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Rassegna Perugini: pioggia di applausi per La Mandragola di Machiavelli

di | in: Primo Piano

Macerata Teatro

Lauro Rossi traboccante di gente per la messa in scena della compagnia di Foligno

 

di Emanuela Sabbatini


MACERATA, 2012-10-22 – Alzare gli occhi e accorgersi che il teatro Lauro Rossi è pieno sin sul loggione. Guardare con più attenzione e notare che non ci sono solo teste canute ma tanti, tantissimi ragazzi delle scuole. Ricordarsi poi che è domenica pomeriggio. Tre soddisfazioni non da poco quando si parla di arti sceniche. E la quarta, ancora più importante, è capire che il teatro non ha tempo, che piace ed entusiasma, indigna ed apre gli occhi. Specialmente se, come ieri a Macerata, ad andare in scena è “La mandragola” di Machiavelli. Tre minuti fitti di applausi finali con ovazione del pubblico danno forza a quella che non è solo una sensazione. La rassegna Perugini, giunta al 44esimo anno, si è forse assuefatta a tanto successo, ma certo è che la soddisfazione per il teatro fatto bene non è qualcosa destinata a diventare abitudine.

Ieri pomeriggio a interpretare il testo di Machiavelli, una vecchia conoscenza del pubblico maceratese: l’Associazione Culturale di Foligno “Al Castello”, per l’occasione in grande spolvero.

È teatro d’altri tempi, è vero, di quelli che si aspetta, seduti in poltrona, il momento in cui si aprirà il sipario e verrà svelata la storia e i suoi luoghi, a poco a poco, restando in apnea in un’altra dimensione. Di quel teatro fatto di costumi e calzamaglie, e quelli di ieri ideati da Rossana Franceschini erano davvero molto curati. Ma stupisce il fatto che alcuni testi, come questo, addirittura del ‘500, possano descrivere con cotanta dovizia di particolari e astuzia, schemi caratteriali, corruzione delle istituzioni, pecche dell’animo e pochezze dell’uomo, ancora oggi in modo pertinente e significativo.

La storia è quello di un inganno. Consumato un po’ per amore e un po’ per desiderio. Quando il sipario si schiude ci troviamo in una piazzetta della Firenze del 1504, sulla quale centralmente si affaccia la chiesa di Frate Timoteo. A cingerla, e ad essere via d’accesso per altrettanti vicoli, due archi dai quali si dipartono le mura protese in direzione della platea. Stupisce la grande cura prospettica della scenografia, che ben rende lo studio della prospettiva tipico degli anni a cavallo tra ‘400 e ‘500. Ad introdurci alla storia, proprio come nella migliore commedia plautina, il cantore, un davvero eccellente Claudio Pesaresi, attore e regista della messa in scena.

È in questo luogo di incontro e di scontro che il giovane Callimaco, guidato dal piano astuto di Ligurio, il bravissimo Andrea Paris, si finge medico per imbrogliare il vecchio Messer Nicia, della cui moglie, Madonna Lucrezia, il giovane è innamorato. Fingendosi medico, Callimaco conquista la fiducia del nobile signore, infelice per non riuscire ad avere figli con la sua giovane sposa. Una pozione a base di mandragola porrà fine al problema. Infatti quando Lucrezia ne berrà potrà finalmente rimanere incinta, ma l’uomo con la quale passerà la notte sarà destinato a morire. L’inganno è atto a far sì che sia proprio Callimaco a passare la notte con l’amata Lucrezia.

Pesaresi decide di rimanere fedele al testo originale ma muta la divisione in atti. Non sono più quattro ma uno solo, organico, rotto esclusivamente dallo scrosciare degli applausi che di tanto in tanto accompagnano, così come il cantore, lo svolgersi della storia. La scenografia rimane però fissa e il sipario si chiude solo una volta terminata la messa in scena.

Al di là dell’intreccio, ad emergere e far ridere e sorridere, oggi come allora, è per un verso il tema sessuale che permea e sottende l’intera vicenda, per un altro la burla e la creduloneria di Messer Nicia. E poi, l’agrodolce attualità; quella fatta di mal costume delle istituzione. Qui è il frate ad incarnarle, legato al danaro, disposto all’inganno. Machiavelli, ben prima de “Il Principe”, già in questa storia si interroga sui temi della moralità: nel monologo di frate Timoteo volto a convincere Madonna Lucrezia a cedere al misfatto, e nel discorso finale della stessa giovane Lucrezia, disposta ad ingannare il marito pur di tenere l’amante, si evince questa trasmigrazione del concetto di etica. D’altronde si sa, Machiavelli è colui che si interessa più alla verità effettuale della cosa, che all’immaginazione di essa e dunque non teme alcunché, denuncia e lo fa con voce forte, capace di trapassare più di mezzo secolo di storia.




22 Ottobre 2012 alle 20:24 | Scrivi all'autore | stampa stampa | |

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