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La sagra del Signore della Nave chiude la Rassegna Perugini

di | in: Primo Piano

La sagra del Signore della Nave

Il CTR mette in scena il testo brutale di Pirandello



MACERATA, 2012-11-27 – Sceglie un testo difficilissimo e dal grande fascino la CTR, Compagnie Teatrali Riunite per chiudere la 44esima edizione del Festival Macerata Teatro, Rassegna Perugini.

Subito dopo la premiazione di domenica pomeriggio infatti, la compagnia maceratese abilmente diretta da Piergiorgio Pietroni, ha messo in scena “La sagra del Signore della Nave” di Luigi Pirandello, una discesa negli inferi di quelle feste di paese dal gusto mediterraneo nelle quali si mescolano e si fondono elementi religiosi e sacri e macabre tradizioni pagane. La prima macellazione dei maiali si celebra in concomitanza con la festa votiva al Signore della nave, colui che, nella sua immensa misericordia, ha concesso la salvezza ai marinai in mare.

Atmosfere di morte e di vita si confondono inspiegabilmente e accanto alla processione dolorosa che si gioca sul piano di litanie di fede e “mea culpa” recitati battendosi il petto, ecco lo squarciare di carni e il sangue sui grembiuli, le urla animalesche di festa, la sagra dell’ipocrisia umana, e viene da dire, molto italiana.

È in questo contesto che si consuma il diverbio tra il Signor Lavaccara, davvero un bravissimo Riccardo Aureli e il colto Professore, un eccellente Paolo Nanni. Il primo sostiene l’intelligenza del suo maiale Nicola, dote questa che avrebbe dovuto riservarlo dall’ingiusta macellazione; il secondo invece gli si oppone asserendo che il maiale è un essere stupido dal momento che mangia e dunque ingrassa per volere e vantaggio d’altri e non per se stesso.

La vicenda si snocciola in un teatro che è luogo totale di messa in scena; esattamente come dal copione di Pirandello, gli attori accedono alla sala teatrale attraverso le porte riservate al pubblico stesso. Invadono la platea e quasi violano il ruolo di semplice spettatore interagendo con giochi di gesti e occhiate. Solo dopo il passaggio per il corridoio che divide la destra dalla sinistra dei posti a sedere, gli attori accedono al palcoscenico. Lo spazio scenico è cioè luogo di approdo e il teatro, territorio di passaggio in cui viene profanato il ruolo semplice di astante.

Degna di nota l’interpretazione di Fulvia Zampa davvero irriconoscibile nella corpulenta Tavernaja, in grado di introdurre lo spettacolo e rendere appieno l’atmosfera febbrile e ferina della sagra.

Interessante inoltre la scelta di affidarsi alla maschera per la costruzione dei personaggi. Costruite dall’Accademia di Belle Arti di Macerata, come d’altronde l’intera scenografia, esse riducono i tratti umani a segni animaleschi: naso in su come quello dei porci, incarnato acceso con gote rosse. Accomunati e connaturati dalla ferinità gli uomini albergano sulla terra credendosi portatori di superiorità e non si rendono conto di custodire una bestialità superiore a quella degli animali.

Sarà infatti la festa, con il suo guazzabuglio di danze e oscenità a far ricredere il Professore e convenire sul fatto che la condizione umana che prima cede alla bestialità e poi si piega davanti alla croce portata in processione è la più grande delle tragedie.

In una oretta scarsa, la compagnia di Pietroni attraversa il testo pirandelliano in grande stile, forse con l’unica piccola pecca di non aver sottolineato a sufficienza la brutalità della bestia, condizione che accomuna gli uomini in quella che Pirandello descrive come una sagra-gomorra, dai colori anche un po’ “Caposseliani”.

Ottima prestazione e applausi sentiti del pubblico.




27 Novembre 2012 alle 19:26 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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