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Il fascino dell’oralità omerica rivive con Luca Violini

di | in: Cultura e Spettacoli, Interviste

Luca Violini

Unifestival presenta 
Il fascino dell’oralità omerica rivive con Luca Violini
 
di Federica Senigagliesi *
 
Nell’ambito di Unifestival, il festival degli studenti dell’Università di Macerata, venerdì (20 maggio) alle ore 21 il cortile di Palazzo Conventati (Macerata) farà da palcoscenico alla lettura teatrale ” L’oralità nella tradizione omerica” proposta dall’attore e doppiatore Luca Violini.
Luca, ci può spiegare cos’è una lettura teatrale?
Semplicemente, si tratta di raccontare a un pubblico una storia, in questo caso una tragedia, così come Omero la raccontava: a voce, accompagnato da qualche strumento musicale, al tramonto. In realtà è qualcosa di più: è un genere di lettura- spettacolo che ha come scopo quello di stuzzicare l’immaginazione e la fantasia insite in ognuno di noi, di ritornare all’essenzialità delle forme e della narrazione.
Possiamo dire che questo genere lo ha inventato lei insieme alla sua compagnia?
Sì, di fatto è così. Il progetto si è concretizzato con la nascita di “Quelli che con la voce…” che è la struttura teatrale nata nel 2001 ( con sede presso il Castello del Cassero a Camerata Picena, ndr) dal mio incontro con Francesco Cardinali. I nostri spettacoli miscelano il teatro e la recitazione insieme con l’oralità, intesa come periodo primordiale e precedente la stesura scritta dei vari miti, leggende e racconti.
Ci presenta la lettura che terrà venerdì?
Sono tre brani, della durata di circa mezzora ognuno, tratti dall’Iliade di Omero che narrano l’ira, la vendetta e la pietà di Achille, l’eroe protagonista del poema.
Di solito proponete letture di classici o anche di opere inedite?
Proponiamo sia classici che testi scritti su misura. Ad esempio abbiamo da poco debuttato con ” Hombres en la Mancha” che è ispirato all’opera di Cervantes ma il testo è stato scritto da Lino Terra.
Che tipo di lavoro e preparazione ci sono dietro uno spettacolo di questo tipo?
C’è un enorme lavoro, perché leggere non è assolutamente facile, a differenza di quello che forse generalmente si pensa. Bisogna saperlo fare, e bene, bisogna capire tutto: parole, punti, virgole. Lasciamelo dire: non tutti lo sanno e possono fare! Molti scrivono e leggono convinti di saperlo fare; è un grosso errore. Ci vuole tanta umiltà per un mestiere come il nostro.”

E invece doppiare un film?
Anche doppiare un film è molto difficile se dall’altra parte c’è un attore molto bravo: doppiare vuol dire affiancare l’attore a cui presterai la tua voce, conformarti ad esso, spesso in una lingua diversa dalla sua. È sempre lui che comanda, non il doppiatore. In un film ci sono già un volto, un fisico, che sono quelli dell’attore e tu devi solo seguirlo, non puoi sovrapporti ma rapportarti. Quando invece reciti, è diverso: puoi e devi fare tuo il personaggio che interpreterai e nella lettura teatrale è così: non hai limiti, sei te che diventi quel personaggio Io però non faccio distinzione tra attore e doppiatore, sono un’unica cosa per me, io mi “sento” un’unica cosa. Anche doppiare una pubblicità, o un cartone, o fare lo speaker radiofonico, per me sono differenziazioni inutili: l’attore deve essere tutto questo e altro ancora. L’impegno nel recitare a teatro deve essere lo stesso di quello messo per doppiare uno spot. In America è così; qui in Italia siamo ancora intrappolati in una mentalità ” di settore”. Se cominciassimo a pensare e a considerare l’attore come imprenditore, allora forse le cose cambierebbero anche qui e non sarebbero così stagnanti”.
Sono stagnanti?
Beh, direi di sì. Il cinema italiano lo è, se raffrontato con le produzioni di altri paesi, America in testa. Ma è una questione di mentalità secondo me, a partire da quella degli attori per primi, fino ad arrivare a quella dei politici. Per molto tempo, quando dicevo che facevo l’attore, la gente poi mi chiedeva ” Ah, bello. Ma che lavoro fai?”. Cioè, non si riconosce ancora la dignità della professione attoriale. È un grosso limite.
Che percorso formativo ha seguito?
Ho fatto il percorso standard, ovvero ho studiato fonetica, dizione e naturalmente recitazione. Ma la mia vera scuola è stato il campo: ho avuto la fortuna di iniziare subito a lavorare a teatro e lì ho imparato il mestiere. La scuola di una volta era questa: sul palco con gli attori. È lì che misuri le tue capacità. Riconosco poi di avere avuto un dono dalla natura, che è la mia voce, anche se l’ho dovuta educare molto perché il dono, da solo, non basta.”
Le tue prime esperienze con la recitazione quali sono state?
Ho cominciato lavorando con il ” Teatro del Canguro” di Ancona, che si occupa di teatro per ragazzi e che ritengo sia un’eccellenza di cui la nostra regione dovrebbe andare fiera. E facevo di tutto lì: se mi avessero chiesto di dormirci la notte per fare il guardiano, lo avrei fatto.
Cosa consiglieresti a chi volesse tentare questa strada?
Di avere passione e determinazione; ma passione prima di tutto. È l’unico vero motore per avviare una buona professione attoriale. La mia fortuna è che ho sempre saputo che volevo fare l’attore. Chiedi ai miei genitori: si ricordano ancora benissimo che alla domanda cosa vuoi fare da grande rispondevo già da piccolino, certissimo, l’attore.
Certo, è un bel vantaggio avere sin da subito le idee chiare!
Non lo nego! Poi comunque le cose si scoprono strada facendo, si imparano sul campo. È necessaria anche una potente dose di resistenza: un attore lo è per tutta la vita, non solo sul palcoscenico. È in questo senso che sono fondamentali la passione e la determinazione. Ai molti giovani che seguono i nostri corsi dico sempre di cambiare mentalità: andate a fare i tecnici, siate umili, partite determinati ma pronti a cominciare dal basso. Arriverete lontano.
 
Per chi volesse ulteriori informazioni sull’attività, gli spettacoli e i corsi tenuti da “Quelli che con la voce…” si può visitare il sito internet www.quellicheconlavoce.eu
 
 
*studentessa di Beni culturali – Unimc




16 Maggio 2011 alle 23:44 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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