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La Disfida di Porto d’Ascoli

di | in: Primo Piano

HOUSE CONCERTS

[“CAMERA CONCERTO”: Ed Schmidt / singer-songwriter (chitarra) Sergio Frattari (chitarra, basso) Dino Pulcini (batteria)]

Photo exhibit: Massimo Di Marzio HOUSE CONCERTS TOUR – www. notedicolore.net www. nuovojazz.blogspot.com

via Fanfulla da Lodi  x / ultimo piano (!) – Porto d’Ascoli – 11 marzo 2012 h 18


Mi vengono in mente le gesta cavalleresche di Giovanni Bartolomeo Fanfulla alla Disfida di Barletta del 1503, mentre il TomTom mi conduce al fondo di via Fanfulla da Lodi, poco prima delle rane della Sentina, poco prima delle torri-del-porto, poco prima dei laghetti spariti, poco prima del Tronto e dell’Abruzzo. Un “Camera Concerto” laggiù, bah. Ma l’annuncio via mail era magistrale da ogni punto di vista – tecnico, grafico, emozionale… – con in più quell’alone di mistero e di suspence da caccia al tesoro, tot partecipanti e basta, come se selezionassero quelli bravi e avventurosi…


Avevo risposto subito di sì, senza sapere nulla della location, sarebbe stata svelata alle 12 in punto di domenica. Un’occhiata – in rete – solo a quell’Eddie Schmidt singer-songwriter: non male, specie il pay-off dell’album – no commitments except those created by chance – finalmente un messaggio non commerciale, questo “venire a patti [solo] con il caso”, libertà non condizionata, morbidamente anarchica… Per mail mi avevano confermato, grazie a qualche ritiro ero rientrato nei 40. Mi sembrava già di aver superato una prova, di aver acquisito dei punti, di stare ben in gara, come in una “disfida”…

 E’ un appartamento anni ’70, ultimo piano, rigorosamente vintage in ogni particolare: il corridoio lungo e stretto fa da spina dorsale a cucina – salottino – tre stanze – terrazzo e bagno. Pensili in formica, finestre di legno verniciato trasparente con serrandine di plastica, modesti lampadari a palla, vissuti mobili simil svedesi, specchi ovali, pavimenti ceramica e graniglia. Tutto molto familiare ed ordinato, con affettuose attenzioni (cartelli indicatori “guardaroba”, lucine d’atmosfera, cuscini spaiati e tappeti non persiani in aiuto a faticate sedie…). C’è aria di festa tranquilla, ma anche emozione. “Pubblico” eterogeneo mediamente giovane e curioso, che scopre quasi di conoscersi. L’organizzazione è stata un salto nel buio, ma presto tutti si sentono come a casa propria (complici i preliminari dell’aperitivo con “vino novello, torte salate, tartine con salsa tonnata, sformati, zuppa di legumi, lenticchia con crostini, verdure e stuzzicherie varie” della casa). Mi pare d’essere ad una di quelle pomeridiane feste di tardo liceo che si facevano da chi aveva una casa decente, oltre che genitori “moderni”: si mangiavano le paste di Giammarini e si ballicchiava i 45 con i giradischi Lesa, i registratorini a tasti colorati Geloso G255 e le casse grigie a 2 vie, quando andava bene…


Qui invece musica live, ex camera da letto in fondo a destra: musicisti ad angolo vicino alla finestra, un po’ incastrati tra gli strumenti, l’amplificazione e i microfoni, ma con pochi watt c’è più gusto. La metà di noi gli sta intorno, l’altra metà in corridoio. Ci si scambia allegramente di posto, si vedono teste spuntare, guardare e ritrarsi, si scattano foto, si ascolta, si pensa… Musica educata, ballate sconosciute amichevoli e non complicate, qualcuna di sapore politico (che parla di guerre d’Iraq e d’Afganistan, mi pare) altre che evocano i Bob Dylan d’antan, altre che risentono della vita viaggiante di Ed (le statue nere del Ponte Carlo di Praga), tutte comunque profondamente artigianali, lontane dall’industria della musica che Schmidt detesta.


E non è solo musica: alle pareti del corridoio, ma anche altrove e perfino in bagno, gli scatti di Massimo Di Marzio, che rappresentano “la realtà com’è, più bella di com’è, più brutta di com’è”. Fotografia come evoluzione dinamica delle cose e dell’animo, quindi niente fronzoli, niente calcoli, solo lo studio del tempo, del momento che passa, che cambia, che evapora. Immagini senza un perchè, viste senza esser visti, ma non perse. E la foto che ti piace sei autorizzato a staccarla dal muro e portarla via…


La Disfida di Porto d’Ascoli è stata un atto di coraggio, d’incoscienza e d’ottimismo. Riuscito, anzi vinto. Non c’è bisogno di strutture, teatri, palchi, vagonate di soldi, personaggi di successo, roboante pubblicità. Invece serve tutto il resto, e qui c’è: persone di qualità che osano con nulla, e artisti comunicativi, spontanei, che inventano e sorridono, a te che li guardi e li ascolti con passione. Poi basta una casa di amici. Chissà dove sarà “The room of the next concert”…


        13.3. ’12      PGC 


PGC












14 Marzo 2012 alle 18:13 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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