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Città senza operai, campagne senza contadini

di | in: Cronaca e Attualità, Oblò: Spunti, Appunti e Contrappunti

Omaggio ai Lavoratori

 


L’inno dei lavoratori parlava di “una nuova Società (i lavoratori) protagonisti dell’Umanità”.

Ma, da allora, sono passati tanti anni, e tanto è cambiato.

Giorgio Bocca dice: «Città senza operai, campagne senza contadini».

Tanto è dovuto non soltanto alla congiuntura economica ed al progresso tecnico, ma ha radici ben più profonde. Come appena la Società italiana ha conosciuto un po’ di benessere (primi anni ’60), la vita comoda cui non eravamo abituati, ha portato ad un inconscio rifiuto del lavoro manuale.

Operai e contadini volevano il figlio ragioniere, se non medico.

Tutto questo è potuto andare avanti per un paio di generazioni, finché, pesca pesca, ci si è resi conto che, in Italia, vi erano più medici ed avvocati che manovali e facchini.

Tornare indietro, sporcandosi le mani in campagna, cuocerci nell’inferno degli altiforni?

E, ancora, anche a volerlo, proprio per la attuale crisi, non c’è più lavoro neppure nei campi ed in fabbrica!

Si suscita così il rancore e la disperazione verso tutto e tutti, di milioni di giovani e non più giovani, che hanno studiato una vita per contendere, ad altri bisognosi, una settimana di supplenza.

Non si agogna più, ormai, al posto sicuro in una Pubblica Amministrazione, ormai ci si azzuffa per un incarico a tempo determinato.

Convivere, senza sposarsi, anche perché, non avendo un impiego sicuro, non si può costruire una famiglia vera e propria.

L’emergenza economica diventa, così, anche una emergenza morale.

Come venirne fuori? Ed è ancora possibile?

Ognuno faccia la sua parte, domani è un altro giorno e si vedrà.

 
Giuseppe Angellotti 


P.S. Un applauso per gli operai della Manuli




28 Ottobre 2009 alle 2:04 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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