Monologo di nu Cocciamatte

Monologo di nu Cocciamatte

a cura di e con Vincenzo Di Bonaventura

Grottammare – Ultimo e grande appuntamento promosso dall’Associazione Blow Up nel cartellone dell’Estate Grottammarese: uno straordinario spettacolo di Vincenzo Di Bonaventura del gruppo “Aoidos” il progetto teatrale guidato dalllo stesso maestro Di Bonaventura. Venerdì 27 agosto alle ore 18.30 nella cornice del Parco Sisto V al Paese alto di Grottammare, Di Bonaventura proporrà una performance liberamente ispirata al testo di Remo Rapino “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” (Premio Campiello 2020), intitolata “MONOLOGO DI NU COCCIAMATTE”.

Lu Cocciamatte è il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare lungo le strade di un paese che non viene mai nominato. Eppure nella sua strana voce il Novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi. Dal 1926, anno in cui viene al mondo, ai nostri giorni, in cui si appresta ad uscire di scena, Lu Cocciamatte celebrerà una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio; il tutto raccontato con una lingua imprevedibile, a metà tra tradizione e funambolismo.

Come dichiara Vincenzo Di Bonaventura, si tratta di un “romanzo di vera matrice ultratestimoniale sul Novecento raccontato da occhi lucidi e ingenui di chi deve averlo perforato in tutte o quasi tutte le sue accidentalità cronistoriche. Dalla nascita, il 26, allo scoppio del secondo conflitto mondiale, alla nuova repubblica, al nuovo lavoro industriale, al manicomio, alle fantasmagorie multiformi degli anni di piombo, fino al ritorno e alla conclusione aperta del secolo divorato da se stesso. Un itinerario tracciato dai tempi e dalla Storia,  raccontato in un  “trobadorico” tardo esiziale, dialetto  di lingua tramandata, di terra e di mare, dai padri stanziali e dalle culture nomadi. La lingua e’ un accessorio  in questa riduzione audacemente ritinta di onomatopee scenico cantoriche, di pura ricerca istintiva concettuale dell’interprete, che desidera ardentemente rivocabolizzare i contenuti scenici sempre passando verso un teatro strappato dal popolo. Dalle giullarate  di Dario Fo, al tragico di D’Annunzio, al vernacolo dei prosatori , ai canti popolari, alle ballate tragiche dei cantori pastorali. Un tentativo di recupero della calata abruzzese con fortissime spinte di sonorità sghembe del parlato contradaiolo dei mercati e dei campi. La scrittura di Rapino concede suggerimenti in tal senso, ma un volere nostalgico e fuggevole, ambisce ritrovare la fornitura coadiuvante dei sintagmi di origine sonora, per una carica di suggestione tale da rivisitare la ricchezza povera dei significati. Un esperimento sincero e provocatore, ma nulla di nuovo se non il tentativo di recuperare la primigenia e infante difficoltà espressionale della lingua dialettale dei primi del secolo. Uno spettacolo che trattiene la realtà sulla magnificenza di chi non ha parole bastevoli a farlo. Il romanzo e’ un capolavoro. Temerario. Geniale. Decontestualizzato dalla scrittura madre e ritrovato nell’immediato metafisico del suggestionale rumoroso.”

Ingresso gratuito con green pass e mascherina. E’ vivamente consigliata la prenotazione on line!

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