Teorema @ Palazzina Azzurra: intervista a Vito Sforza

Teorema @ Palazzina Azzurra: intervista a Vito Sforza
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Vito Sforza
Vito Sforza

Pensieri fotografici sulla postmodernità: in una serie di scatti le riflessioni sulle incertezze dell’epoca contemporanea

 

San Benedetto del Tronto, 2016-11-04 – Le opere proposte da Vito Sforza affrontano tematiche attualissime e approfondiscono in particolare i temi relativi a: Persone & Persone; Femminicidio; Suggestioni emotive.
In una “società dell’immagine” come la nostra, l’autore utilizza proprio una serie di immagini eterogenee, frutto di scatti istantanei e catturate in contesti diversi spesso improbabili, per invitare il fruitore alla riflessione sui sentimenti di incertezza, d’impotenza e di solitudine che sono alla base dei contrasti, delle violenze e dei soprusi della nostra epoca.

 

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Quali sono le più importanti incertezze della nostra epoca?

L’epoca attuale si caratterizza per la perdita di orizzonti di senso del passato che rappresentavano per tutti, soprattutto per i giovani dei punti di riferimento piuttosto stabili: la famiglia, il lavoro, l’appartenenza politica, e così via. I processi trasformativi legati alla globalizzazione hanno contribuito al formarsi di nuovi assetti economici e culturali che hanno messo in crisi, oltre alla sensibilità ideologica, l’opportunità di un lavoro stabile in grado di offrire garanzie e prospettive future e, quindi, anche la possibilità di costruire una forte identità individuale e collettiva. Il progresso tecnologico, inoltre, se da un lato ha indubbiamente migliorato gli standard di vita, dall’altro ha condizionato le abitudini quotidiane e la nostra stessa sfera emotiva, modificando la vita sociale e relegando il mondo sensibile dell’Io all’interno di un’iconografia di solitudine estrema.

 
Da dove arriva il pessimismo di fondo che le tue immagini emanano?
Non sono una persona pessimista, né le mie foto intendono trasmettere una visione pessimistica della vita e del mondo. Le immagini che propongo sono semplicemente lì a rappresentare alcuni tratti dell’epoca che stiamo vivendo. Attribuisco loro la funzione di “media comunicativo”, per sottolineare la progressiva alterazione del rapporto tra individuo e gruppo sociale. Ipotizzo che la violenza a cui assistiamo è strettamente connessa alla solitudine esistenziale presente nell’uomo contemporaneo che, a sua volta, deriva dall’eccessiva dipendenza dalle nuove tecnologie e dai mass media di cui ormai siamo sempre meno consapevoli.

 
C’è anche un messaggio positivo che proviene dalle tue immagini?
Sì, in effetti nella sezione della mostra intitolata “Suggestioni emotive”, l’intento dei miei scatti è proprio quello di invitare il fruitore ad immergersi nei propri ricordi e, attraverso le immagini patrimonio della memoria individuale e collettiva, a recuperare quei valori fondamentali che sono imprescindibili per la sopravvivenza sia del singolo che del gruppo sociale.

 
Come mai il titolo “Teorema”?
Il titolo della mostra vuole essere un omaggio a Pier Paolo Pasolini, una citazione proprio perché il mio lavoro, così come il suo film, vuole essere provocatorio e dirompente, anche nel senso di non voler offrire delle semplici immagini, ma nel mostrare dei contenuti… In particolare, il mio intento è quello di sviluppare nel fruitore sia una consapevolezza della situazione con la quale ci troviamo a convivere, sia la necessità di assumerci tutti, con grande responsabilità, il compito di tramandare ai nostri figli una società migliore.

 

Come si esce da questo liquefatto modo di essere?
Non possiedo soluzioni, ma il contributo che mi sento di dare in questo senso è proprio quello di attingere alle nostre risorse più autentiche, per cercare di recuperare e di riproporre anche in modo innovativo aspetti e valori fondamentali dell’esistenza umana come la solidarietà, la collaborazione e la compassione. Ovvero, qualcosa che non può andare perso, pena la fine non di un solo individuo, di uno stato o di un popolo, ma dell’umanità intera.

 
In che modo la fotografia si mescola con la tua attività di architetto?
Se non avessi esercitato la professione di architetto probabilmente non sarei riuscito a realizzare un lavoro di questo tipo. Esso, infatti, implica un percorso progettuale: le immagini sono state selezionate in funzione del messaggio che potevano trasmettere, le dimensioni delle foto e i materiali utilizzati per stamparle sono stati scelti al fine di ottenere un forte impatto nel fruitore; anche l’organizzazione generale delle opere ha un suo significato e la sequenza argomentativa segue un filo conduttore ben preciso.

 
Sei soddisfatto del lavoro realizzato?
L’impegno per realizzare l’intero progetto e per allestire la mostra a San Benedetto è stato notevole, ma sono estremamente soddisfatto dei risultati ottenuti, sia per quanto riguarda l’insieme del lavoro, sia per l’impatto che esso ha avuto sulla collettività.

 

Vito Sforza
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