mosca, ma la città e la campagna…tende a rendere la dimensione, i rapporti, i percorsi, gli spazi, le persone. Così quindi, e per la prima volta abbiamo immagini che vogliono renderci partecipi di un modello esistenziale, di una vita di relazione, non dell’ironia di un giudice soprammesso o della retorica di una partecipazione asservata sul piano dell’ideologia.” (A.C. Quintavalle) Decisamente straordinaria la sala dove lo spettatore può ripercorrere la storia dell’arte dei primi anni sessanta attraverso i ritratti degli artisti americani della Pop art. Da Lichestein a Rauschenberg (artista che più degli altri lo ha appassionato e al quale ha fatto il maggior numero di scatti) , Segal, Jasper Johns, Warhol solo per citarne alcuni. A proposito di Warhol, Mulas  scrisse « È sicuramente riuscito a mettere in crisi le mie idee sulla fotografia, quello che pensavo del cinema, e in fondo i miei rapporti con la pittura ». Il risultato di questo lavoro fu il volume “New York arte e persone” considerato dagli stessi artisti pop, un manifesto del movimento americano. Di qui in poi – scrive Elio Grazioli in un suo saggio –  “Mulas comincerà a considerare sempre di più la propria fotografia come ready made: il fotografo compie un’azione mentale prima di scattare la foto, mentre quando scatta è soltanto un operatore”.L’esordio di Mulas, come fotografo, è legato a Mario Dondero (grande fotoreporter tutt’oggi attivissimo). Sembra quasi una favola, ma le cronache attestano che un giorno, erano i primi anni Cinquanta, mentre erano seduti su una panchina del parco Venezia, a Milano, Mario Dondero pone la propria macchina fotografica tra le mani di Ugo Mulas e lo incoraggia ad occuparsi di fotografia. Dondero e Mulas, per un certo periodo si divideranno l’uso di quella macchina fotografica. Non poche volte, si sono visti costretti a sacrificarla al Monte dei Pegni per avere subito del denaro con cui sviluppare le fotografie da consegnare in tempo ai giornali. Non appena le testate li retribuivano, si precipitavano a recuperare il loro prezioso e amato oggetto. Mulas e Dondero si dividevano anche un paio di scarpe buone: le usavano a turno, se uno dei due doveva uscire per qualche occasione mondana, l’altro era costretto a restare in casa. Assieme frequentano il Giamaica, mitico bar di Brera dove si davano appuntamento gli artisti, gli scrittori, i giornalisti e i fotografi più importanti della Milano degli anni ’50. Da Piero Manzoni a Camilla Cederna, da Alfa Castaldi a Enrico Castellani, per citarne solo alcuni, oltre a Luciano Bianciardi che fa di Mulas e Dondero i protagonisti del suo libro “La vita agra”.E’ proprio agli aspiranti pittori e fotografi del bar Giamaica,tra il 1953 e il 1954, che Mulas scatta le sue prime fotografie, oltre che tra l’umanità dolente delle periferie, della stazione ferroviaria, di un dormitorio pubblico. In quegli anni, assieme a Mario Dondero, realizza il suo primo reportage, pubblicato su “Le Ore”, presentato alla Biennale di Venezia del 1954. Con questo primo reportage Mulas dimostra di prediligere l’osservazione degli artisti e appare chiaro che lo sviluppo della sua creatività avviene attraverso un rapporto con la creatività altrui.




25 Luglio 2011 alle 14:05 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |
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