SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “La violenza: alla ricerca del carnefice” è il titolo dell’innovativo convegno, che si è tenuto sabato 23 novembre all’Auditorium Tebaldini del Comune di S. Benedetto del Tronto, promosso dall’Amministrazione Piunti, nello specifico dall’assessore alle Pari Opportunità dott.ssa Antonella Baiocchi.
Nel convegno è stata ribadita una innovativa angolazione della Violenza nella Relazione portata avanti dall’Assessore sin dal suo insediamento, che sposta l’attenzione dal binomio “Uomo Carnefice – Donna Vittima” allargando la prospettiva ed includendo nella riflessione tutte le altre vittime dell’ambiente domestico.
“L’intento dell’iniziativa è quella di dar voce a tutte le vittime e superare le falle dell’attuale cultura della violenza per potenziare le politiche di prevenzione e contrasto”, ha spiegato il moderatore del convegno, dott. Vincenzo Luciani, direttore delle cure tutelari dell’ASUR, il quale, entusiasta dell’iniziativa, l’ha descritta come un’occasione formativa senza precedenti in cui si sono voluti coraggiosamente contrastare i luoghi comuni fallaci della cultura dominante in merito alla violenza.
Il convegno è stato aperto dal Sindaco Pasqualino Piunti il quale, soddisfatto, dopo essersi complimentato con l’Assessore Baiocchi, con tutti i presenti e con il folto pubblico presente ha annunciato di aver sancito con l’ANCI (Associazione Nazionale Sindaci d’Italia) un patto di intesa sulla Violenza di Genere che porterà alla nostra città e al già prezioso lavoro effettuato nell’ambito delle pari opportunità, ulteriore lustro e visibilità.
Dopo il Sindaco, ha portato un caloroso saluto il dott. Cesare Milani, direttore dell’area Vasta 5, che tra le varie riflessioni ha affermato di essere stato positivamente colpito dall’angolazione innovativa del convegno il quale, dando voce anche alle vittime che non hanno rilevanza statistica né godono della luce dei riflettori offrono nuovi e preziosi spunti di riflessione.
Poi è stata la volta del saluto della rappresentante Pari Opportunità dell’ordine dei giornalisti dott.ssa Paola Cimarelli e della Consigliera Brunilde Crescenzi, in rappresentanza della Cabina di Regia Antiviolenza Comunale (istituita dall’assessore nel maggio 2017).
Grande interesse poi per le puntuali relazioni: ogni relatore ha dato voce ad una diversa tipologia di vittima.
Cristina Perozzi, Avvocato Internazionale Antiviolenza,con la relazione “I cosiddetti Femminicidi e altri reati di violenza: la tutela delle vittime”, ha parlato della violenza subita dalla Donna e dai Minori in ambiente domestico “la violenza contro le donne è un fenomeno trasversale che lede l’intero assetto sociale” ha affermato la Perozzi ”Si usa violenza soprattutto in famiglia e le vittime non sono solo le donne, bensì i figli spesso minori che crescono destabilizzati con l’eredità di un disagio connesso al trauma.
La violenza contro le donne ed il femminicidio in particolare sono fenomeni sociali emergenziali che pretendono oggi più che mai un intervento istituzionale preciso ed efficace. Stiamo parlando di condotte che impongono una rieducazione ai valori fondanti della nostra società che altrimenti viene minata nella sua forma di base : la famiglia”.
Il dott. Mario Sfrappini, geriatra e direttore Uoc Geriatria Asur Marche, ha dato voce alla violenza subita dagli anziani. Ha spiegato come la vita media si sia allungata di circa 20 anni: nella nostra provincia ci sono circa 3700 ultrà novantenni e più di 60 ultracentenari. Ma la gran parte delle persone di persone non sa sfruttare questa opportunità ed imperversa una immagine dell’anziano negata, e spesso oltraggiata: “In mancanza di programmi educativi che ci preparino ad affrontare questa fase della vita che ci è stata donata le risposte avversive prevarranno su quelle inclusive ed i vecchi sono e saranno sempre più oggetto di varie forme di abuso e violenze, al di fuori dei riflettori, dentro e fuori le mura domestiche, per mano di Carnefici di ambo i sessi: violenze fisiche, sessuali, psicologiche, emotive, finanziarie e materiali, perdita del rispetto e negazione della dignità e omissione di atti appropriati di accudimento”.
Giunte da Milano, le dottoresse Patrizia Montalenti, sociologa, fondatrice dell’Associazione Ankyra (Centro Antiviolenza per tutte le vittime indipendentemente dal genere di appartenenza) e Veronica Coppola, Avvocato dell’Associazione, hanno dato voce alla violenza subita dagli uomini con la relazione “La violenza sugli uomini: una realtà ancora negata”. Hanno portato i drammatici dati della loro esperienza unica in Italia, e la descrizione di molti casi concreti con l’obiettivo di far riflettere in merito al fatto che “Le relazioni violente coinvolgono donne, uomini, bambini e anziani” e sulla necessità di “mettere al centro la Persona accogliendo e supportando le vittime a prescindere dal genere di appartenenza”.
Poi è stata la volta dei giornalisti.
la dott.ssa Stefania Mezzina, Giornalista Resto del Carlino ha portato una relazione dal titolo “In Evidenza dalla Cronaca: la violenza non ha sesso”. Attraverso una puntuale carrellata di fatti di cronaca degli ultimi 20 anni, ha messo in evidenza come, al di là della eclatanza mediatica i drammi familiari e relazionali coinvolgano vittime e carnefici sia maschili che femminili: “se allarghiamo la visuale su tutte le tipologie di vittime, ci accorgiamo che la violenza, come afferma la Baiocchi, “non ha sesso”: per cui è necessaria una riflessione più puntuale in merito alle dinamiche alla base della violenza”.
Il dott. Roberto Rotili, Redattore Corriere Adriatico, con la brillante relazione “Violenza Relazionale e giornalismo etico” si è addentrato nel complicato ambito dell’etica puntando l’attenzione sul dovere primario di ogni giornalista (non sempre facile) di riportare le notizie in una maniera “etica” e capace di promuovere consapevolezza e contrastando la violenza e la cultura sessista. il dott. Rotili, ha lanciato ai giovani presenti l’invito ad andare a leggere il testo unico dei doveri del giornalista: varato nel 2016, esso raccoglie tutti i documenti deontologici ideati negli anni precedenti, compresa la Carta di Treviso,che riguarda i minori: un testo che veicola valori e muove le coscienze.
Infine è stato il turno dell’Assessore Antonella Baiocchi, la quale, ha tirato le fila di quanto emerso dalle relazioni, con un appassionato intervento che è stato interrotto da un fragoroso e spontaneo applauso dei giovani presenti che si sono mostrati entusiasti delle sue riflessioni: “Se allarghiamo la panoramica e includiamo le altre tipologie di vittime appare chiaro che qualcosa non torna. Per comprendere la matrice alla base della violenza nella relazione, è necessario alzare gli occhi ed andare oltre una certa ideologia che vede la violenza “unidirezionale”, cioè esercita sempre e solo dall’uomo nei confronti della donna: questo è assolutamente vero per quanto riguarda le vittime di femminicidio, il cui contrasto è uno dei maggiori obiettivi mio personale che di tutta la nostra amministrazione Comunale, ma come hanno dimostrato i relatori che mi hanno preceduto, non è un concetto generalizzabile a tutte le violenze che si consumano nell’ambiente domestico ed affettivo. Crediamo sia necessario andare oltre per comprendere una dinamica sottostante che induce ad agire violenza su diverse tipologie di vittime indipendentemente dal sesso, dall’età, dal ceto sociale, dalla razza, dall’orientamento sessuale.”
Per la Baiocchi, il vero Killer da combattere è quello che lei chiama “Analfabetismo Psicologico”, ovvero “la non sufficiente conoscenza della psiche” che ancora oggi affligge l’umanità. Ella considera il sesso, la razza, il ceto sociale, l’età, aspetti importanti ma “di superficie” e punta il dito su qualcosa di più profondo: una cultura “Analfabeta”, che causa la deleteria “Gestione Dicotomica delle Divergenze” (processare le informazioni in senso assolutistico “vero-falso, giusto-sbagliato, bianco-nero) che induce chiunque indipendentemente dal sesso, a gestire ogni diversità dal modello ritenuto “giusto”, con modalità che impedendo di schiodarsi da ciò che è considerato “verità assoluta”, impediscono il Reciproco Rispetto. Con questo sistema l’unica soluzione possibile per risolvere la divergenza diventa necessariamente la prevaricazione: l’interlocutore in posizione di “forza” (fisica, psicologica, economica, di ruolo, legale) necessariamente sarà portato ad “esistere” sottomettendo l’interlocutore in posizione di “debolezza”.
La Tossicità della Gestione Dicotomica delle Divergenze (il cui utilizzo in determinati casi, potrebbe anche essere accettabile) è dovuta dal fatto che la si utilizza non eccezionalmente (per le divergenze, per così dire, ‘di vita o di morte’), ma di regola , per gestire ogni minimo quotidiano contrasto: in questo modo, giorno dopo giorno, la quotidianità domestica e in particolare, la Relazione Affettiva, si trasformano, in un’arena conflittuale in cui hanno spazio solo gli interlocutori Forti a discapito dei Deboli: una bomba ad orologeria destinata a scoppiare fino al culmine della morte.
Secondo l’Assessore, è in questo ambito che va ricercata la matrice alla base dei conflitti nelle relazioni affettive, familiari e di coppia dove le violenze si reiterano nei confronti del soggetto che viene a trovarsi in posizione di “debolezza” (posizione che per secoli è stata designata al genere femminile oltre, naturalmente, alle persone affette da disabilità fisica e psichica).
L’assessore ha anche aggiunto che “Affermare tutto questo non deve essere interpretato nel modo più assoluto come un disconoscimento del femminicidio e della Violenza di Genere che sono dei ‘dati di fatto’ ed il cui contrasto ripeto, ci vede in prima linea da decenni, ma deve essere inteso come uno sforzo di “andare oltre”, al fine di dar voce a tutte le tipologie di vittime dell’ambiente domestico (crediamo fermamente che ogni vittima debba essere tutelata con modalità personalizzate alla propria peculiarità, così come già si fa con la violenza di genere) e aprire l’opinione pubblica a questa ovvietà: credo fermamente che fino a che non ci si apre a questa angolazione, ogni iniziativa di contrasto e prevenzione della violenza (compresa quella sulle donne) perde di incisività e rilevanza perché è come costruire un palazzo su fondamenta di argilla.“
E’ innegabile che da San Benedetto del Tronto è ormai partita una rivoluzione concettuale
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