Brenda Navarro “Cenere in bocca”

Brenda Navarro “Cenere in bocca”

Ci asfissiava, Madrid, perché per anni la mamma ci aveva detto che sarebbe stata un sogno e non era riuscita a mantenere quella falsa promessa: niente sogno, niente agiatezza, niente; semmai, io mi sentivo un po’ più povera che in Messico; semmai, più isolata e più malvista. Se in Messico potevano dirci che eravamo poveri, e lo eravamo, almeno eravamo in buona compagnia; a Madrid invece ci guardavano come poveri e anche come appestati. Diversi da loro.
Il nuovo romanzo di Brenda Navarro, che già si era fatta apprezzare qualche anno fa con lo splendido “Case vuote”, è tanto dolente quanto attuale e rappresenta in modo perfetto la sensazione di sentirsi fuori posto e fuori fuoco, in un luogo che avrebbe dovuto regalare una vita migliore e invece riserva soltanto amicizie precarie e lavori umili, saltuari e mal pagati, senza garanzie e senza prospettiva. Il racconto ha un andamento circolare, aprendosi e chiudendosi con il suicidio di Diego, il fratello minore della voce narrante; in mezzo c’è una storia come tante (una famiglia che scommette sul futuro emigrando) e allo stesso tempo una storia peculiare (una famiglia composta da una madre e due figli, avuti con due uomini diversi, il primo uno stupratore senza nome, il secondo un brav’uomo morto prematuramente). Cruciale è il rapporto tra fratelli, in un Messico insanguinato dalle faide criminali prima e in una Spagna incapace di produrre accoglienza poi. Perché si scappa dal Messico per fuggire dalla violenza ma, arrivati in Spagna, si trova un altro tipo di violenza, molto più subdola e crudele: la violenza invisibile di tutte quelle persone che, anche volendo, non riescono proprio a vederti come un essere umano uguale a loro. L’Europa, nelle pagine di Navarro, sembra una cariatide, vecchia e imputridita, altezzosa e finta, un territorio inospitale dove non sopravvive niente e dove muore, prima di ogni altra cosa, la passione. La passione di chi deve sopravvivere, “la passione che danno la fame, la stanchezza, il non poterne più”. L’Europa diventa dunque scenario desolato di una storia di silenzi, di muri comunicativi eretti a difesa dei dolori più intimi, destinati a restare taciuti. Con una prosa che rifiuta il sentimentalismo e si fa tagliente ed ironica anche quando racconta atrocità sulle quali sarebbe ingiusto ghignare o addirittura ridere, Navarro è a tratti impietosa ma risulta credibile anche per questo. Soprattutto, la sua scrittura è una cartina al tornasole dello stato delle cose per il Messico di oggi, tra un’istituzione familiare in frantumi e uno spaesamento incurabile.

 

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