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BERTOLDO, BERTOL[D]ASO E CACASENNO

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Non si maravigli alcuno se nel parlare che io farò degli accadimenti che colpirono l’Italia nell’anno duemiladieci della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio, io addurrò grandissimi essempli: perché, camminando gli uomini quasi sempre per le vie battute da altri, e procedendo nelle azioni loro con le imitazioni, deve un uomo prudente sempre percorrere vie battute da uomini grandi, e quelli che sono stati eccellentissimi imitare.
Dico adunque che in quel tempo l’Italia si trovava abundantissima d’ogni cosa che è necessaria per lo vivere umano, ma tra le maggior felicità che le si possono attribuire, questa credo sia la principale: che da gran tempo essa era dominata da ottimi Signori. Di questo stato di felicità dobbiamo dar merito a uno principe eccellentissimo lo quale, di ricchissimo e gran mercatante, cavalier divenuto, nomavasi Messer Bertoldo. Egli era ritenuto di grandissime possessioni e di gran lunga trapassava le ricchezze di ogni altro ricchissimo cittadino che allora si sapesse in Italia.
Di nobil animo ma di non leggiadre fattezze, per ciò che picciolo di persona era e molto assettatuzzo, soleva occultare il suo difforme aspetto, grazie all’ausilio di esperti cortigiani, con espedienti massimamente astuti: per essemplo, indossava calzari con triplo tacco per innalzar la statura, tal che niuno osasse malignamente chiamarlo “nano”; soleva altresì dissimulare la vasta calvizie con segrete misture mai a niuno rivelate.
Questi, tra l’altre cose sue lodevoli, nell’aspero sito di Arcore edificò un palazzo, nell’opinione di molti il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni opportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva.  Quivi eran tutte l’ore del giorno divise in onorevoli e piacevoli esercizi, così del corpo come dell’animo. E tutto il dì i soavi ragionamenti e l’oneste facezie s’udivano, e nel viso di ciascuno dipinta si vedeva una gioconda ilarità, e a tutti nascea nell’animo una summa contentezza ogni qualvolta al suo cospetto si riduceano. E parea che questa fosse una catena che tutti in amor tenesse uniti. Il medesimo era con le donne, con le quali si aveva onestissimo e liberissimo commercio.
Ragionasi adunque che tenendo Messer Bertoldo presso sé come amico suo fedelissimo tal messer Guiderello Bertol[d]aso, questo più che suo fratello carissimo amava. Era quegli uomo di raffinato ingegno, al comando e all’azione aduso: non curava fatiche, non pericoli, non danari. E, conciosiacosache molte erano nell’Italia nostra le ruine e le avversità, non davasi calamità che messer Bertol[d]aso non venisse a sanare.
 Ebbene: manifesta cosa è che gli uomini tutti per natura sono inclinati più al bene che al male; ma è tanto fragile la natura degli uomini e sì spesse nel mondo le occasioni che invitano al male, che gli uomini si lasciano spesso deviare dal bene. Accadde adunque che messer Guiderello, per la grande generosità e benevolentia dell’animo suo, fussi turpemente ingannato da omini di malaffare, masnadieri al tutto privi di morale e pudicizia, e fussi trascinato nel fango con ignominia grande e scandalo degli onesti. E avvenne che, pensando tra se medesmo lungamente, portatosi infine al cospetto di Messer Bertoldo, a questo sì nobili accenti rivolse : “Io non voglio che voi d’alcuna cosa di me dubitiate nè abbiate paura di ricevere per me alcun danno. Talchè son pronto a rimettere immantinente ogni mio potere e affare nelle mani vostre”.


Udito che l’ebbe, e molto dolutosi del caso, Messer Bertoldo ordinò che venisse appo lui tal Niccolò della Ghedinesca, omo molto di legi esperto, che i più conoscieno come Cacasenno poiché molto dilettavasi nel profferir sentenze e volontierissimo applicavasi a sostener le cause perse. Venuto adunque Messer Bertoldo, in compagnia di Cacasenno qual testimonio, davanti a Messer Bertol[d]aso, costui interrogò: “Or mi di’, figliuol mio, che benedetto sia tu da Dio: ingannasti tu mai persona così come fanno i mercatanti? O hai tu peccato in avarizia, desiderando più che il convenevole, o tenendo quello che tu tener non dovesti? O hai in lussuria con alcuna femina peccato?”.
“Messer no!” rispuose Guiderello che pur piagnea forte, e molte altre cose disse della sua lealtà e della sua purità. Messer Bertoldo e Cacasenno, udendo l’assicurazione del nobile uomo, e niuna dubitatione avendo delle sue parole, con grandissima festa e solennità il recarono in chiesa e, in essa radunato il vulgo, persuadettero uomini e donne che con grandissima reverenza e devozione quello si dovesse ricevere. E narrato che ebbero della sua vita, della sua virginità, de’ suoi digiuni, della sua semplicità e innocenzia e santità meravigliose, mostrarono ser Bertol[d]aso esser santo uomo. E in tanto crebbe la fama della sua santità e devozione a lui, che quasi niuno era, in alcuna avversità fosse, che ad altro santo che a lui si votasse. E lui chiamarono e chiamano San Bertol[d]aso.
 
 
 
Fonti spudoratamente saccheggiate:
G.Boccaccio
N.Machiavelli
F.Guicciardini
B.Castiglione
 
 28. 2.’10                                                      Sara Di Giuseppe


Gentilissima,
Oggi domenica 27 febbraio 2010, alla fine di una settimana i cui incresciosi accadimenti di politica interna mi hanno letteralmente fatto uscire dai gangheri, sono andato in una farmacia di turno a Santomartire del Tronto  per acquistare ‘Cardioaspirin’, un farmaco che assumo per prevenzione tutti i giorni da alcuni anni e a cui accredito la mia salvezza corporea alla luce della  successione, praticamente senza soluzione di continuità, di fatti d’interesse pubblico assolutamente similari agli accadimenti citati.
Mentre attendevo il mio turno, rabido come dicevo, mi ha colpito una forma di pubblicità non usuale in essere nella farmacia; sul bancone, rivolto al pubblico, un piccolo schermo televisivo a circuito chiuso riproponeva continuativamente in messaggio comunicazionale: ‘ Diarrea? Gonfiore al basso ventre? Chiedi al tuo farmacista! ‘
” Come posso servirla? “ mi ha riscosso la voce di quest’ultimo.
“ Ho i sintomi, è tutta la settimana che li ho “  gli ho risposto indicando lo schermo “ cosa consiglia, dottore? “
“ Enterogermina! “ mi ha risposto subito, sicuro, quest’ultimo.
“ Me la dia! “ gli ho ribadito e, acquistato il prodotto, sono uscito dimenticandomi della Cardioaspirin che , ormai, comprerò domani.
 
Se dovessi mancare stanotte, Gentilissima, vorrei si sapesse treamite la Tua inarrivabile penna che ho scelto liberamente, fra le due, la morte per arresto cardiaco a quella per la dissenteria che mi perseguita ormai da quindici anni.

 
Franco De Anna




1 Marzo 2010 alle 0:50 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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