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PleinAir

09 set 2014
MARCHE PLEIN AIR, UN MODELLO ITALIANO PER L’OSPITALITÀ DEDICATA AI TURISTI IN CAMPER Presentato questa mattina nella sede regionale il Rapporto Regionale – Marche sul turismo in libertà in camper e caravan 2014.

Si è svolta questa mattina in Regione la presentazione del Rapporto Regionale – Marche sul turismo in libertà in camper e caravan 2014: una fotografia degli indicatori e dei dati relativi al comparto produttivo e turistico del plein air nella Regione che in ambito nazionale rappresenta una case history importante e un modello per le altre Amministrazioni locali.

Le immatricolazioni di autocaravan e caravan nelle Marche

Le Marche sono risultate nel 2013 la terza Regione del Centro Italia, dopo la Toscana e il Lazio rispettivamente al primo e al secondo posto, per il volume delle autocaravan nuove e usate, pari a 958 veicoli (2,9% del totale nazionale), che per quello delle caravan nuove e usate, pari a 289 veicoli (3,2% del totale nazionale).

Analogamente al trend nazionale, la contrazione del mercato del nuovo a livello regionale (pari all’11,5% nel 2013 rispetto all’anno precedente) viene bilanciata dalla considerevole crescita dei trasferimenti netti di proprietàdelle autocaravan (+70% rispetto al 2012), che passano dai 514 mezzi nel 2012 agli 874 mezzi nel 2013. Il volume usato/nuovo autocaravan, dunque, raddoppia nel 2013 rispetto all’anno precedente: ogni 10 nuove autocaravan immatricolate nella Regione se ne contano 104 usate.

Flussi e tipologie del turismo in autocaravan nelle Marche

Dal Rapporto emerge come le Marche rappresentino una meta d’eccellenza per il turista, italiano ed estero, che sceglie di viaggiare in autocaravan e in caravan nel nostro Paese. Secondo i dati dell’Osservatorio Regionale del Turismo della Regione Marche, nel 2013 nelle aree di sosta regionali sono stati registrati circa 57 mila arrivi complessivi, di cui l’88% di camperisti italiani e il 12% di camperisti esteri, con oltre 182 mila presenze, realizzate per il 90% sul totale dagli italiani.

In termini di flusso regionale degli arrivi e delle presenze, sono le Province di Ancona e di Pesaro-Urbino a detenere il primato: la Provincia di Ancona, considerando sia i camperisti italiani che esteri, ha registrato ben 19.951 arrivi complessivi (oltre il 35% del totale regionale annuo) e 47.800 presenze (più del 26% del totale regionale annuo), mentre la Provincia di Pesaro-Urbino ha contato 16.008 arrivi (28% del totale regionale annuo) e 50.355 presenze (più del 27% del totale regionale annuo).

Volendo analizzare il flusso turistico in funzione della Regione italiana di provenienza, si registra che sono gli stessi camperisti marchigiani ad aver prodotto in assoluto nel 2013 il maggior numero degli arrivi (9.100, corrispondenti al 18% del totale domestico regionale annuo), seguiti dai camperisti della Lombardia (7.611 arrivi, pari al 15% del totale domestico regionale annuo) e dell’Emilia Romagna (7.299 arrivi, pari al 14,5% del totale domestico regionale annuo). Dall’analisi degli arrivi esteri in autocaravan nelle Marche nel 2013, i principali territori europei di provenienza sono stati la Germania, con 1.935 arrivi, la Francia, con 754 arrivi, e i Paesi Bassi, con 721 arrivi.

Le strutture ricettive nelle Marche

Le Marche, nel 2013, si sono classificate al quinto posto in Italia con 146 aree di sosta (7,9% delle 2.000 aree di sosta totali presenti a livello nazionale), precedute da Piemonte (12,4%), Emilia Romagna (10,4%), Toscana (9,7%) e Veneto (8,2%).

Osservatorio CISET: Marche prime in Italia per ospitalità all’aria aperta

Le Marche detengono il primato in termini delle migliori performance dei tre indicatori elaborati dall’Osservatorio sul turismo in camper e all’aria aperta nelle Regioni italiane, realizzato da APC, in collaborazione con il CISET-Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e che sono: i valori di turisticità en plein air, ossia la capacità di attrazione dei turisti all’aria aperta e la loro distribuzione/concentrazione sul territorio; gli indici di ricettività en plein air, valutati in funzione del grado di specializzazione dell’offerta ricettiva e della qualità delle aree di sosta e della loro distribuzione e concentrazione sul territorio; il grado di sensibilità e di attenzione dei Comuni a investire nel potenziamento della ricettività en plein air.

Il quadro normativo regionale

La Regione Marche rappresenta un modello italiano anche in merito al riconoscimento normativo dell’ospitalità turistica dedicata ai camperisti. L’art. 35 della Legge 9/2006“Testo unico delle norme regionali in materia di turismo” disciplina le aree attrezzate riservate esclusivamente alla sosta e al parcheggio di autocaravan e caravan. Elemento innovativo della normativa regionale, l’introduzione della DGR n. 1701/2009 con la quale sono stati definiti i requisiti e le modalità di riconoscimento delle aree sosta di eccellenza. Dopo accurati sopralluoghi, un’apposita Commissione della Regione Marche ha individuato 18 aree, presenti nella guida “plein air Marche” consultabile e scaricabile dal sito www.turismo.marche.it, che non si limitano a un’offerta base di servizi (sosta e camper service) ma possiedono le caratteristiche per una confortevole permanenza.

Inoltre, la Regione Marche parteciperà con un proprio stand, contrassegnato dalle immagini della campagna promozionale con Neri Marcorè, al Salone del Camper di Parma (13-21 settembre), la più importante manifestazione italiana del caravanning e del turismo en plein air, in stretta collaborazione con l’Associazione camperisti regionale.

Anche dal turismo en plein air la conferma che la strategia regionale che propone tanti turismi in grado di attrarre target diversi e destagionalizzare con offerte lungo tutto l’arco dell’anno, è vincente e produce ottimi frutti. I dati del comparto produttivo e turistico ‘all’aria aperta’ presentati oggi parlano chiaro: a livello nazionale la nostra regione rappresenta un modello di ospitalità qualificata e ricercata per i turisti in camper e caravan che amano una vacanza di benessere e bellezza, in una terra accogliente dove paesaggio e cultura si coniugano per divenire luogo unico e incantevole per trascorrere al meglio il proprio tempo libero. Il turismo all’aria aperta rappresenta per la Regione Marche un segmento particolarmente importante per qualità e numeri. La sua influenza sul comparto turistico complessivo è particolarmente significativa, ha dichiaratoil presidente della RegioneGian Mario Spacca.

Diversificare e destagionalizzare l’offerta turistica con l’implementazione delle aree di sosta camper – secondo Jan de Haas, Presidente APC è questo uno degli ingredienti che ha fatto del sistema ricettivo della Regione Marche un modello italiano. Ma non solo. L’Amministrazione ha saputo garantire un’ospitalità multifunzionale e integrata con il territorio e questo ha contribuito ad apportare benefici ai sistemi economici locali. La Regione Marche è stata poi la prima in Italia a riconoscere la normativa che disciplina la realizzazione di aree attrezzate riservate alla sosta e al parcheggio di autocaravan, differentemente dall’estrema frammentarietà del quadro normativo turistico sul territorio nazionale che rappresenta uno dei principali ostacoli allo sviluppo di questa tipologia di viaggio, tema su cui siamo impegnati da sempre”.

Ringraziamo il Presidente Spacca per la preziosa collaborazione instaurata da tempo ha detto Francesca Tonini, Direttore Generale APC l’Amministrazione regionale è sempre stata attenta a questa speciale tipologia di turismo. Da sottolineare un dato interessante: dal 2001 sono state ben 17 le Municipalità marchigiane ad aver partecipato al Bando “I Comuni del Turismo all’Aria aperta” e sono 3 le strutture ricettive realizzate anche grazie al contributo APC, precisamente a Montappone, Fermo e Montelupone. Ci sono tutti i presupposti per continuare a collaborare, vista la sensibilità del territorio, mettendo a sistema gli operatori della filiera per avviare un progetto di marketing territoriale che permetta la promozione di Marche plein air”.

 

 

FESTIVAL ADRIATICO MEDITERRANEO – “TRAFFICO ILLEGALE, SFRUTTAMENTO, MALTRATTAMENTO E SALVAGUARDIA DEGLI ANIMALI MARINI” – INCONTRO ALLA LOGGIA DEI MERCANTI DI ANCONA .

Sabato pomeriggio alla Loggia dei Mercanti di Ancona, nell’ambito del Festival Adriatico-Mediterraneo, l’Assessorato all’Ambiente ha organizzato il convegno “Traffico illegale, sfruttamento, maltrattamento e salvaguardia degli animali marini”. Un momento di approfondimento sulle forme viventi e gli ecosistemi marini, che costituiscono la biodiversità del mare. La biodiversità marina, oltre a essere la ricchezza più importante del mare stesso, è un indicatore fondamentale della sua qualità e della sua salute. Per questo conoscerne i presupposti è fondamentale per azioni di conservazione efficaci e che costituiscono un obiettivo prioritario delle politiche ambientali e culturali degli ultimi decenni. Sabato mattina, sempre nell’ambito delle iniziative dedicata alla biodiversità, nelle acque antistanti la spiaggia del Passetto, in collaborazione con la Capitaneria di Porto, è stata rimessa in libertà “Maura”, un esemplare di tartaruga marina rimasto intrappolato lo scorso inverno in una rete da pesca. Alla liberazione hanno partecipato alcuni pescatori delle locali e caratteristiche “grotte”.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE

Seduta dell’Assemblea legislativa regionale del 9 settembre 2014

LA CORRETTEZZA E LIMPIDEZZA DELLE SCELTE DEL GOVERNO REGIONALE

Va ribadito prioritariamente che il Governo regionale, nonostante l’ambiguità delle scelte statali e le contraddizioni della relativa normativa, ha sempre operato nel massimo rispetto del principio di legalità e trasparenza.

Ha agito, inoltre, con responsabilità e apertura al confronto.

Nessuna colpa, pertanto, può essere imputata al Governo regionale rispetto alla delicatissima e complessa situazione che si è determinata sul versante della valutazione di impatto ambientale, in particolare per gli impianti di produzione di energia da biomasse e biogas.

Il Governo regionale, anzi, si è dovuto fare carico di responsabilità altrui e ne paga ingiustamente le conseguenze.

Ogni altra interpretazione è priva di fondamento.

Tutto ciò è dimostrato dai fatti, aldilà delle scorrette semplificazioni, delle pericolose strumentalizzazioni e delle parole inconcludenti, che non approfondiscono il merito tecnico e politico e non propongono, quindi, soluzioni adeguate a risolvere un enorme e complesso problema giuridico creato dal legislatore nazionale, nonchè ad assicurare una valutazione comparativa degli interessi della comunità regionale.

I FATTI

Proprio sull’oggettività dei singoli fatti va richiamata ancora una volta l’attenzione.

La legge regionale n. 3/2012

La legge regionale n. 3/2012, relativa alla valutazione di impatto ambientale, è stata approvata in adempimento di un preciso obbligo di adeguamento al decreto legislativo n. 152/2006.

Tale obbligo grava sulla Regione in relazione alla competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente attribuita allo Stato dalla Costituzione.

La legge regionale n. 3/2012 prevedeva comunque soglie inferiori a quelle statali e, quindi, di maggiore garanzia per l’ambiente.

Rispetto alle biomasse, infatti, la soglia regionale era di 1 megawatt termico, quella statale di 50 megawatt. Rispetto al biogas, la soglia regionale era di 3 megawatt termici, quella statale sempre di 50 megawatt.

La Giunta regionale, inoltre, con deliberazione n. 1191/2012, aveva rafforzato, nell’ambito dei procedimenti autorizzatori relativi agli impianti a biomasse e biogas, il peso delle valutazioni ambientali finalizzate ad escludere effettivi negativi sull’ambiente. Era stata prevista, infatti, l’acquisizione in sede istruttoria del contributo tecnico scientifico dell’ARPAM.

La legge regionale n. 30/2012

La legge regionale n. 30/2012, relativa alle aree non idonee all’installazione di impianti alimentati da biomasse e biogas, ha stabilito che, fino all’individuazione delle medesime aree, e comunque non oltre quaranta giorni dall’entrata in vigore della stessa legge, non potevano essere autorizzati nuovi impianti nel territorio regionale.

La deliberazione n. 62/2013

La deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n. 62/2013, approvata in attuazione del decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 10 settembre 2010, che fissava le linee guida, ha individuato le aree non idonee all’installazione di impianti alimentati da biomasse e biogas.

L’impugnativa del Consiglio dei Ministri

Il Consiglio dei Ministri ha paradossalmente impugnato la legge regionale n. 3/2012, ma non quelle fotocopia di altre Regioni, nelle quali vengono rilasciate autorizzazioni per impianti di potenza ben superiore a quelle realizzate nelle Marche, secondo il criterio dimensionale della legge statale censurato dalla Commissione europea.

La sentenza della Corte costituzionale n. 93/2013

La Corte costituzionale, con sentenza n. 93/2013, a seguito del ricorso del Governo, ha dichiarato la parziale illegittimità di alcune disposizioni della legge regionale n. 3/2012 per il mancato rispetto della normativa comunitaria.

La sentenza della Corte costituzionale n. 332/2010

La stessa Corte costituzionale, però, con sentenza n. 332/2010, aveva dichiarato l’incostituzionalità, in quanto “in netto contrasto con la disciplina statale”, del comma 1 dell’articolo 57 della legge regionale n. 31/2009, che escludeva la possibilità di rilasciare autorizzazioni per impianti da biomasse con potenza pari o superiore a 5 megawatt termici.

La netta scelta della Regione Marche di non consentire la realizzazione dei medesimi impianti non è stata ritenuta legittima.

La procedura di infrazione comunitaria relativa al decreto legislativo n. 152/2006

Sul decreto legislativo n. 152/2006 la Commissione europea aveva da tempo avviato una procedura di infrazione che riguardava sia le soglie dimensionali al di sotto delle quali non sono necessarie né una procedura di valutazione di impatto ambientale, né una procedura di verifica caso per caso, sia i criteri indicati nell’Allegato III alla direttiva comunitaria.

Dell’avvio di tale procedura d’infrazione è stata data comunicazione alla Regione Marche solo dopo l’approvazione della legge regionale n. 3/2012.

Gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 93/2013

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 93/2013, nella Regione Marche sono assoggettati a valutazione di impatto ambientale tutti i progetti di competenza regionale, a prescindere dalle soglie dimensionali, con un’ingiustificata disparità di condizioni rispetto ad altre Regioni, nelle quali continua ad essere in vigore una disciplina analoga a quella che nelle Marche è stata dichiarata illegittima.

Sempre per effetto della sentenza e, in particolare, della omessa sottoposizione dei progetti alla valutazione di impatto ambientale, il TAR Marche ha annullato diverse autorizzazioni regionali concernenti impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Il Consiglio di Stato, in sede cautelare, ha confermato l’illegittimità dell’autorizzazione per omesso esperimento della valutazione di impatto ambientale.

Il Gestore dei servizi energetici, inoltre, ha comunicato ai soggetti titolari delle stesse autorizzazioni, per gli impianti in esercizio, l’avvio del procedimento per l’annullamento in autotutela del provvedimento di riconoscimento della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili e, per gli impianti da realizzare, l’avvio del procedimento di decadenza dalla graduatoria relativa al sistema incentivante.

I soggetti titolari delle autorizzazioni annullate hanno citato in giudizio la Regione per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale subito.

Tali danni ammontano a circa 48 milioni di euro.

Tale situazione, già di per sé difficilmente sostenibile, è resa più preoccupante nel contesto attuale, pesantemente segnato dalla crisi economica, che non consente pericolose scorciatoie e richiede la massima sinergia e corresponsabilità nelle scelte, insieme alla certezza dei riferimenti normativi.

Le iniziative per sensibilizzare il Governo nazionale

Il Governo regionale si è, pertanto, immediatamente attivato nei confronti delle istituzioni nazionali competenti ad intervenire in merito.

Il 31 maggio 2013 ha posto il problema all’attenzione del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro dello Sviluppo economico e del Ministro degli Affari europei.

Il 22 luglio 2013 si è rivolto nuovamente al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare per sollecitare una presa di coscienza sulla necessità di un riordino normativo del settore.

Si è attivato, poi, presso il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ed ha ottenuto che l’argomento fosse iscritto all’ordine del giorno della seduta del 24 luglio 2013.

In tale seduta la Conferenza ha condiviso la proposta della Regione Marche di chiedere al Governo l’emanazione di una normativa transitoria fino al recepimento della più recente direttiva comunitaria in materia di valutazione di impatto ambientale.

Il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, il 29 luglio 2013, ha ribadito al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare la necessità di un urgente intervento normativo statale finalizzato ad uniformare l’applicazione della normativa statale sulle procedure di valutazione di impatto ambientale.

Il Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il 7 agosto 2013, ha comunicato al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome che il tentativo di inserire una disposizione già nel disegno di legge europea 2013 non era andato a buon fine. Ha comunicato, inoltre, che la disposizione sarebbe stata riproposta in altra sede, appena possibile.

Il Presidente della Giunta regionale, in considerazione della mancata assunzione di iniziative in merito da parte dello Stato, ha riproposto la questione all’attenzione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In occasione del vertice governativo Italo-Serbo, che si è svolto ad Ancona il 15 ottobre 2013, è stata ulteriormente segnalata al Presidente del Consiglio dei Ministri l’esigenza inderogabile di un intervento.

Le sentenze del TAR Marche n. 523/2014 e n. 524/2014

Un’ulteriore conferma dell’ambiguità del quadro normativo statale è fornita da due recenti pronunce della magistratura amministrativa.

Il TAR Marche, in particolare, con sentenze n. 523/2014 e n. 524/2014, ha respinto la domanda risarcitoria dei privati, ma ha parzialmente annullato la deliberazione dell’Assemblea legislativa regionale n. 62/2013. Ha stabilito poi che, in esecuzione della sentenza, “la Regione Marche dovrà provvedere alla rielaborazione delle Linee guida, o mediante la rinnovazione integrale dell’istruttoria o mediante la riscrittura delle sole parti oggetto di annullamento”; opzione che, secondo quanto rilevato dal medesimo TAR Marche, “appare però meno indicata, stante la necessità di dare conto in maniera quanto più possibile chiara e motivata della inidoneità dei singoli siti e non già delle categorie paesistico – ambientali in cui è suddiviso il territorio regionale”.

Il parziale annullamento della deliberazione n. 62/2013 è stato pronunciato a seguito di un ricorso alla cui base “è l’assunto per cui, applicando i criteri localizzativi stabiliti dalle Linee guida, circa il 90 % del territorio marchigiano risulta inidoneo ad ospitare impianti a biomasse e biogas, il che, oltre a porsi in contrasto con le norme statali di settore, produce un danno patrimoniale ingentissimo per gli operatori”.

Sempre il TAR Marche ha rilevato che le linee guida statali contengono “disposizioni che si prestano ad interpretazioni esattamente opposte (le quali, non a caso, sono state poste dalle ricorrenti e dalla Regione a base delle rispettive tesi processuali)”.

Le linee guida statali, infatti, “sembrerebbero per un verso confortare l’operato della Regione (non essendovi alcun dubbio sul fatto che per “ricognizione” debba intendersi la semplice fotografia della vincolistica esistente)”.

Prevedendo però nel contempo che l’individuazione delle aree e dei siti non idonei “non può riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela, contengono anche norme che legittimano l’interpretazione delle ricorrenti”. E allora con il termine “ricognizione” non può intendersi “la semplice sovrapposizione delle tavole del Ppar alla carta geografica regionale, perché una simile operazione porrebbe per gli impianti a biomasse e biogas limitazioni che non trovano riscontro per nessun altro tipo di insediamento lato sensu industriale, il che dà luogo ad una chiara violazione della normativa statale e comunitaria che incentiva l’utilizzo delle f.e.r.”.

La Regione Marche, pertanto, dovrà nuovamente esprimersi in merito all’individuazione delle aree non idonee all’installazione di impianti a biomasse e biogas.

I SUCCESSIVI ATTI STATALI

In relazione alla procedura di infrazione da tempo avviata dalla Commissione europea e alle numerose sollecitazioni a ricostruire, in una materia così delicata e complessa, un quadro di certezze normative, lo Stato è di recente intervenuto sulla valutazione di impatto ambientale con diversi atti, ma non è riuscito a superare le criticità.

Prima di tali interventi, d’altra parte, più Governi, di diversa composizione ed estrazione politica, hanno tentato, purtroppo senza successo, di risolvere i problemi posti dalla procedura di infrazione.

Ciò per l’oggettiva difficoltà di individuare un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza imprescindibile di tutela dell’ambiente e quella dello sviluppo economico.

L’articolo 23 della legge n. 97/2013

L’articolo 23 della legge n. 97/2013, relativa all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, al fine di superare la procedura di infrazione, ha affidato al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’adozione entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, delle linee guida per l’individuazione dei criteri e delle soglie per l’assoggettamento alla procedura dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 152/2006. Ha demandato, inoltre, alle Regioni la possibilità di definire, entro tre mesi successivi, criteri e soglie ai fini della verifica di assoggettabilità.

Le linee guida previste dall’articolo 23 della legge n. 97/2013, però, non sono state adottate.

Il disegno di legge europea 2013 bis

Il Consiglio dei Ministri, inoltre, il 28 novembre 2013, ha presentato al Parlamento il disegno di legge europea 2013 bis.

L’articolo 15 di tale disegno di legge, oltre a disporre l’abrogazione dell’articolo 23 della legge n. 97/2013, rimasto inattuato, stabilisce che, per i progetti dell’allegato IV del decreto legislativo n. 152/2006, è affidata sempre al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione di disposizioni che definiscono i criteri e le soglie per ciascuna tipologia di progetto prevista nell’allegato IV per l’assoggettamento alla procedura dell’articolo 20. Dispone, altresì, che le soglie previste nell’allegato IV cessano di applicarsi a decorrere dell’entrata in vigore delle medesime disposizioni.

Il responsabile della Direzione generale per le valutazioni ambientali dello stesso Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare ha successivamente trasmesso all’Ufficio legislativo ulteriori proposte di modifica dell’articolo 15 del disegno di legge europea 2013 bis.

Tali proposte di modifica demandano allo Stato anche l’individuazione delle modalità con cui le Regioni adeguano i criteri e le soglie alle specifiche situazioni ambientali e territoriali.

Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, per accelerare i tempi, ha inviato alle Regioni la proposta concernente le linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale previste dall’articolo 15 del disegno di legge europea 2013 bis.

Anche il disegno di legge europea 2013 bis non è stato approvato ed è attualmente all’esame del Senato.

L’articolo 15 del decreto-legge n. 91/2014

Il Governo, in relazione all’indifferibilità ed urgenza di provvedere, è intervenuto in materia con il decreto-legge n. 91/2014.

L’articolo 15, comma 4, di tale decreto ha previsto la verifica di assoggettabilità postuma, anche a seguito di annullamento dell’autorizzazione in sede giurisdizionale, di impianti già autorizzati e in esercizio per i quali tale procedura era stata a suo tempo ritenuta esclusa sulla base delle soglie individuate nell’Allegato IV, alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, e nella legislazione regionale di attuazione, ferma restando la prosecuzione dell’attività fino all’adozione dell’atto definitivo da parte dell’autorità competente e, comunque, non oltre il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto – legge.

Nel testo approvato dal Senato nella seduta del 25 luglio 2014 il comma 4 è stato soppresso.

Il Coordinamento della Commissione ambiente e energia della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, il 29 luglio 2014, rilevato che la Commissione Ambiente del Senato aveva soppresso il comma 4, ha chiesto al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare il reinserimento del medesimo comma, al fine di evitare “pesanti ricadute di contenziosi molto onerosi a carico delle Regioni”.

L’articolo 15 del decreto-legge n. 91/2014, come approvato dalla legge di conversione, conferma la necessità dell’adozione, da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un decreto che definisce i criteri e le soglie da applicare per l’assoggettamento dei progetti di cui all’allegato IV alla procedura di cui all’articolo 20, sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato V. Individua, inoltre, le modalità con cui le Regioni e le Province autonome adeguano i criteri e le soglie alle specifiche situazioni ambientali e territoriali e prevede che, fino all’entrata in vigore del medesimo decreto, la procedura è effettuata caso per caso, sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato V.

Si spera che tale decreto sia rapidamente adottato e che gli obblighi posti a carico dello Stato dalla vigente normativa non rimangano inattuati.

L’interrogazione alla Commissione europea

A seguito dell’adozione del decreto-legge n. 91/2014, è stata presentata alla Commissione europea un’interrogazione nella quale si chiede “se una valutazione di impatto ambientale postuma sia legittima, ovvero rappresenti una manifesta violazione delle norme dell’UE” e se intende invitare il governo italiano a correggere il medesimo decreto – legge “in coerenza alla direttiva 2011/92/UE e alle successive modifiche introdotte dalla direttiva 2014/52/UE del 16.4.2014, esplicitando anche il rischio di una procedura di infrazione”.

La Commissione europea ha risposto all’interrogazione rilevando che “per i progetti già autorizzati e avviati senza una previa procedura di screening, a causa dell’uso esclusivo delle soglie dimensionali nella normativa italiana, una valutazione postuma potrebbe comunque risultare utile per individuare delle misure di attenuazione e compensazione”.

La rinnovazione dei procedimenti

Come conseguenza diretta del contrasto tra la normativa statale e quella comunitaria la Regione, secondo quanto indicato dalla Corte costituzionale e dalla magistratura amministrativa, deve effettuare la rinnovazione dei procedimenti autorizzatori, per integrarli con la valutazione di impatto ambientale.

Tale valutazione è di competenza delle Province, che stanno procedendo in tal senso.

LA TUTELA DELL’AMBIENTE COME OBIETTIVO PRIORITARIO DEL GOVERNO REGIONALE

Oltre che su quello degli impianti per la produzione di energia da biomasse e biogas, anche su tutti gli altri specifici versanti di intervento la tutela dell’ambiente è sempre stata un obiettivo prioritario del Governo regionale.

Sono numerose e qualificate le iniziative assunte.

La green economy

Emblematico è il caso degli interventi relativi alla green economy, promossi e sostenuti con grande slancio e determinazione.

Come già evidenziato in questa Assemblea, tale slancio e determinazione hanno consentito di conquistare la terza posizione in Italia per Indice di Green Economy 2013, con un balzo di tre gradini rispetto all’anno precedente.

Ciò emerge da un’indagine che incrocia 21 indicatori di performance di qualità ambientale complessiva, riguardanti energia, imprese e prodotti, agricoltura, turismo, edilizia, mobilità e rifiuti.

Tra i parametri in cui la nostra Regione ha ottenunto i migliori risultati si inserisce quello relativo alla carbon intensity, che misura il grado di emissioni responsabili del cambiamento climatico: le Marche sono quarte, così come per la voce risparmio energetico e qualità ambientale dei prodotti.

La Regione Marche, poi, è la terza per fotovoltaico installato sui tetti di edifici e capannoni, anche se scende nella classifica per produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

E’ prima, infine, per punti vendita bio; seconda per alloggi agrituristici. Buona è anche la posizione per percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti e di agricoltura biologica in rapporto alla superficie agricola.

Tali risultati sono ancora più significativi perché in assoluta controtendenza rispetto al dato medio nazionale dell’indice, che tende a scendere negli anni.

Il Piano Energetico Ambientale

La massima tutela dell’ambiente è anche l’obiettivo del Piano Energetico Ambientale che ha previsto la riduzione del forte deficit di energia attraverso il risparmio energetico, la cogenerazione distribuita e le energie rinnovabili e rigetta, invece, altre opzioni, come il nucleare e il turbogas.

Non è un caso che la Regione Marche negli ultimi anni si sia opposta alla realizzazione delle due grandi centrali a turbogas di San Severino e Corinaldo ed abbia disincentivato quella di Falconara, né che siano state disattivate le centrali di Camerata Picena e Jesi.

IL DEFICIT REGIONALE DI ENERGIA E L’AGGIORNAMENTO DEL PEAR

Rimane, però, il problema del deficit energetico regionale, che influisce pesantemente sul costo finale dell’energia penalizzando il sistema produttivo marchigiano.

È necessario, pertanto, un aggiornamento del Piano energetico ambientale regionale ricercando la massima salvaguardia della salute dei cittadini e della sicurezza ambientale attraverso l’utilizzo di tecnologie e processi di innovazione coerenti con il modello policentrico regionale.

La Giunta regionale, con deliberazione n. 935/2012, ha avviato il percorso approvando l’accordo di collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche per la revisione del PEAR, che è stato sottoscritto il 23 luglio 2012.

IL BURDEN SHARING

Un intervento è tanto più necessario in considerazione degli obiettivi assegnati dal Burden Sharing.

L’Unione europea, infatti, ha fissato precisi obiettivi quantitativi, che ciascun Paese membro ha il compito di ripartire al proprio interno.

Le Regioni italiane e le Province Autonome di Trento e Bolzano concorrono al raggiungimento dell’obiettivo nazionale di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia, fissato per il 2020 al 17%.

Alla Regione Marche è stata assegnata al riguardo la quota del 15,4%.

Tale quota corrisponde a circa 540 Ktep (Kilo tonnellate equivalenti di petrolio).

Di questi 540 Ktep, 134 Ktep dovrebbero arrivare dalla produzione di energia elettrica (da FR) e 406 Ktep da energia termica (da FR).

Il mancato raggiungimento dell’obiettivo determina il commissariamento.

L’INDAGINE DELLA MAGISTRATURA

La diversità dei piani

Su un piano completamente diverso, che attiene ai comportamenti individuali e, quindi, alle responsabilità personali, si pone l’indagine della magistratura.

Nel relativo procedimento la Regione è soggetto offeso.

Nel momento in cui agiscono illecitamente, infatti, i funzionari si pongono al di fuori dell’ente e non lo rappresentano.

La Giunta regionale, pertanto, con deliberazione n.669/2013, ha deciso di costituirsi parte civile nel procedimento.

Le misure cautelari

Per esigenze cautelari, la Giunta regionale, con deliberazione n. 370/2013, considerata la particolare gravità dei reati ipotizzati, ha sospeso dall’incarico il dirigente coinvolto nell’indagine e, alla scadenza del medesimo incarico, non ha proceduto al rinnovo.

Ha ricollocato, inoltre, in strutture e funzioni diverse da quelle originarie gli altri dipendenti coinvolti.

Lo stato del procedimento penale

Rispetto allo stato del procedimento penale, risulta anche da notizie di stampa che il Pubblico Ministero, dopo la proroga del termine, ha concluso le indagini preliminari ed ha notificato agli indagati il relativo avviso.

Le persone indagate hanno facoltà, entro venti giorni dalla notifica di tale avviso, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al Pubblico Ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni, ovvero chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio.

Sempre da notizie di stampa risulta che, a seguito della richiesta del Pubbblico Ministero, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo di alcuni beni di proprietà delle persone indagate e lo ha successivamente revocato.

L’operato della magistratura, nella quale abbiamo massima fiducia, non va commentato.

Tutti dobbiamo attenerci fino in fondo alla regola del rispetto del lavoro che svolge, anziché uilizzarlo per interessi di parte.

La prevenzione e repressione dell’illegalità

Rispetto all’attività di prevenzione e repressione dell’illegalità, peraltro, la Regione Marche, consapevole della rilevanza della questione, ha provveduto immediatamente a dare attuazione alla recente normativa statale.

La Giunta regionale, in particolare, con deliberazione n. 43/2014, ha approvato il Piano di prevenzione per il triennio 2014 – 2016.

Con deliberazione n. 902/2014 ha definito, poi, come obiettivo prioritario per tutti i dirigenti regionali quello di espletare gli adempimenti in materia di prevenzione dell’illegalità.

Aldilà di tali doverosi adempimenti e di possibili deviazioni individuali, va riconosciuto che la struttura ammnistrativa regionale è oggettivamente sana.

C’è chi lavora con competenza e determinazione, senza risparmiarsi, ed ha l’assoluta certezza di avere la coscienza a posto, avendo fatto fino in fondo il proprio dovere.

 

 




9 Settembre 2014 alle 15:27 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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