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Leguminaria e i piatti “poveri” della cucina marchigiana

di | in: Cultura e Spettacoli

In realtà si tratta di piatti sostanziosi, dagli indiscutibili benefici nutritivi. In passato si preparavano in abbondanza: quello che rimaneva si mangiava la mattina successiva a colazione, prima di andare a lavorare nei campi.

 

Come altri piatti, anche questi venivano cotti nelle pigne di coccio, visto che il camino e il fuoco a legna erano l’unica fonte di calore. Il cibo così preparato aveva un sapore eccezionale, anche perché cuoceva molto lentamente e gli aromi non evaporavano.

Ancora oggi Leguminaria propone i suoi piatti serviti nelle tradizionali ciotole di terracotta realizzate dai Maestri Vasai, che i commensali portano a casa con sé, insieme al bicchiere, a fine pasto:

ceci, fagioli, lenticchie, assaggi di roveja, innaffiati dal Rosso Piceno dell’Azienda Agricola Villa Forano.


La Roveja (Pisum Arvense), piccolo legume simile al pisello, era conosciuta più che altro come erba infestante.

Usata nei secoli passati per sostenere l’alimentazione dei pastori insieme ad altri legumi poveri come lenticchie, cicerchie e fave, Leguminaria la rivaluta e la propone al pubblico come gustoso legume da assaggiare, con l’obiettivo di tutelare e far conoscere il prodotto, collocarlo sul mercato e coinvolgere altri coltivatori che al momento producono solo per autoconsumo.

Questo pisello selvatico, dal seme di colore marroncino tendente al giallo, il cui sapore ricorda quello della fava e del cece, si consuma ancora, anche se sporadicamente, sul versante marchigiano degli Appennini. In tavola lo si può gustare con la pasta, come tutti gli altri legumi, ma anche macinato, ottenendo una polenta dal gusto marcato, tendente all’amarognolo.


Leguminaria e le ricette

 

Fagioli con le cotiche

Ingredienti. Cipolla, olio d’oliva, fagioli precedentemente ammollati, cotenna di maiale, passata di pomodoro, sedano, carota, sale.

Preparazione. Una volta bollite le cotiche, ben pulite, in acqua calda, finché non diventano tenere, si prepara un soffritto con l’olio di oliva e la cipolla. Quindi si versano le cotiche nel soffritto e si aggiungono due o tre mestoli di passata di pomodoro, il sedano e la carota a pezzi. Si sala e si fa cuocere fino ad ottenere un sugo denso. Finalmente si aggiungono i fagioli, precedentemente tenuti a bagno per almeno 15 ore, sciacquati e bolliti in acqua salata, e si fa insaporire il tutto per altri 10 minuti. Si serve con pane abbrustolito.


Zuppa di ceci al rosmarino

Ingredienti. Aglio, rosmarino, olio d’oliva, ceci precedentemente ammollati, sale.

Preparazione. I ceci, tenuti a bagno dalla sera prima con un po’ di sale, si scolano e si lasciano per qualche minuto con una puntina di bicarbonato. Si sbattono bene, quindi si immergono in una pentola con acqua tiepida e si sciacquano. L’operazione va ripetuta un paio di volte. Finalmente in un’altra pentola, sempre con acqua tiepida, si mettono a cuocere, aggiungendo aglio, sale e rosmarino. Si serve con olio d’oliva.

 

Lenticchie con la salsiccia

Ingredienti. Cipolla, olio d’oliva, lenticchie precedentemente ammollate, salsiccia, passata di pomodoro, sedano, carota, aglio, sale, pepe, 1 bicchiere di vino.

Preparazione. Si tritano insieme le verdure e si fanno soffriggere nell’olio di oliva. Quando saranno appassite, si aggiungono la salciccia e le lenticchie, precedentemente tenute a bagno per almeno due ore, scolate e bollite per 20 minuti. Si cuoce il tutto, mescolando e bagnando con il vino. Quando il vino sarà evaporato per la metà, si aggiungono la salsa di pomodoro e acqua fino a coprire. Si sala e si cuoce per un’ora a tegame coperto. Infine si alza la fiamma per ridurre buona parte del liquido.

Si aggiunge una manciatina di pepe e si serve con pane abbrustolito.

 Polenta di roveja

Ingredienti. Cipolla, olio d’oliva, farina di roveja, lardo, pecorino, sale.

Preparazione. La farina di roveja viene sciolta lentamente nell’acqua salata, prima che questa arrivi ad ebollizione, per poi essere cotta per circa un’ora. Il condimento è molto povero e viene fatto con cipolle appassite nel lardo (o acciughe ed aglio), pecorino grattugiato e un filo d’olio. La polenta può essere consumata anche il giorno dopo, a fette, riscaldata in forno o in padella.


Leguminaria e il vino

 

Della Contrada di Forano si parla sin dal XIII secolo, quando San Francesco d’Assisi si fermò nel vicino convento, all’epoca circondato da un folto querceto, ove i frati erano dediti alla meditazione. Con l’intensificarsi dell’agricoltura, le querce furono abbattute ed il terreno venne messo a frutto con le colture del grano e della vigna.

 

Nei diversi passaggi di proprietà che l’azienda conobbe sino al 1966 (anno in cui Antonio Lucangeli rilevò la fattoria), la cantina di Forano con i suoi vini fu sempre l’anima dell’azienda, come è dimostrato dalle numerose fotografie e lettere di corrispondenza rinvenute in amministrazione.

Nel corso di questi anni, la famiglia si è dedicata in modo meticoloso alla ristrutturazione di tutto quello che di più bello gli avi hanno lasciato. Decisivo è stato il 1997, quando si è reimpostata la filosofia produttiva.

I vigneti sono stati a mano a mano reimpiantati seguendo un’impostazione volta alla qualità e alla territorialità. Si è scelto di rinnovare le tradizioni, impiantando i vitigni autoctoni: dal Maceratino (in passato Greco Maceratese, poi Montecchiese o Ribona) al Trebbiano e alla Malvasia, dal Montepulciano al Sangiovese, dalla Lacrima alla Vernaccia Nera, il legame con il territorio ha sempre distinto e premiato l’azienda.

Anche all’interno della fattoria, accanto alla cantina storica, negli alti locali un tempo essiccatoi di tabacco, si sono ricavate altre due cantine volte alla vinificazione, lavorazione e vendita dei vini.

La tecnologia introdotta, unitamente alla scelta in vigna del prodotto, hanno fatto in modo che negli anni crescesse la qualità dei vini sino ad ottenere riconoscimenti ed apprezzamenti da parte di esperti del settore.

La fattoria vede oggi l’aiuto dell’ultima generazione della famiglia, impegnata nei diversi settori. Il volto giovane e l’innovazione sono dimostrati, tra le altre cose, dalla ristrutturazione delle quattro case coloniche adibite ad agriturismo, dal recupero delle grotte sotterranee, utilizzate per la conservazione delle riserve aziendali di maggior valore, e dal desiderio di far emergere Forano.



Fattoria Forano di Lucangeli Giovanni Battista – Società Agricola Società Semplice

C.da Forano, 40 – 62010 Appignano MC

tel/fax +39 0 733 57102 – www.villaforano.it / info@villaforano.it

                                     

Leguminaria e il Sistema provinciale Macerata Fiera Diffusa


La Provincia di Macerata, in questi anni, ha avviato un’azione di coordinamento degli assessorati al Turismo, all’Agricoltura, all’Artigianato, all’Industria, per valorizzare ed armonizzare le diverse iniziative e le numerose rassegne presenti nel territorio, facendole conoscere in tutta Italia e facilitando il turista a scegliere un pacchetto di opportunità, di itinerari e di visite.

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All’interno di questo progetto, che va sotto il nome di Sistema provinciale Macerata Fiera Diffusa, c’è anche Leguminaria.

I prodotti tipici e di qualità sono un elemento fondamentale, oggi, per attrarre turisti che cercano nell’enogastronomia una chiave di lettura del territorio.

Nel caso di Appignano, i legumi si abbinano con il vino e con la tradizionale lavorazione delle ceramiche.

In questo senso Leguminaria è un’idea vincente: i legumi, il vino, l’artigianato artistico, nel loro insieme, diventano un richiamo per il turista colto e curioso che va alla ricerca di elementi unici ed esclusivi, ed hanno la capacità di esportare fuori dai confini provinciali l’immagine migliore del piccolo borgo.












Leguminaria e il percorso di ricerca e sperimentazione applicata


Con Leguminaria i legumi diventano una “opportunità da cogliere”, produzioni di qualità da reintrodurre nel mercato e nella gastronomia locale. La rassegna comprende, infatti, uno studio finanziato dalla Regione Marche per l’individuazione, il recupero ed il mantenimento in purezza degli ecotipi di fagiolo, cece e roveja originari di Appignano. Eccone, in una sintesi, le conclusioni.

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Appignano potrà abbinare al suo territorio una produzione unica e di alta qualità di un particolare tipo di fagiolo. Si tratta di una varietà a taglia bassa, con granella color zolfo.

Per aspetti organolettici e nutrizionali, “Solfì” si colloca al primo posto di una ipotetica graduatoria delle diverse tipologie di fagiolo, perché è caratterizzato da una buccia sottilissima e da una bassissima concentrazione di fattori antinutrizionali che ne determinano una elevata digeribilità.

Con questo positivo risultato si conclude il percorso di ricerca e di sperimentazione applicata finalizzato a reintrodurre nell’areale di origine quelle biodiversità in grado di fornire un marcato contributo alla tipicizzazione del territorio.

La ricerca, finanziata dal servizio Internazionalizzazione, Cultura, Turismo e Commercio della Regione Marche e sviluppata in quattro anni dal dottor Valentino Ferrari, direttore del CRA-ORA Orticoltura di Monsampolo del Tronto (Ap), ha consentito anche di migliorare sensibilmente la produttività del cece denominato “Quercia” (Cicer arietinum) e della roveja (Pisum arvense), con un incremento dei margini economici per gli agricoltori.

Lo studio fa parte di un più ampio progetto regionale di recupero  delle tipicità che si estende alla “fava” di Fratterosa (Pu), alla “cipolla” di Suasa (Pu), al “carciofo” di Montelupone (Mc), al “rafano” di Barchi (Pu) e alle “patate” del Montefeltro.





14 Ottobre 2009 alle 1:54 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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