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Serena Sinigaglia: vi racconto la mia Carmen ecosostenibile

di | in: Cultura e Spettacoli

Macerata Opera Festival

Seconda regista donna nella storia dell’Arena. Il precedente alla fine degli anni Sessanta

 

MACERATA 09/07/12 – Nessuna concessione al folklore patinato. Nessuno scimmiottamento di stereotipi spagnoli. Nessuna edulcorazione della realtà, nuda e cruda, di un’opera lirica che deve recuperare la sua profonda carnalità, per prendere lo spettatore allo stomaco, al cuore, alle viscere. Per coinvolgerlo. Solo transenne e realismo. Serena Sinigaglia, seconda regista donna nella storia dello Sferisterio (dopo Maria Sofia Marasca nel 1969), scava nella profondità dell’opera di George Bizet, spoglia la Carmen di orpelli e cala la rappresentazione nel 21 secolo, un’epoca difficile, in cui la lirica deve essere da esempio, cambiare e far cambiare.

“Quando vuoi fare qualcosa che resti – afferma la regista – è necessario collegare in una sintesi artistica antico e contemporaneo. E per farlo avevo bisogno di togliere tutto ciò che mi impediva di andare alla radice più profonda dell’opera. Perché Carmen oggi ha bisogno di ritornare alla carnalità, all’efficacia del gesto scenico che possa emozionare, colpire in modo diretto. Muovere il cuore. Niente folklore quindi, nessun riferimento alla Spagna patinata o agli zingari stereotipati. Gli zingari sono zingari in una periferia degradata, Don Josè è un violento, mentalmente disturbato e Carmen è una zingara, ladra e puttana. Non bella dal punto di vista dei canoni estetici, ma irresistibile, perché carismatica e con una capacità seduttiva innata, dotata di un erotismo animale, cupo e puro insieme”. Un lavoro di studio molto intenso per Sinigaglia sull’opera, sui personaggi, sulle ambientazioni. “Ho scovato in Spagna una comunità gitana. E’ la più grande del mondo e si trova alla periferia di Siviglia, in una Chabola, ossia la baraccopoli ai margini della città. Dall’immaginario delle chabolas ho tratto gli spunti per costumi e scenografia, mettendo il tutto in grande sintonia con lo Sferisterio”.

Uno spettacolo che la regista definisce ecosostenibile. “Vogliamo dimostrare che si può fare grande teatro, mettendoci grande cuore, grande pancia e grande testa. Faccio parte di quella generazione che ha ereditato sperperi vergognosi, inutili e spesso ingiusti, differenziazioni di trattamento inaccettabili. E oggi ci troviamo di fronte a due scelte: finire di usare quel poco che c’è, oppure tentare di fare una cosa diversa, provare con i pochi mezzi che ci sono a rilanciare un mondo, con un altro modo di lavorare, un’altra forma mentis, che non consumi ma rigeneri. Noi italiani diamo il meglio nelle situazioni drammatiche, e la nazionale di calcio ce lo dimostra. Qui, allo Sferisterio, nel 2012, vogliamo riportare tutto a terra, ribaltando l’assioma che vuole da sempre che un bello spettacolo sia anche costoso. Non sprecheremo risorse inutilmente e permetteremo a questo festival di durare per sempre”.




9 Luglio 2012 alle 22:31 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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