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Alcide Pierantozzi “Ivan il terribile”

di | in: Primo Piano, Recensioni

“Ivan il terribile” (Rizzoli, 2012 – pagine 315, € 19,00)


«Il rumore del fiume era forte mentre camminavo a passi spediti verso casa. Qualche raggio di luna si rifletteva nell’acqua. Le civette cantavano. Mi sono avvicinata le mani al naso. Mandavano un odore un po’ acido, speravo che il profumo di Ivan mi si fosse incastrato nella pelle.»


Tra “I ragazzi terribili” di Cocteau e “Meno di zero” di Easton Ellis, “Ivan il terribile” racconta quel periodo non accessibile e non spiegabile della vita in cui l’essere umano si dibatte nella crudeltà delle emozioni e pratica ferite come autodifesa dalla patologia nebulosa che è la sua età. Pierantozzi non si fa scrupoli a mettere a nudo i suoi personaggi e l’adolescenza che trasuda dalle pagine del suo terzo romanzo è feroce in pensieri, parole e gesti.
Scansando il pericolo del facile maledettismo e della trita triade sesso, droga & rock’n’roll, sempre dietro l’angolo quando si tratta la giovinezza, lo scrittore marchigiano riesce ad essere disturbante con una storia di confine – morale, geografico – dove Roccafluvione, in provincia di Ascoli Piceno, ha i contorni deformi della Twin Peaks lynchiana, e Ivan è un Lucignolo post-moderno che seduce tanto con la perfidia quanto con le malcelate debolezze. Attorno al suo corpo, che come un totem attira e avvelena con il solo fascinare, si celebrano le cerimonie di iniziazione degli altri personaggi. Federico è un ragazzo che sogna di diventare regista, è appena arrivato da Trieste e ha una madre famosa a cui è legato da un rapporto morboso. Sara ama i cavalli e la natura, non è bella ma ha coraggio da vendere, il suo è un cuore solitario poco avvezzo alla dolcezza. Anna è la migliore amica di Sara, parla come gli pseudo-eroi delle trasmissioni pomeridiane di Canale 5, sembra una presenza invisibile eppure è il vero amalgama del gruppo. Giorno dopo giorno vivono la coazione a commettere piccoli attentati alla prudenza, aggrappandosi ad un’impunità figlia dei loro quindici anni. Alle loro spalle frantumi di famiglie, adulti sconfitti da agghiaccianti meticciati sentimentali, Testimoni di Geova che corrompono le anime, solitudini nascoste e richieste di aiuto mai ascoltate.
Pierantozzi modula tempi e toni in modo perfetto, costruendo un plot che non manca di tirare continuamente il lettore dentro il suo torbido, scrivendo dialoghi che danno al romanzo un deciso sapore cinematografico, lavorando sulla lingua impoverendola e raschiandola dal superfluo. Con “Ivan il terribile” riesce nelle nient’affatto semplici operazioni di tradurre inquietudini vecchie come il mondo nel linguaggio mercificato dei quindicenni di oggi e di orchestrare un’uscita di scena che lascia in bocca lo stesso repellente sapore di un’eliminazione dalla casa del Grande Fratello.




25 Aprile 2012 alle 22:20 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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