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Blonde Redhead @ Viper, Firenze – 09.09.11

di | in: Primo Piano, Recensioni

Kazu Makino (Blonde Redhead) © www.ilmascalzone.it


Ad un anno dall’uscita diciamolo pure: “Penny Sparkle” è un album noioso. Nondimeno non si poteva non confidare nella capacità di artisti che non hanno mai difettato di inventiva e originalità di trasformare canzoni perse in languori e ottundimenti eccessivi in gemme live alle quali abbandonarsi spontaneamente con mente e corpo. Proprio di questo tipo di coinvolgimento il concerto dei Blonde Redhead si fa forte: abbandono ed estasi, ciò a cui ogni concerto dovrebbe puntare. Kazu Makino che si scuote e fa roteare i capelli in una danza sciamanica è la miccia del morboso connubio col suo pubblico, il distacco dei fratelli Pace crea il contrasto ideale per fare del live act della band newyorkese un misto di sensuale mistero e affrancamenti sonici. Così Here Sometimes, con la voce di Kazu, e Will There Be Stars, con la voce di Amedeo, non si radicano alle posizioni letargiche di partenza ma si liberano in modo inaspettato, arrivando molto più dirette di quanto fosse lecito attendersi. Quando i pezzi prevedono due chitarre – l’esempio più calzante è l’appiccicosa Dr. Strangeluv – la resa è massima. E quando si lasciano andare le chitarre al feedback selvaggio si gode davvero. Il drumming di Simone Pace riesce a colpire nel segno, sovrapponendosi agli strati di elettronica: Spring And By Summer Fall, Falling Man, SW suonano sinuose e ossessive con la voce monocorde di Amedeo che stranisce e folgora sopra i samples, il basso fantasma e le chitarre grattugiate. Il suono non è mai meno che compatto, anche quando il rock si arrende ad un subisso di pop. In Silently Kazu entra nei più piccoli moti d’animo di ciascuno dei presenti, puntando tutto sulla melodia. E poi 23, su cui non servono molte parole, se non che si può annoverare nella top five delle canzoni più trascinanti dell’ultimo lustro.
Certo, non è tutto oro ciò che luccica: le basi preregistrate a volte sforano il lecito e, proprio in 23, vengono utilizzati dei campionamenti addirittura per i cori; la durata del set non supera l’ora e un quarto, bis compresi. Sono due nuvole in una notte per il resto piena di stelle, ma bastano ad abbassare di qualche tacca il giudizio finale: sette più.




13 Settembre 2011 alle 22:35 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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