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Popsophia, oppure ridi … per guarire. Intervista a Evelina Savini del Laboratorio di Umorismo

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Popsophia_giornate della Rancia

Ultima sera al Castello della Rancia con gli utenti del dipartimento di salute mentale di Jesi

 

TOLENTINO, 2013-09-01 – Può l’atto del ridere rappresentare la “migliore medicina” attraverso la quale superare la tragicità del vivere e ricongiungersi con se stessi? Popsophia ha cercato risposta a questa domanda durante la quattro giorni tolentinate al Castello della Rancia. Lo fa in modo estremamente singolare con l’appuntamento delle 19.30 di oggi, giornata conclusiva della manifestazione. Questa sera a parlare di umorismo come strumento terapeutico è infatti Evelina Savini che conduce da anni un Laboratorio di umorismo presso il Centro Sollievo che opera con utenti del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL 5 di Jesi. L’abbiamo incontrata per capirne di più.

  • Ci racconta qualcosa del Centro Sollievo e dell’uso dell’umorismo all’interno del vostro laboratorio?

Il Centro Sollievo svolge attività terapeutica e riabilitativa per gli utenti del DSM di Jesi. Il Laboratorio di Umorismo nasce agli inizi del 2010, con l’intento di creare uno spazio per imparare assieme a ridere e sorridere, ad alleggerire le tensioni, a giocare con le parole, i gesti e le emozioni. La nostra attività non mira alla comicità come performance, quel che ci interessa è l’umorismo situazionale che nasce nel quotidiano e tesse la relazione con noi stessi e con gli altri. Così inteso, l’umorismo non è una qualità che o c ‘è o non c’è, ma una potenzialità che può essere sviluppata, a cominciare dalle condizioni che lo rendono possibile. Tra queste: l’osservazione e l’ascolto, la consapevolezza e l’espressione emozionale, la gestione delle emozioni negative, la creatività, l’autoironia, il rovesciamento degli schemi, l’indulgenza.

 

  • La follia era il suo nemico e l’umorismo la sua arma” scriveva il britannico Anthony Hope. La questione sta proprio in questi termini secondo lei?

L’umorismo è certamente un meccanismo di difesa, per Freud è addirittura il più nobile ed elevato. I processi umoristici, l’arguzia, la comicità, l’autoironia e l’umorismo propriamente detto, hanno un carattere liberatorio, rappresentano una potenzialità di vita. Sono un esercizio per imparare a giocare con noi stessi, come un cestista che palleggia con le proprie paure, affetti, pensieri, rigidità, desideri, …. In sostanza, l’umorismo è un allenamento alla modulazione e all’elaborazione dei vissuti. Ovviamente, il gioco non deve andare al di là delle capacità soggettive di padroneggiamento, non deve diventare minaccioso, insostenibile, irrispettoso. Ma tra l’elaborazione emotiva e l’umorismo c’è una relazione circolare: da un lato è necessaria una minima distanza di sicurezza perché possa esserci umorismo, dall’altro, l’umorismo produce una maggiore capacità di padroneggiare le cose, nel senso di comprenderle e contenerle. È questo che conferisce allo humour la sua vis terapeutica. L’umorismo è un cammino verso la libertà, verso la capacità di pensare con la propria testa, di tollerare l’incertezza e la diversità. L’umorismo è la capacità di frugarsi nelle tasche, non per cercarvi la verità, ma per riscoprirvi il sorriso dell’indulgenza attraverso i residui delle briciole che il quotidiano vi deposita.

Popsophia - Biennale

Popsophia – Biennale

 

Penso proprio che sia così. La capacità di ridere di sé è una qualità molto desiderabile e molto rara, perché tendiamo tutti a prenderci tremendamente sul serio, o a ridere di noi, solo quando siamo noi i registi. Perché ci sia il “vero” umorismo autoironico, che non è autodenigrazione, è necessaria la consapevole di sé, della propria complessità e ambivalenza, della qualità positive, delle debolezze e contraddizioni. Inoltre, chi sa ridere di sé, sa bene che i propri difetti sono gli stessi presenti nella maggioranza delle persone. L’autoironia offre agli altri una possibilità di identificazione, e ci fa sentire oggetto della loro stima e della loro simpatia. Inoltre, come si dice: “Beati quelli che sapranno ridere di se stessi, perché si divertiranno moltissimo”.

 

  • Veniamo a domenica 1 settembre. Al Castello della Rancia darete vita ad una dimostrazione di quello che fate ormai da anni …ci darebbe una piccola anticipazione di quello a cui assisteremo?

Come ho detto prima, il Laboratorio di umorismo non mira alla performance. Non siamo dei comici e il nostro scopo non è far ridere. Vorremmo raccontare la nostra esperienza, quella di un gruppo che cerca insieme di crescere, di imparare a sostenere i problemi della vita, a sdrammatizzare, a vivere le giornate con qualche risata in più, con un po’ più di leggerezza. Abbiamo a disposizione 15 minuti, un tempo minimo per raccontarci. Impossibile farlo a parole, cercheremo di farlo con un video.

 

  • Un’ultima battuta gliela chiederei sul nostro contest online. Mette in competizione sei clip cinematografiche che cercano di interpretare l’aforisma di John Morreall “O combatti o scappi (oppure ridi)”. Secondo lei quale delle sei interpreta meglio il tema?

Una qualità essenziale dell’umorismo è la sintesi, la capacità di rovesciare la situazione, come una matta che cambia inaspettatamente il giro delle carte, come una scintilla che fa balenare il repentino generarsi di una nuova luce. Insomma…non posso che scegliere Totò.




1 Settembre 2013 alle 13:25 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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