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Nazzareno Torquati: grido di allarme sulla desertificazione del nostro mare

di | in: Cronaca e Attualità, dalla Città
Elaborazioni virtuali su ampliamento funzionale del porto di San Benedetto del Tronto

Elaborazioni virtuali su ampliamento funzionale del porto di San Benedetto del Tronto

Un intervento di Nazzareno Torquati  per creare discussione con gli addetti ai lavori circa la necessità di modificare radicalmente la normativa sulla gestione razionale delle risorse ittiche, questo anche in prospettiva dell’ assemblea generale che si terrà ad Ancona sabato prossimo di tutte le imprese adriatiche  aderenti a Federpesca.


Il grido di allarme sulla desertificazione del nostro mare è ormai incessante da almeno 25 anni quando si iniziò ad affrontare il problema con i famosi “fermi biologici” nel periodo estivo e che sono costati ad oggi oltre un miliardo di euro ed altrettanto, se non di più, per effetto indotto, perché essendo stato inefficace ha portato alla demolizione la metà della flotta peschereccia italiana .


Eppure, nonostante che anno dopo anno e per decenni la situazione della pesca italiana si aggravasse sempre più e con una inevitabile invasione di prodotti di importazione, si è continuato quasi in maniera autistica a percorrere lo stesso itinerario e a discutere per mesi sul periodo di fermo e se andava fatto a partire dai primi di agosto o dalla settimana successiva.

 

Oggi che è divenuto di pubblico dominio il fallimento di questa politica di settore si tenta una sua riesumazione chiedendo di aumentare i giorni di fermo biologico senza minimamente cercare di proporre sistemi sostitutivi di pesca.


Perché che senso ha diminuire ulteriormente i giorni di pesca se non si modificano le tecniche di cattura che hanno causato la drastica diminuzione degli stocks ittici? Come ad esempio la pesca delle sogliole esercitata all’ interno delle sei miglia con i rapidi che sono attrezzi altamente invasivi trainati da super motori da 1000/1500 cavalli che causa ogni volta la devastazione dei fondali marini.


Oppure la pesca delle vongole con le turbosoffianti, la pesca con i palangari che distruggono le matrici dei pesci, la piccola pesca che distrugge le uova di seppia fissate alle nasse, le retine e i cerchi non selettive  per la pesca di pesci e molluschi, le reti a strascico tradizionali e gemelle trainanti divergenti pesantissimi che solcano i fondali, le reti delle lampare e delle volanti che pescano la maggior parte di giovani alici.


E’ tutto un sistema tecnologico di pesca che va riconsiderato con un fortissimo investimento nella ricerca ormai indispensabile ed  utile ad individuare finalmente le aree di riproduzione e nursery e renderle sicure ed esercitare la pesca dove esiste la più alta concentrazione di individui maturi e costruendo attrezzi sempre più selettivi e meno invasivi sull’ ecosistema marino.


La Regione Marche potrebbe essere la prima in Italia a delineare un nuovo modello per lo sviluppo della pesca sia promuovendo accordi di distretto con i Paesi frontalieri che fornendo le risorse finanziarie per la ricerca che predisponendo con la massima sollecitudine  un piano strategico di intervento coinvolgendo le Regioni vicine.


Le marinerie ormai sono ben mature sulla necessità di un cambiamento radicale del sistema pesca mettendosi già loro stessi in discussione e collaborando attivamente allo sviluppo di un piano di gestione se debitamente coinvolti.



Nazzareno Torquati

Coordinatore Assimpesca di San Benedetto





18 Novembre 2010 alle 10:28 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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