Interruzione volontaria di gravidanza, medici obiettori e dintorni: Gaspari scrive ai vertici Asur. Replica Castelli

Interruzione volontaria di gravidanza, medici obiettori e dintorni: Gaspari scrive ai vertici Asur. Replica Castelli

Al Direttore generale ASUR

Dr. Alessandro Marini

 

Al Direttore ASUR – Area vasta n. 5

Dr.ssa Giulietta Capocasa

 

 

 

 

San Benedetto del Tronto – In qualità di presidente dell’Assemblea dei Sindaci dell’Area Vasta n. 5, sento la necessità di richiamare la Vs. attenzione su quanto è stato reso noto attraverso la trasmissione televisiva di Rai Tre “Presa diretta” secondo la quale l’ospedale di Ascoli Piceno farebbe registrare il 100% dei medici che hanno esercitato l’obiezione di coscienza in relazione all’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Al di là delle opinioni personali sull’aborto e tralasciando ogni peraltro doverosa considerazione sui denegati diritti delle donne a decidere del proprio corpo, a mio avviso tale situazione è inaccettabile perché è messo in discussione prima di tutto il principio costituzionale di legalità che, in questo caso, se le notizie diffuse a livello nazionale fossero confermate, sarebbe calpestato proprio in una struttura sanitaria pubblica.

 

La mancata applicazione di una legge dello Stato è fatto assai grave, e lo sarebbe ancor di più se trovasse conferma la notizia che all’ospedale di Ascoli Piceno vengono chiamati medici da Roma per praticare le interruzioni di gravidanza. Chiedo come si concili tale disposizione con la presenza, all’ospedale di San Benedetto, di medici non obiettori, a maggior ragione in una logica di Area vasta.

 

Infine chiedo di sapere se sono alle dipendenze dell’Area vasta n. 5 di codesta ASUR medici ostetrici che, all’atto dell’assunzione, hanno dichiarato di non esercitare il diritto all’obiezione (e anche in tale ruolo sono stati assunti nel quadro di assicurare l’applicazione della legge) e poi, una volta assunti, hanno cambiato opinione. Qualora questa notizia fosse vera, chiedo se questo comportamento sia conforme alle norme e alla deontologia professionale.

 

In attesa di un riscontro, invio distinti saluti

 

 

Giovanni Gaspari

Castelli sull’aborto ad Ascoli

 

Guido Castelli
Guido Castelli

L’Aborto è uno dei temi più complessi, drammatici e conflittuali da trattare. Duole constatare, invece, come molti intervengano sull’interruzione di gravidanza con una superficialità resa tanto più grave dalla delicatezza della materia. Mi riferisco, in particolare, al New York Times che accende i riflettori sulla nostra città descrivendola come una sorta di enclave oscurantista dove l’aborto è precluso a causa della presenza di un numero rilevante di obiettori di coscienza all’interno della classe medica ascolana. Anche il mio collega di San Benedetto, a dire il vero, parlando recentemente di “mancata applicazione di una legge dello Stato” non ha contributo a fare chiarezza sulla vicenda.

L’aborto, dunque. Si calcola che in Italia siano oltre il 70% i medici che nelle strutture pubbliche per motivi di coscienza rifiutano di praticarlo. Se fossi un medico anch’io mi allinerei con questi medici. Per motivi etici, culturali e di coscienza sono contrario all’aborto ma la mia personale posizione non mi esime dal precisare che ad Ascoli le donne che lo vogliono possono effettivamente interrompere la gravidanza all’interno della struttura pubblica. La legge 194 del 1978, insomma, è pienamente applicata anche in Ascoli. E’ vero, infatti, che la stragrande maggioranza dei medici ascolani è contrario all’aborto ma è altrettanto vero che esso viene regolarmente praticato in virtù di un protocollo tra l’AIED (Associazione Italiana Educazione Demografica) e il Servizio Sanitario.

Il privato sociale mette a disposizione delle donne che lo desiderano, strutture e medici che praticano l’aborto e assistono la donne. Insomma ad Ascoli si è implementato un sistema – tra i pochi nelle Marche – per il quale la scelta etica e morale dei medici non osta alla pratica dell’interruzione di gravidanza. Questo è un dato di fatto che non sta a me giudicare. Quel che mi preme, tuttavia, è di non criminalizzare quegli ottimi professionisti che nella struttura pubblica richiamano la clausola del diritto all’obiezione. Il dibattito, sul conflitto fra la tutela dei diritti riproduttivi delle donne e la tutela del diritto all’obiezione di coscienza rischia di essere fuorviante e ideologico. Le cronache del NYT ne sono un’esemplare testimonianza. Per parte mia non posso che auspicare una città in cui il punto nascita sia sempre più affollato e le sale operatorie preposte all’aborto sempre più deserte. Ma ciò accadrà solo quando la cultura della vita e il sostegno alla maternità torneranno finalmente ad occupare un ruolo prioritario nell’agenda dei governi nazionali e della società.

 

Guido Castelli

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