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Evan Mandery “Q. Una storia d’amore”

di | in: Primo Piano, Recensioni

Evan Mandery – Q. Una storia d’amore (Neri Pozza, 2012 – pag. 349, € 18)


Non ingannino il titolo né la copertina. “Q. Una storia d’amore” è un romanzo che rinnova i temi della grande tradizione americana e pone questioni finissime e allo stesso tempo gravose con un’efficacia rara per un esordio. Evan Mandery, nato nel 1967 a Brooklyn, è infatti autore di un paio di saggi ma questo è il suo primo romanzo.
“Q. Una storia d’amore” racconta l’incontro tra Quentina detta Q, bellezza disarmante tutta presa dalla battaglia per difendere gli spazi verdi di New York dall’invasione del cemento, e un giovane scrittore che ha appena pubblicato un romanzo controstorico sul presidente Harrison. I due condividono idee politiche, hobby, letture e soprattutto sogni. Quello di sposarsi si avvererà presto, i preparativi quasi conclusi. Tutto sembra procedere magicamente fino a quando lo scrittore non riceve la visita di un enigmatico quanto familiare sessantenne che gli rivela di essere se stesso invecchiato di trent’anni e di essere venuto dal futuro per impedirgli di compiere la scelta che gli rovinerà la vita, che è proprio quella di sposare Q.


La prima parte del romanzo ruota attorno all’angoscia del giovane scrittore che non si dà pace nel tentativo di trovare il modo migliore per lasciare l’amore della sua vita e si conclude con trenta pagine dedicate ad un pranzo del Ringraziamento difficile da dimenticare, scritte con un climax soffocante, ricche di dialoghi di invidiabile maestria, trenta pagine che da sole valgono l’acquisto del romanzo, del quale rappresentano il vero e proprio centro di massa.
Nella seconda parte il plot tende ad attorcigliarsi – non sempre in modo felice – tra ripetuti salti temporali e divagazioni metaletterarie francamente evitabili. Il protagonista continua a ricevere visite dai suoi futuri Io, ognuno dei quali ha un consiglio da dispensare che diventa presto un ordine a cui obbedire. La vita dello scrittore ne è sconvolta e con essa il fluire della narrazione che, in taluni momenti, pare incepparsi.
Nell’ultima parte il romanzo torna a volare alto e riscatta pienamente la risacca centrale. Dopo aver a lungo rimandato la pacificazione, scegliendo il disequilibrio e la tensione, Mandery arriva alle ultime pagine con il desiderio di sciogliere la sua storia in una meraviglia ultraterrena. Probabilmente prevedibili, le pagine finali non rispondono alla domanda che attanaglia il lettore per tutta la lunghezza del romanzo (tornerei indietro a cambiare alcune scelte che hanno influenzato in negativo la mia vita se fosse possibile viaggiare nel tempo?), ciononostante sigillano le vie del cuore in una stretta che scompiglia ogni -offesa, come se la grazia e la tenerezza fossero i soli strumenti con cui armeggiare contro l’imprevedibilità e il caso.




2 Giugno 2012 alle 22:00 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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