Un viaggio nel passato: il Dna ambientale ci aiuta a ricostruire la tormentata storia della Baia di Bagnoli

Un viaggio nel passato: il Dna ambientale ci aiuta a ricostruire la tormentata storia della Baia di Bagnoli
  • C’è anche l’Università di Urbino tra i gruppi di ricerca. Lo studio pubblicato su “Environment International” –

 

Ricostruire il ‘DNA ambientale’ dell’ex zona industriale di Napoli ‘Baia di Bagnoli-Coroglio’ a partire dal 1830, per comprendere quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento dell’ambiente. È uno dei principali risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Environment International, frutto di una collaborazione fra diversi gruppi di ricerca italiani e stranieri (Stazione Zoologica Anton Dohrn, ENEA, Università di Ginevra, Università del Salento, Università di Urbino, Università Politecnica delle Marche, Università di Friburgo, Accademia delle Scienze della Polonia).

I ricercatori hanno prelevato una carota di sedimento nella Baia di Bagnoli-Coroglio, ex-area industriale del comune partenopeo che si estende su una superficie di circa 249 ettari a terra e 1.453 ettari a mare, hanno datato i vari strati, hanno determinato la concentrazione di sostanze inquinanti ed hanno studiato le tracce di DNA degli organismi marini. Queste molecole, infatti, sopravvivono per centinaia di anni ‘intrappolate’ nei sedimenti che si accumulano sul fondo del mare anno dopo anno. Il DNA estratto dall’ambiente – nel nostro caso dai sedimenti – è chiamato DNA ambientale e rappresenta una sorta di ‘codice a barre’, diverso da specie a specie, che ne permette l’identificazione.

È stato possibile quindi ottenere un elenco di organismi marini presenti nel sedimento a partire dagli strati più antichi/profondi della carota (1830) fino al presente. Nella prima metà del 1800, nella Baia di Bagnoli-Coroglio si affacciavano terreni agricoli, mentre sui fondali prosperava Posidonia oceanica e una gran diversità di organismi. Il graduale peggioramento della qualità ambientale a partire dalla prima decade del 1900, quando si insediarono le prime industrie, fino al periodo di massima espansione negli anni 1950-1980 con l’acciaieria Ilva/Italsider, è stato accompagnato da notevoli cambiamenti della comunità biologica. La scomparsa della Posidonia è repentina; cambia drasticamente sia la composizione degli organismi unicellulari che vivono nell’acqua sia di quelli che vivono nel sedimento; diminuisce la loro diversità ed aumentano le specie probabilmente in grado di resistere a concentrazioni elevate di idrocarburi e metalli pesanti.

Il mare ospita una grande diversità di organismi, dai batteri al plancton microscopico sospeso nell’acqua, dalle alghe e piante marine attaccate al substrato alla miriade di organismi, piccoli e grandi, che vivono sui fondali. Le attività dell’uomo stanno però minacciando l’equilibrio degli ambienti marini, in particolar modo quello delle densamente popolate aree marine costiere, spesso sede di attività industriali. Lo sversamento a mare di inquinanti di vario tipo danneggia gravemente gli organismi marini riducendo la loro diversità: solo alcune specie, infatti, riescono a sopravvivere in acque o sedimenti inquinati. Ora, grazie a questo studio internazionale, siamo in grado di vedere non solo la situazione attuale ma anche di capire come era l’ambiente nel passato e quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento ambientale

Questo studio fa parte del progetto ABBaCo (https://www.szn.it/index.php/it/ricerca/ecologia-marina-integrata/progetti-di-ricerca-emi/abbaco) finanziato dal MIUR e coordinato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn, finalizzato allo studio della Baia di Bagnoli-Coroglio a ovest della città di Napoli.

A journey into the past: environmental DNA helps us to reconstruct the history of the heavily polluted Bay of Bagnoli

The sea hosts a great diversity of organisms, from bacteria to microscopic plankton floating in the water, from algae and marine plants attached to the substrate, to the myriad of small and large organisms that live on the seabed. Human activities are severely threatening the marine environment, especially the densely populated coastal marine areas that often host important industrial activities. The spillage of various types of pollutants into the sea damages marine organisms and reduces their diversity: in fact, only some species are able to survive in polluted waters or sediments.

But we can only see the present situation: how can we understand the past environmental conditions and how quickly marine organisms’ communities have changed in response to environmental deterioration?

This is revealed by a study recently published in the journal Environment International, which is the result of a collaboration between various Italian and foreign research groups (Stazione Zoologica Anton Dohrn, ENEA, University of Geneva, Salento University, University of Urbino, Polytechnic University of Marche, University of Fribourg, Polish Academy of Sciences). Researchers collected a sediment core in the Bagnoli-Coroglio Bay, dated the various layers, determined the concentration of pollutants and studied the DNA traces of marine organisms. DNA can survive for hundreds of years ‘trapped’ in the sediments that accumulate on the seabed year after year. The DNA extracted from the environment – in our case from the sediments – is called environmental DNA and represents a sort of ‘barcode’, different from species to species, and thus allows their identification.

It has been thus possible to obtain a list of marine organisms starting from the oldest/deepest layers of the core (1830) up to the present. In the first half of the 19th century, there land around the bay was cultivated, the seagrass Posidonia was abundant in the sea and a great diversity of organisms thrived in the bay. The gradual deterioration of environmental quality, starting from the first decade of the 1900s when the first industries were built, up to the period of maximum expansion of the steelfactory Ilva Italsider in the years 1950-1980, were accompanied by significant changes in the biological community. The Posidonia disappeared and both the composition of the unicellular organisms living in the water and those in the sediment changed, their diversity decreased, while increased the relative abundance of species probably capable to resisting high concentrations of hydrocarbons and heavy metals.

This study is part of the ABBaCo project (https://www.szn.it/index.php/en/research/integrative-marine-ecology/research-projects-emi/abbaco) funded by MIUR and coordinated by the Stazione Zoologica Anton Dohrn, aimed at studying the Bagnoli-Coroglio Bay north of the city of Naples.

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