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Le Marche: da modello politico a modello di buongoverno

di | in: Cronaca e Attualità

Amedeo Ciccanti

GENESI E STRUTTURA DEL “MODELLO MARCHE” – L’UDC di Ascoli e del Piceno può ritenersi, a ragione, il punto di partenza per l’elaborazione del cosiddetto “modello Marche”.


Il Piceno è stato, per anni, l’unico baluardo politico della destra marchigiana, dove la sinistra ha trovato più difficoltà ad affermarsi nei governi locali.


L’UDC, forte anche di una consolidata tradizione elettorale della DC, è stata determinante per la vittoria del centrodestra nel comune capoluogo, sia nelle elezioni del 1999 sia in quelle del 2004.


La rottura nel 2009 con la destra che, con la costituzione del PDL nelle elezioni politiche del 2008 e la vittoria al Comune di Roma del Sindaco Alemanno senza l’alleanza con l’UDC, ha affermato anche nel piceno la cosiddetta “dottrina Alemanno”; ossia la convinzione che il PDL potesse vincere da solo le elezioni locali senza l’UDC, anzi assorbendo l’elettorato di riferimento dell’UDC con la conseguente sua estinzione.


Alla luce dei fatti, tale strategia si è rivelata fallimentare, perché l’UDC non solo ha mantenuto le posizioni nel proprio insediamento elettorale, ma ha riconquistato una propria identità ed autonomia che l’ha reso protagonista nelle elezioni regionali 2010.


Lo sganciamento dell’UDC piceno dalla destra, ha permesso anche lo sganciamento successivo dell’UDC maceratese dall’alleanza con il PDL, rappresentando il sistema di alleanze interessato con il PDL nelle due province un vincolo di alleanze al governo ed all’opposizione in quasi tutti gli enti locali della regione.


E’ con l’UDC piceno che nel 2009 si inaugurò la stagione “terzopolista”, sfidando da solo nelle elezioni provinciali e del comune capoluogo sia il PD che il PDL.

E’ con l’UDC piceno e di Ascoli che è partita la linea dell’autonomia che ha pervaso poi tutto il partito regionale ed ha anche condizionato le scelte del PD regionale, il quale ha saputo cogliere il momento per una scelta moderata e di rottura con le formazioni massimaliste esistenti alla sua sinistra.

 

La realtà picena, con la rottura a sinistra tra PD e le forze massimaliste guidate dall’ex Presidente Rossi e la rottura a destra tra UDC e PDL, hanno reso possibile quella ricomposizione tra l’area moderata e governativa del PD e l’UDC che oggi governa la Regione Marche, ma si appresta anche ad essere un modello di riferimento del quadro politico nazionale, i cui germi sono già visibili nel Governo Monti.


UN NUOVO MODELLO DI GOVERNABILITA’ – La ricomposizione di un diverso quadro politico regionale si è reso necessario non tanto sulla base di una visione ideologica o di “sperimentazioni” politiche, quanto piuttosto dalla necessità di dare risposte politiche ed amministrative concrete alle nuove sfide imposte dalla crisi economica e finanziaria, che ha investito l’Italia e l’Europa.


La convinzione che dalla crisi non si esce senza equità e che dalla crisi non si esce senza sviluppo, ha reso consapevole la classe dirigente politica regionale che lo sviluppo non si sarebbe potuto ottenere con un quadro di alleanze improntate ad una visione ideologica e di classe della complessa ed articolata  realtà socio-economica marchigiana e che l’equità non si sarebbe mai potuta ottenere con una destra populista e conservatrice, che mira a difendere privilegi e rendite per mero calcolo elettorale.


La necessità di un equilibrio tra sviluppo ed equità: “non c’è solidarietà senza ricchezza”,  è stata la ragione dell’incontro tra UDC e PD a livello regionale, inaugurando con la Presidenza Spacca il “modello marchigiano” come riferimento politico.


La rivisitazione della legge sulla casa, la nuova legge urbanistica in corso di elaborazione, il rigore finanziario con tagli selettivi e non lineari, lasciando intatta la spesa sociale, nonostante il taglio del 66% dei trasferimenti statali alle regioni, sono i punti più salienti della svolta regionale più recente.

La ristrutturazione del sistema sanitario in rapporto alle compatibilità finanziarie imposte dal Governo centrale con il “Patto per la salute” e la riduzione dei costi della politica, sono le ulteriori azioni di riforme strutturali che la Regione Marche sta portando avanti per rendere compatibile il “sistema Marche” con i nuovi traguardi della politica nazionale ed europea.


E’ di tutta evidenza come questa visione sulla governabilità delle realtà territoriali marchigiane imponga un confronto serrato con il “sapere” e con gli “organismi sociali” locali. Tale confronto potrà avvenire solo con una nuova classe dirigente UDC, capace di saper condurre questo confronto.


A tal fine è necessario aborrire ogni tentazione autoreferenziale, superare ogni tentazione di rendita di potere, aprire il Partito ai giovani, alle donne, soprattutto a quel ceto medio protagonista della vita sociale e civile, il quale può portare quella lettura della società in chiave moderna, che spesso sfugge all’attuale ceto politico.


Sarà su questi temi che i delegati dell’udc piceno faranno valere il loro mandato per il rinnovo degli organi regionali di partito, improntato all’affermazione di una nuova classe dirigente.


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6 Dicembre 2011 alle 1:45 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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