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Outsider d’America: Larry Brown e Breece D’J Pancake

di | in: Foto e Vignette, Recensioni


«Il buio è la cosa migliore. Non c’è viso, non ci sono parole, c’è solo la pelle calda, qualcosa di vicino e di dolce, qualcosa in cui perdersi. Ma quando la prendo, so che cos’ho, il corpo di una ragazzina che non si muoverà né per abitudine né per piacere, una bambina che gioca a fare la puttana, e mi sento orribile vicino a lei, e a causa di lei.» (dal racconto “Una stanza per sempre” di Breece D’J Pancake)


L’America derelitta, affamata e ridotta all’osso non ha mai lesinato scrittori in grado di rappresentarne sulla pagina la desolazione infinita. Larry Brown e Breece D’J Pancake non ci sono più e di loro ci resta poco o pochissimo. Le sparute pagine che ci hanno lasciato incarnano però al contrario il sogno americano, mostrano lo stridente e triste ideale yankee capovolto dallo scontro tra le smisurate ambizioni dell’uomo e l’impossibilità dei sogni, e lo fanno in un modo così spontaneo e lineare da commuovere. Larry Brown appartiene alla stessa stirpe di disperati di Charles Bukowski, Raymond Carver, Chuck Kinder. Porta nei muscoli la stessa irrequietezza di Jack Keruoac, la trasferisce sulla pagina con la naturalezza attonita che la meraviglia della scrittura genera, con la precisione meticolosa di chi sa che le parole non sono vane. Il suo romanzo “92 giorni” (Mattioli 1885, 2010 – pag. 132, € 12) racconta la storia di uno scrittore squattrinato, mollato dalla moglie, dedito a lavoretti saltuari per permettersi le casse di birra che paiono essere l’unico antidoto al senso di morte che permea il romanzo dall’inizio alla fine. Tra comportamenti antisociali, stordimenti e grida di dolore, per Leon Barlow, protagonista ed alter-ego dell’autore, anche la scrittura finisce per trasformarsi da valvola di sfogo in cappio al collo quando i suoi racconti vengono puntualmente rifiutati da editori e riviste con lettere prestampate e inesorabilmente frustranti («Tu, mio caro, non sei altro che una persona ignorante. Come cazzo fai a sapere che non venderà se non provi a venderlo? Credi che possa inventarmi un’altra cazzo di storia nel giro di cinque minuti? Ho lavorato a questa merda per due anni. Hai una minima idea di cosa significhino due anni per una persona?»). Il suo calvario di perdente sistematico è quello di tanti o di nessuno, è quello che suona ridicolo e imbarazzante e insieme talmente pesante da toglierti la voglia di respirare. Larry Brown è morto nel 2004 a cinquantatre anni, dopo una vita in cui aveva fatto tutto e anche di più. Al suo funerale circa seimila persone, soprattutto pompieri e scrittori.
“Trilobiti” (Isbn Edizioni, 2010 –  pag. 192, € 9) è invece l’acclamata raccolta di racconti di Breece D’J Pancake che i tipi di Isbn hanno recentemente ripubblicato in edizione tascabile dopo averne portato per la prima volta le spoglie in Italia nel 2005. Di “Trilobiti” dicono tutti un gran bene, a partire dai nomi grossi che l’editore sbatte sulla quarta di copertina (Kurt Vonnegut, Tom Waits, Joyce Carol Oates). E’ troppo facile e breve la via alla mitizzazione di uno scrittore morto suicida a 26 anni senza aver pubblicato nulla? Probabilmente sì. Eppure dentro queste dodici short stories – uscite negli Stati Uniti nel 1983, quattro anni dopo la morte dell’autore – c’è qualcosa che vibra e continua a vibrare  dopo che si è conclusa la lettura: Pancake aveva la capacità di convogliare in un unico spietato rintocco la forza biblica della natura, la solitudine dell’America rurale, l’odore delle roulotte e la polverosità delle cave di carbone, l’angoscia di una vita misera e di un sesso infelice, e quel rintocco è capace di scuotere le ossa di chi legge. Pancake era un Faulkner nichilista e disperato che, nelle duecento pagine scarse che si hanno di lui, ha saputo raccontare con crudeltà e candore il dramma imperituro che pervade la natura e lì permane per tempi interminabili, come fossile, come i trilobiti del primo racconto («Sento che la mia paura si allontana in cerchi concentrici attraverso il tempo, per un milione di anni»).




22 Ottobre 2010 alle 12:38 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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